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Poemio e Tre canti della Eterna Estate

di Domenico De Ferraro
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Pubblicato il 07/07/2018 16:48:45

PROEMIO DELLA ETERNA ESTATE


Vortici di versi per caso scritti nella vaga conoscenza di logiche infime , tra forme che si congiungono nel tempo. Nell’ avversa sorte di milioni di persone, nella mesta ricorrenza di un giorno qualunque, nella gioia , nel peccato che si porta via questo delirio di frasi inutili . Tra silenzi infiniti il pensiero vola per valli ed oscuri luoghi , che destano in noi il credo di un mondo dimenticato . Come giorni sempre uguali come nel vento del deserto. Tutto scorre nella mia storia, tutto scorre , senza fermarsi. Versi si formano nella voce che sale lenta et lesta. Fugge gemente nel vago ardore che indora l’aurora che fulgida appare ed immane cade nel suo delirio e spegne la caduca passione che ignara regna nel cuore. E si sconvolta sorte chiama a se la vita che le resta da vivere. Oh amene ombre , spiragli di luce che lungi per lidi luminosi, mostri antichi prendono vita da favole esoteriche fatte di amorfe forme. Forme che prendono vita come per incanto dalla mente di un piccolo Dio .

Forse sono io che piango, lungi da me ciò che vivo e dopo prego che lesta venga la morte . Morte che lungo il mio delirio, per storte vie , vette estreme , odo solinghi usignoli canticchiare la gaia canzoncina dei bimbi perduti. Morte provo , fingo , forse mi beo di amorfe forme , incantevoli presagi nell’eco di guerre che non finiscono mai.

Vedi , forse credo di giungere a questo amore bagnato di sangue , bagnato di oro che indora il mio dolore. Fingo, cado , mesto, arrivo , esule come fossi beato in quello amore creato che ti riempie il cuore. Son solo ,volo nel vasto cielo che mi trascina sopra città ,sopra questo mondo distrutto , sopra le macerie letterarie , dentro un amore malato e mostro il mio coraggio, il mio destreggiarmi in vane forme e vani pentimenti che non so dove nasce in me tal rabbia, tale orrore. E di tanta parte , di tanto vivere, sono il signore di mille nomi e mille vite assai derise.


Son io che soffro e canto contro la crudeltà degli uomini o e l’ amor che mi conduce in paradiso per vie belle ed eleganti , per quartieri dormenti , strade di un sincero dio che governa il mondo. Dormi figlio mio , sugli allori scipi ,nella gaia novella, nell’accidia di un verbo che prende corpo dentro me , dentro questa storia che io narrai dopo aver percorso l’ade tutto da solo , dopo aver percorso il mio tempo ed il mio amore.

Fingo di vivere di ire per oscuri lidi , per giorni lieti in compagnia di un amore che si desta all’alba che si eleva nel vago dire che per estreme liriche et eclettiche consonanti per casi oscuri fan di me un mostro tra gente dabbene. E provo orrore ,provo pena per me stesso per ciò che sono per ciò che rappresento.

E muovo i miei passi sulla scia di un verso oscuro, nella sorte che bigia , ama il grigio ardore, nella metamorfosi di forme umane che si evolvono nel vano ardire. Nella gioia di un attimo , ora sono io, ora sono tanti e non trovo tregua , ne ritegno nelle delucidate estasi che possono esimere l’essere dall’essere tale in come noi abbiamo sognato di vivere.

E nel bel mattino di nostra età , quando ogni cosa è conclusa quando per ore liete il nostro corpo ha provato l’estasi di un sesso amorfo , fatto di forme erranti e lubrici lirismi, sulla scia di un dolore che si desta dall’inverno trascorso che si desta al caldo sole d’estate. Io rinasco in sofferti mattini che si congiungono all’idea di un mondo che lentamente va alla deriva che insegue un suo credo in una sua personale visione di ciò che si è di ciò che avremmo potuto essere ancora . E nella gioia nel viaggio che mi ha condotto oltre ogni credo ed ogni incontro che alla rinfusa ha unito spiriti e corpi assai simili al mio vedere nel decantare gioie e dolori dell’animo umano.

Versi che fuggono , gioiosi, bizzarri in vane ragioni , raggiunge il fine estremo di una esistenza di mezzo , attraverso il fiume di quei versi in silenzi estivi , ove la mente evade per sogni ed avventure , alla ricerca di una pace che vive in ventimila leghe sotto il mare ed in altre avventure che non ti conducono a nulla , se non all’estremo di se stessi all’estremo di un morire mite in un acerbo dire , un morire per rime chete , cretine che si spogliano all’alba nel bel mattino di una vita raminga.



II

E come in un caos senza fine che trascende il gioco del divenire per erranti lidi macchiati di sangue innocente, cheti nel divenire che mesto incomincia ad assumere la sua forma fisica. Versi erranti , deformi senza senso s’elevano nel gioco erotico, nella gaia giostra di anime morte di baci e carezze . Tu ferma ammiri , forse incapace di riprendere un suo percorso nominale. Abbondonata sotto le luci della città , nelle parole dette in fretta che cadono di bocca in bocca , adunche ,sconosciute , scritte con vigore dentro un bar davanti ad una birra . Tutto passa , ed ogni cosa si muove si fa chiù bella come fosse una rosa giovane e fresca che s’alza la gonna mostra il sedere , mostra le sue grazie. Mi fermo nel tempo in cui fui ,incapace di credere ai miei occhi di ritornare ad essere ciò che un tempo fui. Tutto scorre ,musica e desideri. Tutto si desta dall’ipocrisia di un essere uno e trino.

Ora la morte non ha riguardo e mi sussurra amabile parole mi sussurra del suo tempo di quando si era insieme, m’incammino per marine, immemore per visioni oscure , per giorni che non riesco a congiungere a quella assioma che assume forme cosi sinistre. Ed il dubbio di chi siamo , cosa saremo di nuovo vivendo mi riporta ad una gaia melanconia ad una incerta visione ad un bruciare nel fuoco dell’inferno della città .

Ti ho vista vicino al mio corpo, ti ho visto pensare ai tuoi giochi, al tuo dare ed avere, mi hai toccato il mio maturo sesso ,le mie parole sono così triste ed il canto che urlo nel mio ricordo , assume una inquieta visione di cosa saremmo divenuti strada facendo.

Continuo a vederti muoverti dentro di me con i tuoi pensieri , mi travolgi, mi baci e mi fortifichi, come Catullo et Serbia cornifici tuoi et bella puella nella fabula atellana . Figlia del mare , figlia della amore carnale , figlia della lupa , vicino a questo sciato dopo tanti vasi , pigliati questi soldi. Fosse state chiù contento , se me l’avesse detto in faccia quello che pensavi di me . Ti sei annascunuto dietro a questi uocchie verdi e ti sei avascate a mutanda addirete a uno specchio da sola , senza essere vista da nessuno..

Tu volevi una bambola da bere ,buona come un bicchiere e vino, tu volevi un suonno chiù bello d’annusare nello vento sconvolto , sotto alle stelle di Capri , sotto allo cielo di Ischia e pensando a Maria, pensando questa sciorta chiù scura da notte , me trove rassegnate dentro ad un altro errore.

Son figlia della terra , son figlia della mia storia ,son tre giorni che te cerco miezzo a questi vicoli neri e fetenti . E non trovo pace, non trovo sincerità e mi spoglio , mi vesto faccia l’ ammore e nu trovo giustificazioni ,essenze, mezze misure che mi conducono ad una ragione plausibile , mi trovo inginocchiato alfine davanti ad un santo . Nun tengo chiu tiempo , nun tengo certezze , tutto mi dona amore ed ogni cosa è dolce come fosse una musica nova.

Ti volevo raccontare poi portare sopra ad una nuvola, ti volevo sentire , rincorrere dentro questa passione, fino alla fine di un male antico. Ed una febbre m’assale e ti penso tutti i giorni , ti penso quando scendi le scale e vado a faticare, Quando sono innanzi ad una croce , quando mi tocco la facce e pensa a te sola dentro questa vita . E nun tengo chiù a capa , stanco ascolto il ribelle canto del mare , la bella e la bestia , la magica fiaba dell’orco.

Sciorta nera , simili a notti passate scrivere versi mezze misure , senza seguire conclusioni , versi angelici , belli come te che riposi dentro un letto di spine , che abbracci e sogni un altro , che mi ruba l’anima ed inquieto rimango . Sono in trappola , sono caduto dentro una gabbia, sono quello che tu vuoi , sono solo a questa età. Mi chiamavi Ciccio con bacetti e berretto con un gilè giallo acrilico , con cinque rose per Jennifer , con una matita sull’orecchio, con timore son venuto mi sono avvicinato , ti ho baciato in fretta e tu sei caduta nei miei sogni, nella mia insana vita , nella bella canzoncina, nella mia inquietudine di uomo di mezza età.

Mi hai cercato sulla soglia di un bel sogno, mi hai torturato con i tuoi pensieri, con la moglie ed il bambino , con il gagà ed il lacchè, con il mastro costruttore , con il prete un po’ incapace , con l’amante ed il lestofante, in questo tempo cosi amaro , così dolce da assaggiare, così bello da amare in riva al mare, in riva a questo mare di rime , stretti , stretti nella macchina che traballa ad ogni botta , che si muove dentro me , che rende dolce il canto, dolce dentro un orgasmo che sale per nuove mete fino a giungere a Sorrento . Seduti in una macchina gialla e verde ascoltando questa canzone che risuona nell’aere puro , che risuona mesta e gaia nel ricordo , nel dolore dell’atto coniugale.


E ti chiamavo ad ogni ora , tu cattiva mi attaccavi la cornetta in faccia , mi dicevi : vattene via , ogni cosa e finita tra noi . Nun a voglia fa questa vita , nu me vogliò chiù rovina per te . Te pigliate a vita mia, te pigliate tutte e suonno miei, te pigliate chesta ammore, chesta storia deve finire . Esco fuori di testa dentro questa sciorta . Sotte alle stelle , mane e mane, passeggiando in riva al mare. Passeggiando dentro a quest ’ammore, dentro a questo tormento, dentro al cuore di milione di persone , dentro una storia che tuzzelea fore alla porta che chiede di entrare per raccontare l’inverosimile vicenda personale.


Ora che tutto è finito il Sole , rinasce , scalda i tanti versi nella insana inquietudine che splendono in mezzo al cielo , per lidi immemori , per giorni dal sapore di mare , in imperturbabile agonie , giorni sinceri , giovani , forti e sono morti , son morti cantando inni al signore , inni alla patria , inni per anni dolenti , che sono parte di nostro vivere. Versi nell’insieme cretini nati dalla nostra volontà di crescere. Frutto di un amore sensuale , frutto di questa morte che bussa lesta alla mia coscienza . Che m’appaiono davanti ad uno specchio senza nome e senza motivo con chi stare seriamente, solo dentro le mie mutande, nei miei ricordi ridicoli di uomo dabbene ed egoista , con le mie fisime et stimmate alle mani con la gioia di essere , con te in me che si congiunge in un ipotetico amplesso senza sesso descritto in pochi versi senza senso.

PRIMO CANTO DELLA ETERNA ESTATE


Quanto tempo è trascorso dai giorni lascivi, scivolati via in un senso vago che ci ha resi inermi nella ragione di ciò che siamo . Inconsapevolmente ,ignari di ciò che avremmo concluso. Un lungo viaggio verso terre sconosciute a cavallo di un drago che lancia fiamme . E la fantasia prende corpo, ci conduce dove la realtà presume ciò che abbiamo pensato fosse. Al bel villaggio ove abitano gli indiani ,seduti sotto le stelle sotto la tenda fatta di pelle di sciacallo, di lupo, di quel lupo che vive in noi. La realtà ha molte visi ed il vento fischia insieme al treno che corre veloce con tutti i nostri pensieri verso una dimensione dimenticata , verso quell’amore mai posseduto senza denti vecchio sbilenco , che cerca pace tra i fossi ed i fiori . Cerca una nuova vita un nuovo corpo . Mentre il mondo cambia , tutto può essere compreso e si rimane in silenzio ad ascoltare il nulla . Sotto i monti , nella vasta prateria ad udire l’ululato del lupo, il verso del gufo. Un universo , una stella che cade dietro questa platea , ove assistiamo meravigliati , trascendere il bello dalla vita. E tutto potrebbe essere di nuovo come era ieri , crescere , alzarsi , camminare fino alla fine di questo viaggio in questa leggenda senza tempo.

Ed io non ho più nome , non ho più tempo. Ed il mio vivere sfocia in un delirio di liriche e canti sciolti , dentro un verso che racchiude tutto l’essenza di questa esistenza. Ed il mio nome risuona con l’ululato del lupo , con il verso del gufo lassù tra i monti verdi della mia immaginazione.

Vieni via con me . Potremmo costruire una casa lassù tra i monti vivere accanto al fuoco che scoppietta nel camino. Potremmo vivere un altra avventura ai limiti del creato, nel canto che s’eleva tra mille guerre . La mia ragione si tramuta in un gioco di parole in una dolce carezza, in un amplesso che avvolge ogni senso . Passioni succulente , meraviglie come i tuoi occhi celesti.

Sei folle a cercarmi qui in questa mia disperazione. Qui in questa casa , senza finestre. Lassù tra i monti , la morte implacabile salta tra i fossi , tra i corpi caduti sulla nuda terra, alla ricerca di una plausibile resurrezione. E nella canzone da cantare all’origine di ogni ragione . La morte nuda , ama la vita, abbraccia la sorte sua sorella infernale . Non ci sono scusanti in quell’amplesso tra sensi e sensuali giochi erotici , tutto diviene un estremo tentativo di poter vivere una altra storia fantastica.

E la prateria è immensa vi fioriscono le viole ed fiori di loto i papaveri rossi e gialli vi fioriscono i fiori della nostra esistenza che sbocciano nella mesta rimembranze . Fiori solinghi che s’intrecciano gli uni con gli atri crescono accanto le croci segnate da un nome in un percorso che va aldilà di ogni crudele beltà. Ed è bella la croce ornata di fiori , cosi bella che non ci sono parole per descrivere il senso nascosto di ciò che si è. Praterie , terre immense , giorni e giorni in viaggio verso quest’amore sconosciuto. Verso un altra esistenza, verso qualcosa che ti riempia il cuore di gioia, di un bene che non conosce certezze. E si è soli davanti all’immensità, si è soli seduti davanti alle stelle , accanto al fuoco che avvampa e lascia danzare la fiamma dell’amore. La fiamma della vita , della favola bella , che m’illuse e mi condusse verso un sogno piccino , cosi sincero da legarlo al mio spirito. E la morte mi ha lasciato solo con i miei pensieri , mi è passato accanto , senza neppure sfiorarmi. Mi ha lasciato pensoso , con tutto il mio passato, con i miei dubbi e le mie certezze di uomo qualunque.


E verranno giorni migliori , verranno altri amori , altre avventure , come quando non so ed il mio cuore è cosi triste , cosi solo perduto in una frase detta velocemente, mentre tu mi lasciavi li alla stazione con tutto quel mio amore malato , con un bene fecondo , con un pene enorme, pronto a partire con te verso un'altra ragione , verso la gioia di un ricordo . Immemore dentro di te come il tempo che scorre e porta via con se le pie illusione di un vivere , aldilà di ogni credo. Ed ora che vorrei abbracciarti e dirti ti amo , come quella volta che provai a baciarti , come quella volta che volsi il mio sguardo , verso un altra donna , non ho scusanti per la mia impudicizia, tutto si trasforma in un ilare immagine , in draghi alati e in belle fanciulle che danzano nude dentro la mia mente. Non ho più tempo per bere questo bicchiere di vino, di dire chi sono come amai e rincorsi te ai confini della follia ed ho poco tempo forse fino a domani per raccontare questa storia fatta di viaggi e miraggi di canti e avventure . E chi l’avrebbe mai detto che tutto sarebbe successo lassù tra i monti , lassù sotto le stelle, vicino al fuoco ove il nostri corpi s’unirono nell’amplesso della storia , che ci ha resi partecipi di un amore senza tempo e senza età.

Ricominciare a sognare la grande praterie, gli indiani a cavallo che corrono ed inseguono il vento ed i potenti bisonti . Inseguendo le aquile e lo sciacallo dalla coda mozza , ascoltando una canzone urlata da un indiano ubriaco fatto di peyote che continua ad avere una serie di allucinazioni ai limiti dell’assurdo. Lui vestito con giacca e cravatta, lui con una penna tra i capelli lunghi e sporchi che rincorre una ballerina del vecchio saloon. E tutti ridono e continuano a bere . E cavallo pazzo entra dentro questa storia seduto sul cavallo più pazzo del mondo ci entra facendo augh , tutti ridono e si abbassano le mutande e mostrano il sedere al grande capo. Tutti possiamo essere parte di questa storia. E giù al porto , due amici vanno a donne e non hanno i soldi sufficienti per pagare la camera. Ed il canto dell’avvocato e del prelato e cosi giulivo. Cosi tenera la vita che rimani incantato in disparte a pensare. E chi sputa qui , chi sputa la, che alla fine spunta un fiore un po’ strano che si chiama gennarino.

Gennarino bello di papa di la verità chi ti ha dati tutti questi soldi.
Se te lo dico ti prego non picchiarmi
No , se me lo dici subito , non ti riempio di botte
Mondo infame , volevo vedervi felici
Hai fatto male i conti
Che conti, io sono tuo figlio
Accidenti credo di aver esagerato stasera
Mettiamoci una pietra sopra
Hai ragione
Vogliamo andare
Dove
Dove possiamo ricominciare
All’albergo dell’allegria
Dove ci sono tante belle donnine
Però prima mi devi dire dove hai preso tutti questi sodi
Li ho vinti a zecchinetta
Tu giochi , figlio sciagurato
Papà , scherzavo me li ha dati un signore
Chi è costui babbo natale ?
Credo di si , parlava norvegese.
Non ci credo , mi stai prendendo per il sedere
Ti giuro ero seduto sull’autobus quando il signore mi ha chiesto dove si trovava san martino ho risposto tra tre fermate deve scendere e prendere la funicolare. Il signore mi ha sorriso e mi ha detto se mi accompagni ti do una bella mancia e mi ha fatto vedere un pacco di banconote. Erano proprie tante. Pezzi da dieci pezzi , da mille non ho resistito alla tentazione, cosi sono sceso con lui e lo ho accompagnato alla funicolare. Strada facendo ci siamo fermati ad un bar lui gentilissimo mi ha offerto un gelato. Poi tutto ad un tratto e apparsa una bellissima signora , credo che fosse la sua amante o qualche sua amica. Mi ha detto di aspettare dieci minuti , che doveva parlare con quella sua amica , che splendida , affascinante si muoveva ed ancheggiava giuliva come l’oca in mezzo all’aia , come una sirena in mezzo al mare , con due lunghe gambe, con un corpo snello è sottile. Ho atteso un quarto d’ora poi dieci minuti ,ancora , son passati un ora e più quando e riapparso mi ha detto grazie per aver tanto atteso e mi ha messo in mano un pacco di banconote.
Veramente , sei fortunato figlio mio, io non ho mai avuto tanta fortuna in vita mia.
Lungi dal credere alla tua sciagurata storia, lungi dal bisogno, di evadere da questo mondo sbilenco, sotto un cielo grigio pieno di nuvole, pieno di sogni infranti, nel fluire di mille idee, di un vivere che attraversa questa città corrotta questo paese distrutto. Dove l’eco dell’orgasmo , s’ode nella notte oscura, si ode nella storia costruita e rincorsa nella beltà degli atti che ci uniscono nella follia di una società dispersa nel suicido di una conoscenza . Lungi per verità conquistate gli spazzi della nostra ragione esulano dal farci comprendere come il tempo abbia maturato in noi l’idea di essere ciò che siamo, di ciò che avremmo potuto essere.
Sagge parole
Non voglio tirarti per la giacca
Bada figlio
Voglio bere
Non cadere nella fossa della vanità
Padre salta il fosso della lussuria
Nell’abbraccio
Nei tuoi ricordi
Nella favola che volge al termine
Nella dolce estate che avanza
Sono pronta a seguirti
Credo che mi fermo qui
Voglio bere
Voglio fare un bagno
Sotto la luna
In queste acque cristalline
Nudi
Puri
Ridiamo insieme
Credo di aver vissuto abbastanza
Io credo di no
Ero un mostro
Un ciuco bugiardo
Una padella bruciata
Ricordo di ogni cosa dietro una bella storia
Ti ho visto pregare
Non mi guardare
Rabbrividisco al ricordo
Canto d’amore
Non odo parole
Io dormo
Io vivo in ogni forma
Ora siamo qui come Il padre il figlio e lo spirito santo
Storie figlie di tante storie diverse , che hanno congiunto sogni ed avventure hanno fatto ridere grandi e piccini davanti al televisore, davanti a questa vita tra immense praterie , sempre verdi nel canto del cacciatore, nell’ululato del lupo. Là tra i vicoli Marini, nel ridere delle lavandaie tra i versi sibillini che si elevano fino al centro della città divorata dal tarlo dalla malavita. Tra le parole cianciose della puttana che la da ad ogni ora per trenta denari , sopra un letto sporco di sperma che odora di mille amori e mille uomini diversi. Odora di versi sinceri melodiosi , odora di mare e di lungi viaggi di pagine di libri letti in silenzio dentro una cabina di una nave che ti porterà dall’altra parte del mondo. T’accompagna la canzone di un marinaio ed il ricordo dei suoi baci le sue carezze, la sua bellezza non ha mai fine , come il bel canto dell’onda che s’ode dentro la tempesta , dentro la corsa intrapresa, dentro quei versi scritti in fretta dopo aver fatto l’amore con mille donne diverse in un solo minuto, in un solo attimo, in solo coito . Ed dolce cosi dolce perdersi , nella notte che mi fa sognare ancora, mentre rinasco, mentre canto e credo di vivere una vita felice. La morte è andata via mi ha lasciato solo davanti al fuoco con questo mio cuore infranto , con questa mia povera canzone che canto da solo , sotto le stelle della bella estate che avanza.

SECONDO CANTO DELLA ETERNA ESTATE



Mattino, il mio pensiero apre l’ali si spinge , dove tutti cantano questa bella canzone, nel coro della chiesa, per strade in festa, dove si balla e si fa l’amore. Giorni degli esami, la maturità , mio figlio là in aula. Io che mi dispero per un amore che mi porta dove il tempo si è fermato ed ha distrutto ogni mia logica . Io che canto . Io che piango. Io e cosa altro, che rido , cerco di sedurre un popolo con un mio dolce verso ,nel sogno mi sveglio ed ho tante cose da dire , da cantare . Sopra il mare il vento soffia , porta via tutta la vanità di questo mondo. Orde di bagnanti con canotti , costumi succinti, ballerine di varietà ,panini, muti, sadici, asini che volano nel cielo , lassù verso il sole. Estate dalla bocca di fragola, dalla gola profonda che ingoia pene enormi , che ingoia città , mostri, case, grattacieli, chiese, ingoia il male, la morte che ti ha deriso . La donna si fa bella, si trucca , si mette il bel vestito, si toglie la fede dal l dito e balla , balla una danza macabra. Un giorno come tanti , macchine che corrono attraversano la città, c’è chi urla, chi si denuda, chi mostra il l’indice, non c’è rispetto, non c’è più nulla da fare , una coda chilometrica sotto un sole cocente , c’è chi fa l’amore in macchina , chi sopra una sedia , chi dentro la sua mente prova a fottere il vicino di casa , prova a chiudere questo episodio , dove un dio con una lunga barba indica il paradiso , indica la sorte di milioni di scarafaggi e la stagione dell’inferno prende corso, segue questa vita ,segue questa commedia senza nome, senza un attore principale. Tutto, sarebbe stato bello, ma io non avevo l’ardire di dirgli ciò che pensavo ed avevo timore di morire tutto ad un tratto, con la mia sorte , con il mio costume succinto, con quell’aria di malandrino. Avrei raggiunto l’altra sponda avrei raggiunto il paradiso ma cosa mi resta da dire cosa voglio per davvero

Sei rimasto sui tetti stanotte a guardare la città dormire
Ho vagato per strade e vicoli, ho vagato a cavallo di un sogno, ho attraversato il tempo.
Non dirmi ti voglio, la mia logica cade a pezzi
Sei qui adesso vicino al mio cuore
Non volevo che cadessi
Adesso danziamo
Ho voglio di muovermi
Non è facile volare
Chi si è rubato le mie mutande
Sei sempre lo stesso
Non cambierai mai
Sei una poca di buono
Sei uno stronzo
Sei caduto dentro un pozzo
Sono qui sotto il palazzo
Sei un pazzo
Non chiamare tuo padre
Non ho voglio di finire in galera per te
Facciamo ammenda dei nostri peccati
Ti ho cercata a lungo tra le pieghe del tempo in questa estate che cede il passo si alza la veste, si spoglia, si distende nuda fuori al balcone e sogna sotto le stelle una nuova storia d’amore. Ed un canto si alza lentamente con le onde del mare, si alza con mille voci di fanciulli malati, con la madre che grida dentro la sua testa, con la sorella che si fa violentare da un africano superdotato. Tutto scorre , scorre come la sabbia dentro una clessidra . Scorre dentro noi stressi nel silenzio che ci resi partecipi di una vita sovrumana che si spegne in un istante. Cori di voci, erotici , sussurri , baci e carezze , sogni che s’elevano all’alba. Sono in tanti , liberi , lontani da noi che ammiriamo in disparte come la morte ci ha resi partecipi di questo viaggio, di questo canto che s’eleva al cielo. Un amore che muore vicino al mare quieto, dentro il pensiero di un uomo sopraffatto dal caso.
Via non dirmi sei scemo
Hai sempre le orecchie spalancate
Sei ridicolo
Tu sei malvagia e non vorrei mai vivere con te
Sono pieno come una botte di vino
Chi ha parlato
Sciaquachete a vocca
Facite e brave
Nun c’appiccicame
Chi se votte per primo
Addò
Dentro chesta storia
Signora levateve annazze
Scostumato mettete le mane a posto
Mò ha chiamato ò marito
Tenete questo ardire
Perché uno non e padrone di bersi un caffè in pace
Questi hanno perso la testa
Attenzione c’è il direttore
Chi ha detto quella brutta parola
Mai mi permetterei
Facciamoci una preghiera
Sapete come si chiamava il morto
Si metta seduto e preghi
Che pazienza
Facciamo poco i spiritosi
Signore posso partecipare pure io
Prego , entra , fategli posto
Adesso che siamo tutti riuniti preghiamo
Evviva Maria
Evviva Gesù
Evviva Sant’Eusebio
Cantiamo
Cosa dite ? Andremo mai all’altro mondo
Non farmi adirare, sei sempre lo stesso
Hai messo l’orecchino?
No è un piercing
Un piercing chi vuoi far scemo
Scendi , ci stanno aspettando
Dove andiamo di qui non si passa
Voglio andare al mare
Non portarti il costume il bagno lo facciamo nudi
Aspetta chiamo mia madre
Che tristezza
Che bello essere vivi
Non avevo mai immaginato di poter cavalcare un cavallo alato , correre nel cielo come un guerriero , volare , volare nel cielo azzurro della mia immaginazione
Venite ,siamo fortunati c’è un signore che c’indica la via
Che bella notizia
Popolo mio
Scarrafone
Scorreggia puzzolente
Faccia di minchia
Chesta me la segna e gli lo dico al primario
Ora il mare non ha più parole , non abbiamo più tempo , tutto si è concluso come ieri anche oggi la gioia di vivere si è spenta tra i vicoli , mentre nelle stanze del potere si discute chi dovrà essere eletto , chi dovrà perire , la storia si ripete, inesorabile senza che qualcuno intervenga . Dica finalmente cosa è ingiusto, non ci sono freni alla morale ed il canto s’eleva nel vago fuggire per rime ed altri mezzi ed altre circostanze che ci fanno ritrovare all’inizio di questa storia oscura, dentro questo amore che lentamente muore. Vivo nei miei giorni ,vivo aggrappato ad un idea di bellezza, che fugge dalle mie mani , dalla mia mente, che tramuta il senso in false archetipi , in falsi miti.
Siamo caduti dentro questo ridicolo dialogo
Non aprire quella porta potresti farti male
Non mi chiamare stasera
Non preoccuparti
Non chiamarmi come al solito
Fai come vuoi
Vedi di essere onesto
Mi credi un ladro
Di idee
Oh mio dio
Non voglio
Vade retro
Tu mi turbi
Tu Mi uccidi
Mi canti una canzone assai triste
Mi trascini dove vuoi
Estate grassa , silenziosa, figlia di miti e viaggi , figlia della mia ragione, legata alla bella età , legata alla morte dell’eroe. Legata al canto del cantante neomelodico , legata a chi non ha più speranza , in mezzo a questa vita , vai amore vai dove credi che sia giusto , dove la pazzia desta folli immagini , dove le donne ignuda , mostrano il sedere al tempo che scorre, mostrano i seni gonfi di latte , mostra il corpo dorato tozzo , sciolto corpo deriso brutto e goffo. Estate vieni nei miei pensieri, eterna madre turbando il mio spirito con una gran voglia di fare l’amore di fottere questo dolore , queste paure. Tutto è incomprensibile, tutto si dissolve sotto le stelle di giugno . Un piccolo racconto vola nel vento , porta via questa morte , porta via l’inganno del tempo.

II

Sera d’estate , solo nei miei versi bigotti ho lasciato ciò che ero alla sorte. Mi sono quasi arreso alla morte , ad un modo di credere e ho voltato pagina , ho corso incontro a ciò che si ama fino al precipizio, fino all’inizio di una altra storia dove uomini e donne attendono di essere compresi. Dove la vita li possa rendere felici. Un sogno intriso di versi che placa l’animo dentro una folle danza , dentro se stessi nei versi scritti velocemente strada facendo. In compagnia di un cane che sa parlare inglese e tailandese, sa parlare mille lingue diverse . Sere d’estate l’afa attira gli incubi , attira la sventura che ride dietro i vetri dietro questo grande palco, che s’apre e meraviglia appare buffi personaggi tutti vestiti strani chi fa l’inchino, chi dice cose sconce e non c’è più morale, non c’è nessun treno che ti porterà dove vuoi. Un treno fatto di plastica che sbuffa fumo , corre per i campi elisi , l’attraversa ed appaiono dai finestrini vecchi glorie , signori d’altri tempi . Ed una signora bellissima mostra le sue lunghe calze a rete che srotola lentamente li mostra al signore con baffetti che con ardore si lancia su di lei ed un solo corpo diventano. Un film porno romantico, una scena surreale.
Il treno dei ricordi giallo e verde va vola su nel cielo . Con dentro tanti buffi personaggi. Alcuni salutano. Altri cacciano pistole e fucili e sparano alla luna. Sparano alle stelle. Bevono litri di vino. Danzano. Poi il treno riparte ,stazione dopo stazione fa salire tanti personaggi che non hanno più nulla da perdere. Il significato batte dentro le parole , batte dentro un canto che giunge sulle rive di un vivere che mesto trasforma le passioni in un essere che esplode nella sera . Tante luci, lassù nel cielo. Tanti canti , pezzi di un mosaico che stenta a congiungersi. Si mangia è si guarda la televisione.
Mi hai cercata
Mi hai visto nudo
Poco socievole
Incavolato come sempre
Sei arrivato tardi all’appuntamento
Mi hai cercata dentro i tuoi sogni
Ho visto te e la tua anima
Ho visto il tuo amore morire
Quanti ricordi
Quante sere da sola
Tutti i miei amori la in bella mostra
Cosa hai cercato in questa vita
Ti giuro volevo una pizza
Questa è pazzia
Volge alla fine
Una storia folle
Mai un bacio
Ti ho cercato dentro i miei appunti
Io ho spalancato le finestre alle stelle
Ero nascosto dietro di te , ti osservavo
Non dirmi ero folle
Io volevo vederti
Esci , mi fai uscire fuori di senno
Io divento una biscia
Non e giusto soffrire tanto
Forse sono già dentro una fossa
Pregherò per la tua anima
Dammi un buono motivo per poterti dire ti amo
Basta, credimi sono stanco
Folle sere , sconvolto, scivolo nella morale bigotta, nella sorte che non aspetta , nella gioia che si perde nella giostra colorata ed il canto della donna che si bagna nel placido mare. vestita nuota fino alla fine dell’orizzonte fino alla fine di una ragione che non raggiunge nessun piacere nessuna bellezza. Che mi trascina con lei verso il fondo, fin giu dove le sirene nuotano mano nella mano ci circondano sorridono alzano le pinne e Nettuno imponente alza il suo tridente ed il canto di mille pesci dai svariati colori , città nel fondo del mare ,la logica induce a credere al male di un epoca e le strade o no silenziose dopo che il sole ha trascinato nell’oscurità i corpi morenti. Tutto appare nero come il corpo di un algerino di un keniota e la calma non arride il prossimo non conduce a credere alla buona novella. E Vano il credere con le mani legate , con te attaccata al telefono che parli e parli non la smetti mai di fregare e parlare male di questo e quello. Una finestra spalancata una musica dolce una piazza una città una nazione una donna nuda sul suo letto. Una macchina che corre per vie deserte. Un cane con il suo padrone . Un gatto ubriaco. Una canotta messa ad asciugare stesa fuori al balcone. La televisione che trasmette l’ennesima notizia ed il signore del quarto piano vuole divorziare dalla moglie. Ed il mio capoufficio e morto stamani.
Che terribile notizia
Quanti anni aveva’
Non lo sappiamo
Gira canale vediamo sempre le stesse cose
Facci il piacere hai una sigaretta
Non fumo poi sono pure astemio
Hai una raccomandazione
Che facciamo scherziamo
Non sbattere la porta in faccia alla fortuna
Sono qui al quinto piano
Cosa fai
Do da mangiare ad un ammalato
La vedi la luna
La città splende infinita
Sei solo nel tuo tempo
Non mi rammarico
Chiama la pizzeria fatti portate tre pizze
Non ho fame
Non sputare nel piatto dove mangi
Mi arrangio
Non ci sono scusanti per il tuo incivile comportamento
Ricominciamo a sfottere
Non ti biasimo
Mi porti a Mergellina ?
Io vorrei andare a Parigi fare un giro intorno alla torre Eiffel
Io bere un caffè ai Parioli
Quante parole legate alla sorte , legate a questa follia che danza intorno al nostro esule corpo tra mille motivi tra gridi ed eccitamenti perdute in mille immagini lasse per lidi sconsacrati. Parole che si fanno belle, piccole con le ali volano e non sanno dove mai arriveranno in queste sere d’estate. Corrono sopra questo mare , dentro questa strana storia ai limiti delle passioni , della comune decenza , perdute dentro mille altre storie, perduti canti ignari di cose diventeremo andando incontro alla morte e alla vita che ci ha resi simili nel verso solare sulla spiaggia pigri seduti davanti ad un mare di merda dove il gabbiano saltella sull’onde e grida il suo dolore per la vita .

TERZO CANTO DELLA ETERNA ESTATE


Tra i boschi di cemento ove prospera il mostro dalle tante teste, dove striscia la serpe e vive il ragno fellone là in fondo al mare. Tra le onde perdute danzano le sirene e le navi dall’alto della superficie attraversano il vasto mare cantando con a bordo mille passeggeri alcuni provenienti da lontani pianeti da isole e terre sconosciute da amori che si rompono in un attimo e diventano fiori appassiti sogni piccoli che non hanno ricordi da offrire . Tutto scorre la piazza è affollata come al solito qualcuno passeggia a testa in giù chi sogna grande imprese chi lavora chi non ha nulla da dire e tace seduto sopra una panchina con poche parole strette tra i denti con una sigaretta e d un amore infranto. Chi dice che non c’è più bisogno di suonare chi che il pane scarseggia .
Tutto scorre come un fiume in piena la piazza la piccola piazza dell’Annunziata dove gli angeli si riuniscono e giocano a briscola con vecchi diavoli dalle corna segate. Angeli ribelli belli senza denti con un cane a passeggio con te impiccata ad un albero calvo ove gufi e sciacalli cantano la loro triste canzone.
Possiamo sederci con voi
Prego qua simme tutti amici
Noi siamo qui per voi
Per me che bello
Dovete crederci
Perché mai non vi dovrei credere
Tutto scorre ed ogni cosa si bagna
Certo ieri pioveva
Oggi però è una bella giornata
Già
Possiamo sentire il vento passare
Potremmo volare in cielo
Sarebbe fantastico
Aprite le porte degli inferi
Credo sia giunta l’ora Che tristezza dover morire
Perché ti rattristi
un tempo ero giovane rammento quelle gioie
Continui ad Osservi il cielo capovolto dentro un bicchiere
Osservo il tempo trascorso
Le parole mai dette
Maledetta tu sia morte
Eppure mi amavi un tempo
Lei ti ho inseguita a lungo
Non adirarti Ero sempre li accanto a te
Eri nel mio cuore
Sono stato sempre parte di te
Non volevo ferirti
Lascia stare non farti ancora del male
Provo a volare con te
Le mie ali sono le tue
Nella notte tetra nella ragione che insegue un suo linguaggio come generare la storia che esplode dentro in mille racconti in mille versi simili nella loro trascendere scindere il male dal bene . Come in un giorno di pioggia cammino sotto un cielo plumbeo , cammino con le mani in tasca pensando al dolore del mondo pensando a te alle mie ferite che sanguinano . Una strada lunga infinita che conduce dove i monti toccano il cielo dove le vette sono verdi e silenti dove le aquile riposano nel sonno del pio monte dormente nel palmo di mano di un gigante . Un titano che ha un cuore enorme una forma che avvolge ogni cosa in se mostrata il suo sedere, mostra la sua bocca la sua lunga lingua. Ed il sangue scorre e macchia il selciato il piccolo sentiero che sale lentamente verso l’alto. E la città illuminata si vede dall’alto del monte delle solitudini si vedono le sterminate periferie e le mille luci sorelle ed i fratelli folletti saltano nel buio saltano tra le nuvole giocano ad acchiapparmi si rincorrono nel vento ed ogni cosa e cosi dolce.
Venite fratelli
Siamo tutti con te
Salta folle vita
Salta il fosso
Salta la merda
Salta e sorridi
Sei uno di noi
Sono qui che piango me stesso.
Non dire ti amo
Non voglio capire quando sarà il mio turno
Forse domani sarete tutti con me
La ragione nasconde una terribile verità
Certo il contrario di ogni cosa plausibile
E come bere un bicchiere d’acqua con ghiaccio
La solitudine potrebbe essere uno slancio per essere diversi
Ma fottere il prossimo non mi sembra una buona idea
Sei legato ad un vizio ad una perdizione
Hai fatto quello che potevi ora piangi su latte versato
Forse non abbiamo compreso quale fosse la giusta parte
Non credo di poter essere un creativo se non conosco il lato positivo
Tutto qui questa estate di pioggia questa estate triste che esplode dentro di me come una bomba ci riduce in mille pezzi questo povero corpo, esanime che si trascina nel buio i nella volontà di cercare di uscire da un tunnel , nell’eco delle parole che si legano al senso nella vasta ricerca la città cresce come un fungo cresce nel silenzio sotto mille papaveri rossi tra le macchine rotte parcheggiate di traverso. E l’uomo zoppo raccoglie le stelle cadute dal cielo li raccoglie di corsa li nasconde dentro il suo sudicio cappello. Sorride si guarda intorno cerca di fuggire dal buio che avanza che si trasforma in un orco in un lupo mannaro. Ed un vento sibilino con mille voci echeggia passando . Vicoli lunghi e budelli ove la carne scivola dentro dove l’uomo con una sola gamba scivola gioioso con un fiasco di vino in mano. E la bella donnina siede dentro un cuore malato racconta al suo gatto dei tanti suoi amori si tocca mostra il suo sesso fumoso e famelico. E forse un angelo dall’ali grandissime con un sorriso che descrive la sua vita la sua età passata la sua vanità. Ed il canto del gatto tra le sue braccia echeggia nell’avvolgere la maglia di lana avvolge la sua generosa sensualità . La sua voglia di vivere vile e fraudolenta libera da ogni impegno e noia esplode in mille storie in mille idee.
Non volevo morie
Hai toccato il mio pelo
Ti avrei portato in vacanza con me
Sono fandonie piccole dicerie
Sei matto da legare
Perché non mi canti una canzoncina
Sono senza voce
Sei tu che spinge il carro dei dannati
Tu mi turbi gatto
Io sono in verità un povero sorcio
Mai udito nulla di simile
Perché non apri la porta
Ho paura di sentire le grida della gente
Hanno rubato il fuoco agli dei
Io Mi sono lavata e messa il pigiama
Tutto poteva essere una vera fiaba una storia a metà
L’ estate scorre fiorisce nelle nostre idee nei nostri pensieri e la stanza era ampia ed una luce celeste entra a fiotti portando seco angeli e demoni portava la confusione ed il caos della metropoli il rombo dei motori . La macchina ferma sul crinale di un monte. in bilico nell’aria una macchina che ha corso per tutta la sua esistenza che ha sterzato e condotto uomini e donne verso sogni e canti macchina dolce , cara madre ti ho attesi per lungo tempo. La macchina aveva una ruota sgonfia soffriva di un male antico la ruggine gli rodeva i suoi ingranaggi Un male che forse aveva un nome la malnutrizione e il dispiacere di stare la ferma in attesa di poter ripartire.
Mondo infame cosi mi aveva trattata lasciata in mezzo ad un parcheggio abusivo tutta sola
Adesso sei circondata da ladri e uomini di colore
Perché non viene ad accendere i mio motore partiremo andremo tanto lontano
Non posso ho moglie e figli
Perché mi dici di volermi bene se poi uccidi il mio sentimento per te
Oltre non posso darti ho poco fiato
Giro questa corda salto e sono con te
Tutto non e perduto come un onda io odo il tuo cuore
Non mi lasciare nuda in riva al mare
Vedrai ripartiremo a folle velocità andremo dove non tramonta mai il sole.
La spiaggia dove si andava a fare il bagno con quella macchina mal ridotta era un luogo paradisiaco era un sogno di una sirena che dorme in riva al mare ove prendono vita dai suoi pensieri una serie di disegni una sorte che eleva la vita verso altre dimensioni e non c’era limiti per comprendere il caso e le lunghe corse fatte sul bagno asciuga dove milioni di bagnanti si azzuffavano per pochi metri di sabbia bagnata dal mare infestato di belle meduse
Uhm fatta a la
Chi se rubato o melone da sotto la sabbia
Giovanni avete visto a Peppino
Mo’ tu mi devi dire tutta a verità sul caso Scognamiglio
Io non so nuotare
Ecco scoperto l’arcano
Il colpevole potrebbe essere chiunque
Certo non è stata la signora che fa il bucato ad inquinare
Il mare questo mare inquinato pieno di liquami una cloaca a cielo aperto
Ieri è morto un gabbiano dopo essersi tuffato tra le onde
Avrà mangiato qualcosa
A rincorso un suo sogno
Avete chiamato Camillo
La banda era in trasferta
Ma che musica stasera
Sembra jazz
All’arenile
Tutti quanti in smoking
Ce Nerone e la sua band
Vedremo di approfondire il caso sembra che ci sia tra loro un noto assassino
E uno spacciatore di piccolo taglio
E no questo fa su serio vendo crack a buon mercato
Ha già fatto tre morti
Uno ieri se venuto a lamentare dal parroco della parrocchia vicina casa mia
Io non tollero ritardi
Ci mettiamo all’opera
Sembra che sia giunta l’ora
La macchina e pronta potete salire
Prego sì accomodi
Io non vengo
Oh perbacco perché mai
Sono incinta
Oh santo patrono donna rimanga a casa
C’è il questore a telefono
Che serata
Tutti pronti
Pronto mi dica
Allora capitano l’arrestiamo a questo corvo
Sara fatto signor questore
Me lo dice da tre mesi
Non si preoccupi e cosa fatta
Ieri il mio autista mi ha riferito che suo figlio ha comprato una bustina di crack a meta prezzo dico capitano a meta prezzo
Sara stato in vena di sconto
Queste minchiate non me le deve dire io voglio i fatti
Non si turbi domani sarà in galera

Ah vastità̀ di pini, rumore d'onde che si frangono, lento gioco di luci, campana solitaria,
crepuscolo che cade nei tuoi occhi, bambola chiocciola terrestre, in te la terra canta!
In te i fiumi cantano e in essi l'anima mia fugge come tu desideri e verso dove tu vorrai. Segnami la mia strada nel tuo arco di speranze e lancerò̀ in delirio il mio stormo di frecce.
Lascerò la scia dei miei sogni sul mare che giace nel palmo di mano di un dio morto da tempo.
E mi muovo verso l’infinito nel soffio di un vento che passa e non guarda in faccia nessuno scorre tra mani scivola nell’estasi di un estate dal ventre che pende nel vuoto della storia .
Perché́ tu mi oda le mie parole a volte si assottigliano
come le orme dei gabbiani sulle spiagge.
Io sono simile all’orme dei suoi passi sono simile al mito che genera il nuovo principio di un vivere che plasma il nostro essere in varie circostanze ne accarezza l’eternità la gioia di vivere una vita senza peccato e le mie illusioni sono soli obliqui sono tramonti sono il limite della mia conoscenza .
Ed anche se ho sbagliato cercato dentro di me una via sicura nella sera sotto le stelle sotto questo cielo colmo di piccole illusioni tra i fuochi fatui della mia adolescenza.
E le vedo lontane le mie parole.
Più̀ che mie esse son tue.
Si arrampicano sul mio vecchio dolore come l'edera.
E non mi do pace come l’èderà io sono il re di un mondo dimenticato sono quell’idea che assale e rimango fermo incredulo di come il dubbio possa essere un barlume di coscienza. Una giostra di cavallucci un ciuccio che raglia una donna che rutta, tutto è l’inizio di una fine forse la moglie è cosi ubriaca d’aver dimenticato dove ebbe inizio quel suo amore. Dove compro il crack per suo marito dopo aver scoperto l’arcano mistero dell’eterna giovinezza
E da ragazzi fumavano erba , cannoni fumosi , bevevano litri di acido lisergico ed avevano quelle gaie illusioni quelle amene visioni di mondi sovrumani . Ed il palazzo ove abitavano era sporco e colorato vi abitavano diverse extraterrestri alcuni emigrati dall’Africa alcuni da Sion altri dall’India. Era una bella casa ove abitavano il loro balcone s’affacciavo davanti al piccolo golfo e si poteva vedere le navi passare. Il mondo a quel tempo era diverso si cantava funicoli funicolari si cantava reginella lo vuol bene al suo re. Ed il mare era calmo a volte piatto forse come un bicchiere di vino si agitava nella pancia di chi lo beveva. Ed era forte e tenero come un fiume che scorre che scivola lento verso la foce. Ed il gabbiano dal becco a punta dalle ali bianche volava libero volava in compagnia dei suoi amici e non fumava erba mangiava pesce qualche alice del paese delle meraviglie, qualche sarda emigrata dai mari del Caspio. Ed il cielo era pulito come i suoi occhi . Ed il golfo era tutto un sogno fatto durante una notte d’amore una notte di passioni di teneri baci e carezze. Chini sul peccato la donna gusci di casa a comprare quella dose di crack per suo marito. Vestita di abiti colorati con un gran cappello in testa dietro grandi occhiali scuri con aria disinvolta cerco tra la gente la all’arenile tra balordi e cantanti tra donne cannone tra un ladro ed uno sfigato c’era lui il mitico spacciatore rideva e si grattava le ascelle si cercava di mimetizzare tra uno stupido sorriso ed una pistola all’ombra di una visione terrificante nel suono si una chitarra nel canto di chi morto da tempo canta le sue pene al mondo intero.
Ubriaca di trementina e di lunghi baci, guido il veliero delle rose, estivo, che volge verso la morte del giorno sottile, posato sulla solida frenesia marina.
Pallido e ormeggiato alla mia acqua famelica incrocio nell'acre odore del clima aperto, ancora vestito di grigio e di suoni amari, e di un cimiero triste di spuma abbandonata.
La vedo correre verso se stessa nel disperato bisogno di comprare quella dose di felicita per il suo uomo che dorme e si dispera nel talamo sporco di sperma nell’odore dei corpi nella notte che avvolge una leggenda una storia d’amore e di tenebre.


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