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Grande canto della Redenzione

di Mattia Tarantino
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Pubblicato il 25/07/2017 16:15:18

Eppure la memoria non trattenne

che l’immagine e la torre

nera, come nera

fu la fiamma rivelata:

 

cosa disciplina il verso? la distanza

antica da un’antica corruzione?

Fu la notte onnipotente a domandare

oltre la soglia del senario.

 

Il mio aborto è il mio profeta, non è altro

che la sillaba mai stata. Altrove

mi appartenne la vocale, quella prima

del giardino in cui a tutto diede nome

 

Adamo, stabilendo la misura

del medesimo e dell’altro.

 

Ma la stirpe

scorre nei letti del tradimento

Impervio è il passo dell’amore

sconfessa i cerimoniali della devozione

  

Nessun torace scalfì un cesello

nell’industria litica del tempo

se non per l’amaro zoccolo di Giuda

se non scuotendo i calzari

acerbi

d’eresia gramigna

dalle sacra ceneri della dimora dello stipite

 

Così, questa vicenda si fa tra i bardi

tenuta insieme con spago di fortuna

e viticci di nenie

aromatiche e rampicanti.

 

Solo l’ipogeo del sogno

dipana i mangroviali

sciogliendo la porpora aborigena

su rotoli di pergamene intraducibili:

 

qualora la tosse appassisse

i boschi d’Arcadia, diremmo

che il padre del padre del poeta

ha perduto il talento del seme.

 

Ma il corvo, il bisonte e l’ariete

nel misfatto la carne dell’astro

divorano, e no, non è scempio:

 

la luce di Sirio è la morte

del grano, è la fiamma

e l’olocausto romano.

 

Necem oviumcanorum

et maestum vinum habemus.

Clipei nobis, alalà!

 

Scongiuriamo la dozzina smaltata

l’Apollo svenduto all’ingrosso delle rune

Le transumanze celate dal drappo

belano l’alterne fortune del bivacco

 

Siedi presso la vora che conduce

l’acqua ai sotterranei del tufo miliare

Concedi l’inguine

al morso del ragno

che conosce i rari nomi del primitivo veleno

 

E cedi intatto

al dedalo storto del patto omeopatico

Ca ci nu trùei lu filu

ci nu trùei lu filu

alla taranta

alla taranta

alla taranta nu ci balla

 

e rideremo della colpa, quando

ordineremo la sillaba segreta

tra l’amore e la miseria, l’altro segno

a manifesto del mio angelo:

 

donatemi la danza, il flauto antico,

intonate la parola nella lingua

che è dell’Ellade e rivela

quel che ignora questo verso.

 

Dite: “non conobbe mai la neve,

e sia questo l’epicedio.

 

---

Gli autori di questo testo sono Mattia Tarantino e Luca Crastolla

 

 

 

 


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