Il libro fa parte del ciclo di tematiche sociali, che Steinbeck affronta anche in altre opere, con una particolare attenzione al mondo dei lavoratori agricoli conosciuti molto da vicino.
Anche da Furore (titolo originale The Grapes of Wrath), come da quasi tutti i suoi lavori, è stato tratto un film.
Questo, di John Ford, raccolse l’Oscar per la regia e l’interpretazione femminile.
La storia è quella dell’intera famiglia Joads (nonni compresi) che, depredata dalle ipoteche e dalle calamità naturali, è costretta a lasciare i propri campi in Oklahoma per raggiungere in California l’agognata Terra Promessa.
Su tutto, sovrasta la figura della madre, che lega con instancabile amore i suoi congiunti sottoposti ad ogni lacerazione.
Il loro esodo, assieme ad altre masse di disperati, sarà drammatico; braccati dagli sceriffi, respinti con odio dai locali che scatenano una xenofoba guerra tra poveri e sfruttati come autentica carne da macello da latifondisti senza scrupoli, viaggeranno con quest’umanità ridotta per sopravvivere ad ogni resa.
La scrittura di Steinbeck è poetica, coinvolgente come poche, ti prende la mano e non ti molla sino all’ultima pagina.
La bella storia, rivela le conseguenze della Grande Depressione sulle vite di migliaia di famiglie, delle rivoluzioni industriali ed i loro prezzi, sempre ignorati, pagati dai deboli, dagli ultimi.
Il riscatto, ipotetico, avverrà solo con un’immensa pietà e tramite la solidarietà tra diseredati, unico baluardo a salvaguardia dell’irrinunciabile dignità umana.
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