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Pane e Cioccolata

di Glauco Ballantini
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Pubblicato il 25/02/2016 10:02:29

Due storie di emigrazione

 

 

Sally, Sestilio ed Ermellina

 

Ermellina uscì chiudendo dietro a se la porta della sua casa e del suo paese. Sua madre non si era alzata a preparargli il solito caffè d’orzo; gli dispiacque, ma non poteva avere remore e non si permise un’inutile “nostalgia da ricchi”.

 

L’incontro con Sally era stato la scoperta di se stessa che non poteva più tacere ed anche la sua unica possibilità di un’uscita dall’atavica miseria verso l’America. Non ne poteva più del fatalismo montanaro che aleggiava da sempre nella sua famiglia e del suo destino segnato da sposa di Sestilio.

In poco tempo era cambiato il volto di ogni cosa, si apprestava alla scoperta del “mondo nuovo” e a una nuova vita con Sally.

Sua madre non poteva fermarla ma neanche comprenderla né seguirla. Era troppo legata ai ricordi di una vita passata tra quei castagni con suo padre scomparso pochi anni prima; un uomo che aveva visto altra gente soltanto da dietro il mirino di un fucile.

 

Tornò al paese, a giovinezza ormai finita solo molti anni dopo, per ricomprare la casa e la terra sull’Appennino finita all’asta.

Alla morte della madre partecipò al funerale tutto quel poco del suo mondo che era rimasto.

 

Don Sestilio ebbe parole toccanti.

 

 

Il Batavo

 

Attraversava la piazza: non mi sembrava cambiato.

 

Magro come lo avevo conosciuto quando da ragazzetto frequentava l’istituto per geometri. La chitarra era la sua altra passione, perlomeno sembrava così nei primissimi anni novanta.

Dopo il diploma si era buttato sull’informatica ed era diventato bravo, tanto da lavorare come professionista prima in Italia, per un ministero, poi fuori per grandi multinazionali.

Ora era in ferie a casa, ma sarebbe dovuto tornare in Irlanda per il suo lavoro. Prodotto felice della Generazione Erasmus.

 

Poche parole scambiate però mi hanno fatto capire quanto poco invidiabile considerasse lui, la sua vita che sembrava piana, ma aveva scoperto quanto giocasse d’azzardo.

“Mi accorgo, mi ha detto, quanto di volta in volta mi allontani sempre più da casa e per sempre più tempo. “La trama è sempre più spessa e difficile da passare; a questo punto sarebbe meglio non tornare più per poi non dover nuovamente andarsene.”

 La vita lo aveva birillato come bocce da biliardo. I birilli le stava abbattendo con la sua boccia.

“Perché non torni qua, un lavoro lo troveresti con le tue specializzazioni e la tua esperienza”– gli ho detto.

“Dovrei accontentarmi di molto meno, di un lavoro che non sarebbe allo stesso livello; anche dal punto di vista economico, là guadagno il triplo”.

Pagava anche il suo conto, il triplo, anche se non c’erano osti.

L’ho salutato con la sensazione che non lo vedrò più. Il Batavo ripartiva per la sua vita errante, preso dal suo gioco da giocare fino in fondo, a tutti i costi.

 

Attraversava di nuovo la piazza: dentro era cambiato.


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