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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

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Pinter contro Proust

Argomento: Cinema

Articolo di C. M. Franzero 

Proposta di Redazione LaRecherche.it

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Pubblicato il 18/12/2007

Dal quotidiano Il Tempo, Martedì 23 maggio 1978

Diventerà un film il capolavoro dello scrittore francese?

Londra, maggio

Tutti avevano detto che non sarebbe possibile condensare Proust in un film: ed ecco che Harold Pinter ci presenta un suo « soggetto» per La Recherche du Temps Perdu, tutto pronto in un bel libro. The Proust ScreenPlay, Editore Eyre Methuen, Londra. Ma dal « soggetto» pronto in un bel volume alla produzione del film. c’è di mezzo un vasto mare, ed è che Joseph Losey. che nel frontespizio del volume viene annunziato come il regista del film, trovi un finanziatore, cosa che - per il momento - è ancora sulle ginocchia degli Dei.
Resta tuttavia il miracolo di Harold Pinter a condensare in 166 pagine chiare e ben spaziate le 1.048 dense pagine del romanzo di Proust nell’edizione della Pléiade.
Trasformare un così monumentale capolavoro in un « soggetto» cinematografico richiede, innanzitutto, un procedimento critico: di saper cogliere in quel vasto campo l’essenza drammatica dell’opera, e nella vasta, e sovente sgusciante materia della Recherche la difficoltà costante - e forse insormontabile - è che Proust aveva ravvolto tutto il mondo dei suoi ricordi in una specie di glutinosa formaldeide verbale, dentro la quale è lo stile letterario medesimo che diventa il dramma. Il narratore, cioè, e la sua narrazione sono due elementi indissolubili, e il narratore Marcel fa quasi nulla di quel che si potrebbe chiamare azione, e bisognerebbe quindi sostituire l’occhio dell’obiettivo fotografico alla sua voce, e non è possibile che l’obiettivo fotografico possa sostituirsi in modo assoluto al discorso in una azione senza parole.
Nel « copione» oggi stampato, ciò che Harold Pinter si sforza di fare è di aspergere - ma solamente aspergere - il suo sintetico testo con il senso della narrazione contenuta in quelle 1.048 pagine della Recherche. E si tenga presente che Proust medesimo. fu assai critico di quella che egli chiamò “Una semplice visione cinematografica”, e la sua doglianza fu che nella vita reale noi non vediamo affatto le cose nel modo che il cinematografo ce le mostra: il cinema, cioè, -disse Proust ’- è ingannevole perché è troppo semplice.
In altre parole, le cose che noi vediamo rimangono sovente per .noi il ricordo dei momenti preziosi della nostra storia personale: e senza la nostalgia delle parole il mondo sarebbe stato per Proust vuoto e deserto, e se nel suo immenso romanzo esiste un tema essenziale è appunto l’ispirazione che noi possiamo trarre da questo più pieno e più fruttuoso modo di vedere, che contraddice il tempo riportandoci al passato quando noi contempliamo il presente che ci circonda.
Harold Pinter ci ha ora presentato un « copione» da leggere come un libro, perché per il momento mancano i soldi per tradurre questo suo «soggetto » in film.
Nonpertanto, Pinter ci pre senta un «soggetto,» che può essere letto non soltanto dai«proustiani» ma anche da tutti gli entusiasti dell’arte del cinema, interessati a vedere come una materia «intrattabile» possa essere accortamente trattata.
Come tutti sappiamo il romanzo di Proust consiste - in senso lato - in un’analisi di come si possa essere infelici in amore, e questa sensazione amorosa viene contemplata minuziosamente attraverso gli occhi di un uomo di mondo amante dell’arte e delle donne, Charles Swann, o attraverso gli occhi del narratore medesimo Marcel. Un uomo innamorato non è un soggetto facile da fotografare per molte ore; ma, fortunatamente per Pinter, vi sono nel romanzo innumerevoli altri spunti, di guisa che v’è quasi un imbarazzo nella scelta.
In una breve introduzione, Harold Pinter dice: « Noi abbiamo deciso che l’architettura del film sia basata su due princìpi principali opposti, l’uno di movimento sostanzialmente narrativo, verso la disillusione, e un altro, più intermittente, verso un momento in cui il tema che era stato perduto viene ritrovato e fissato per sempre nell’arte». E questo è forse il miglior sommario del «soggetto» costruito da Harold Pinter.
E Pinter comincia con una serie di episodi sconnessi, che l’obiettivo dovrà registrare senza voci, e che metteranno - più o meno - davanti allo spettatore quello che egli troverà poi nel film più innanzi: vediamo così la visita di Swann ai genitori di Marcel, quasi immediatamente congiunta al tema del lesbismo, che avrà poi una parte ossessionante nella storia di Swann. Ma via via si sente che gli episodi amorosi dello stesso narratore Marcel - con Gilberte e Andrée ed Albertine - appariranno alquanto confusi sullo schermo, pur essendo tuttavia enigmatici anche nel romanzo.
Il «copione» di Harold Pinter comincia in un modo idealistico, con una sequenza di rapide e miscellanee immagini, quali il giallo di un quadro di Vermeer, o una fila di alberi veduti dal finestrino di un treno in corsa, o il mare guardato da un’alta finestra, o un palazzo di Venezia, o la sala da pranzo dell’albergo di Balbec: tutte impressioni notevoli, profondamente emotive, e il cui valore nella narrazione che seguirà non possono essere comprese fino a quando la narrazione sia finita.
E’ insomma un film o per il momento - il «soggetto» per un film che ci dà una cosa da guardare e un’altra da ascoltare: e questo - si può dire - è un trattamento che rientra nello spirito di Proust,per il quale questi congiungimenti privati erano la più alta forma dell’esperienza umana.
Ma seguendo questi due princìpi principali e contrastanti, di cui uno, di movimento precipuamente narrativo, ci porta verso la disillusione, e l’altro, più intermittente, verso la rivelazione, fino a dove il tempo che era stato perduto viene trovato e fissato nell’arte, troviamo che la disillusione ci appare più vivamente della rivelazione: e Pinter introduce questa disillusione subito, cioè all’inizio del film, portandoci davanti gli invitati di un ricevimento del dopoguerra dai Guermantes, quel ricevimento che è invece la scena finale e decisiva del romanzo, come una sfilata delle grandi famiglie del quartiere di St. Germain in una grottesca decrepitudine. Il «soggetto» creato da Pinter insiste su questo processo di una realtà corrotta, nella quale i personaggi del passato ci appaiono ora meramente dei pervertiti; e il contagio del lesbismo e dell’omosessualità che nel romanzo di Proust domina la seconda metà della sua lunga opera, nel film di Pinter domina tutta la narrazione.
Per i «proustiani» questo copione è di certo un’esperienza «proustiana», perché ci rimette davanti.il romanzo, e fors’anche una parte più profonda del romanzo di quanto il film avrebbe il tempo di mostrare. Per spettatori che non conoscono il romanzo, è difficile dire. I competenti di cinematografo hanno già detto che a giudicare dal «soggetto» che Pinter ha pubblicato, il suo film sarebbe certamente costosissimo. Ed è difficile ’prevedere se Pinter e il suo regista Joe Losey riusciranno a realizzare quel Proust che Visconti, Duvivier e Ophuls avevano anch’essi contemplato, ma poi abbandonato come un’impresa irrealizzabile.

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