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Sirene

di Monica Dolci
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Pubblicato il 21/11/2017 21:58:50

 

 

Nessuno è mai passato di qui con la nera nave

senza ascoltare dalla nostra bocca il suono di miele,

ma egli va dopo averne goduto e sapendo più cose.

Omero, Odissea, Libro XIII, vv. 186-188

 

 

 

La cosa che più lo rasserena è passeggiare all’ombra dei pini marittimi, fra le aiuole di erbe aromatiche, lungo i vialetti ordinati del parco che circonda l’edificio dell’ospedale.

Kruno trascina le ciabatte, portandosi a spasso i suoi cento chili con la serena pazienza di un conducente di buoi.

Ai pazienti in degenza volontaria è concesso passare molto tempo all'aperto, ma solo durante le ore meno calde. Il resto del giorno si deve stare all’interno, ma anche nei corridoi e nelle stanze del centro Kruno si sente bene; l’odore di disinfettante lo rassicura, perchè sa di pulito. L’aria condizionata mantiene il suo corpo fresco e le medicine tengono tranquilla la sua mente.

 

E così da molti anni, ormai: appena l'afa si fa sentire, insieme al vociare dei turisti coperti quasi solo di crema abbronzante, lui prepara la valigia con la biancheria intima e si presenta all'accettazione.

 

Non è stato sempre così, prima del suo arresto succedeva che, quando iniziavano ad arrivare i traghetti, vomitando persone nelle strade, e anche nel suo mare, Kruno cominciava ad avvertire che qualcosa in lui cambiava.

Il caldo gli faceva mancare il fiato. Avvertiva un'esagerata spossatezza e diventava irrequieto; il sudore gli colava dalla fronte sugli occhi, facendoglieli bruciare; puzzolente e acido gli bagnava la schiena e le grosse natiche, i testicoli si appiccicavano all'inguine. Kruno si sentiva sporco e a disagio e non osava avvicinarsi più a nessuno. Persino sua madre sembrava vergognarsi di lui.

“Vai a riposarti!”, gli intimava, incalzandolo davanti a tutti come fosse un bambino. “Che il caldo ti fa male, lo sai”, mentre lei se ne stava a chiacchierare con i turisti sotto il patio, sbattendo le ciglia, seduta a gambe accavallate con un prendisole così striminzito che le si vedeva quasi tutto.

“Mio figlio fa il pescatore”, si giustificava gesticolando. “Parte al tramonto e rientra appena sorge il sole.”

 

Era vero. Ogni notte usciva a pesca e non ritornava quasi mai con la rete vuota. Imparò da suo padre e la piccola barca che l'accompagnava era ancora quella che lui gli insegnò a portare. Era anche l'unica cosa che gli rimaneva di suo padre dopo quel giorno in cui uscì di casa, senza nemmeno salutarlo, per non tornare più.

 

Per Kruno, il mare era la sua vera casa, il suo rifugio accogliente, il luogo della sua pace. Non appena spingeva il suo legno nell'acqua si sentiva finalmente leggero e sereno; il vento fresco lo conduceva con grazia sulle onde che si prendevano cura di lui, trasportandolo dolcemente. Ed ogni notte il cielo inscenava sull'acqua uno spettacolo sempre diverso, solo per lui che, ogni volta, si riempiva gli occhi di meraviglia.

 

Di giorno però le cose erano diverse. Più di tutto, lo mettevano a disagio le voci delle ragazze che dalla spiaggia facevano eco nella sua stanza. Le loro risate acute gli entravano nella testa che gli si surriscaldava e non riusciva più a trattenere i pensieri: sembrava gli scivolassero fuori dal cranio, come lava bollente, attraverso le vene del collo, lungo le braccia, dentro le viscere, gli infiammavano il glande.

Erano pensieri sporchi, che gli facevano paura. Pensieri proibiti.

 

Ma erano più forti di lui. Li sentiva sui palmi delle mani, i suoi pensieri luridi, e anche sotto le piante dei piedi. Pensieri che lo spingevano incontro a quelle voci, lo obbligavano a scendere di nascosto giù alla spiaggia per guardare le ragazze che prendevano il sole, o facevano il bagno, rannicchiato dietro qualche cespuglio mentre si toccava per dare pace all'inferno che gli bruciava dentro.

 

Capitava che qualcuna se ne accorgesse e si mettesse ad urlare coprendolo di insulti. Allora lui pieno di vergogna e paura fuggiva fra gli ulivi, scomparendo per tutta la giornata.

 

Una volta un gruppo di ragazzi lo inseguì per picchiarlo fino su per i vicoli bianchi del gruppo di case dove abitava. Riuscì ad infilarsi nel portone prima di essere raggiunto. Sentì dalla finestra della stanza che chiedevano informazioni su di lui ai vicini ma questi, forse per compassione, pensò, risposero di non conoscere nessun “grassone viscido” che andava in giro a importunare ragazze.

 

Allora lui cercava di dimenticare che era estate, si chiudeva in casa fino a che scendeva la sera e poteva uscire a pescare.

 

Fu dopo una di quelle notti di pesca che, trascinando in secca la sua barca, la vide distesa sulla spiaggia. I capelli biondi, sparsi intorno al viso, riflettevano i raggi dorati del sole appena sorto, illuminando dolci lineamenti da bambina. Kruno le si avvicinò timidamente.

Sul viso aveva macchie secche di sangue. Ai lati della bocca, sul petto e su ciò che restava del vestito strappato, erano sparse tracce di vomito il cui odore si mischiava ad un altro che Kruno conosceva bene, quello di cocco e burro di karité dell'olio abbronzante.

 

Con gentilezza le alzò la testa che ricadde all'indietro come quella di un burattino. Dapprima si spaventò e indietreggiò di qualche passo, poi le si riavvicinò e con delicatezza infilò le sue grosse braccia sotto il corpo, la sollevò e si incamminò verso il mare.

 

La bassa marea lo costrinse a camminare molto per arrivare dove l'acqua riusciva a sostenere il peso del corpo della ragazza. Fu facile a quel punto spogliarla e distenderla  tenendola solo con una mano sotto la schiena. Le lavò via il sangue e il vomito che la ricopriva.

 

Fra i luccichii del sole del mattino che si rifletteva sull'acqua, la pelle della ragazza pareva risplendere e Kruno la guardava incantato, pensando fosse la cosa piu bella che avesse mai visto. Era la prima volta che toccava il corpo di una donna ma in lui non c'erano pensieri sporchi, solo avvertiva nel petto una specie di dolore misto a una malinconica contentezza, che lo faceva commuovere.

Iniziò a dondolarla dolcemente mentre le lacrime gli rigavano un quieto sorriso.

Il corpo della ragazza, che galleggiava a pelo d'acqua, sembrava rilassarsi piacevolmente. I capelli sciolti nel mare fluttuavano come in una danza e lui restò così, ipnotizzato, a cullarla.

 

Nel frattempo il sole si alzò nel cielo e i primi bagnanti che giunsero in spiaggia, si accorsero di quella strana scena. Fu chiamata la polizia, Kruno fu portato via da una volante ammanettato e il corpo della ragazza fu chiuso in una bara d'acciaio.

 

Fu arrestato e accusato di violenza carnale e omicidio. Subì molteplici interrogatori al limite della sopportazione, alternati a periodi in cella in cui fu oggetto di ulteriori violenze da parte degli altri carcerati. Poi le indagini fecero il loro corso, fu scagionato e rilasciato. Ma da quel giorno non fu più lo stesso.

 

Durante l'Inverno le strade dell'isola sono quasi deserte, le persone si conoscono tutte, e come in una grande famiglia, le virtù e i difetti di ognuno convivono sulla stessa tavola, come il dolce e il salato. Kruno continuò ad uscire la notte per andare a pesca e il giorno a riparare le sue reti.

 

Ma quando arriva l'Estate e i traghetti iniziano a vomitare turisti, l'odore di cocco e burro di karitè si spande nell'aria e non c'è posto in cui non lo raggiunga.

Kruno comincia a stare male e allora prepara la sua valigia con la biancheria intima e si presenta all'accettazione. Sulla ricetta c’è scritto “ricovero volontario”.


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