Chiuso fuori, a fior di metafora, dalla tua cella d'idee sofferenti, attaccato alle sbarre,
scuotendo col collo i nodi scorsoi delle catene d'oro
che insidiano i tuoi asfittici assedi alle città del sole,
nelle nottate innaffiate dalle lacrime d'un cielo steso ad essiccare,
vorrei esser te, Gramsci al contrario,
sorpreso chino sulle assi artiche d'uno scrittoio scalcinato
a recitare serenate contro i rosari di regime,
immerso nelle fauci delle tristezze a basso costo, renitente.
Fuori dalla cella, carcerato d'oneri sociali,
afflitto dalla soma di non esser nato bambino in bancarotta,
vorrei esser te, Gramsci al contrario,
vittima d'una mente indomita mai indotta a scendere a transazioni o transumanze,
senza dimenticar d'essere umano in un mondo d'uomini,
condannato all'ergastolo d'una esistenza spesa stando alla finestra.
Guardo nella tua cella sudicia, Gramsci al contrario,
e, attaccato alle sbarre,
ti chiedo di farmi entrare.
[Scarti di magazzino, 2013]
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