Fermiamo tutto,
vogliamo scendere dal treno
che arranca, fermata dopo fermata,
arresto dopo arresto,
i binari non arrivano mai ad essere tangenti,
alloggiati, senza comodità, sul carrozzone
di un ente statale, di un’azienda multinazionale,
delle sedie di una riunione condominiale,
sul carrozzone di coda è meglio, dicono,
nel caso di incidente avremo la fortuna
incontrovertibile di defungere di morte cerebrale.
Fermiamo tutto,
vogliamo scendere dall’ottovolante,
che danza, e balla, e gira su se stesso,
mettendoci a testa sotto, e a culo in fuori,
lontani dal vincolo del riflusso delle liberalizzazioni,
libertà di uscire dal mercato del lavoro,
rifiutare corone d’alloro, ruttare a un concistoro,
contestando IVA, IMU, IRPEF, ILOR, TAV
Tavor e Serenase, assunti a urgente necessità
a ogni smania di steccar fuori dal coro.
Fermiamo tutto,
basta, stop,
ce lo chiede l’Unione Europea dagli angoli scuri d’un porno-shop,
ce lo chiedono milioni di barboni dalla società americana
lieti di accompagnarsi alle migliaia di nuovi soci della Caritas ambrosiana,
ce lo chiedono i docenti d’economia, i maestri di finanza,
disponibili a tradurre la disperazione della gente in ordinanza.
con l’obiettivo, finalmente, di delocalizzare dall’area ungherese
i centri di una grande industria, installandoli a Termini Imerese.
[Il Guastatore, 2012]