E adesso che sei nell’aria,
sui tetti stretti della tua città,
mischiata ad acini d’azoto,
non riesco a credere che ti arrivino i miei se,
a credere che ti arrivino i miei ma.
Canto doloroso disincanto,
dai baratri, vette d’abisso, delle coltri
di Dio, come usignolo nel
becco d’aquila di Pindaro,
mettendo a stento i buchi nei miei denti
allenati a morder cenere,
mettendo al bando i battiti lontani
del tuocardio.
Adesso che sei nell’aria, o in una tana
nella terra mesta, ch’è uguale,
amerò buco nell’ozono, inquinamento
atmosferico o della falda
acquifera, vermi, Sarcophagidae, batteri
autolisici, e non mi mancherà
coraggio di morire.
[Patroclo non deve morire, 2013]
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