Mangiavo la mia mela, a grandi morsi. E guardavo in essa la polpa incisa dai denti, fino alle gengive.
Lui entrò. Fumava una sigaretta. Osservai la peluria della sua barba. Lui abbassò gli occhi verso di me. Smisi di mangiare la mia mela. La mano rimase sospesa. A mezz’aria.
‘Vuoi fumare ancora’, gli chiesi.
Non avevo sigarette. Lui non rispose, ma si avvicinò al mio tavolo. Si sedette. Gli occhi erano bassi, scrutavano il piano del tavolo. Poi, prese un’altra sigaretta.
Gli domandai se fosse stanco. Lui sollevò appena lo sguardo. Quel tanto che serviva a rispondermi che era così. Era stanco.
‘Cristo continua a morire’, dissi.
Fu allora che lui alzò gli occhi. Galleggiavano in un liquido fermo e trasparente. Come la morte.
Accesi il mio torsolo di mela. Che arse, vicino alla sua sigaretta.
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