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Ad inseguire il tempo - Mostra Galleria AQCF58

Comunicazione di Giorgio Mancinelli
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Pubblicato il 03/03/2011 16:57:23

AD INSEGUIRE IL VENTO
Mostra personale di Sara Spizzichino
Galleria AOCF58 - Roma
Dal 7 al 25 marzo 2011
Inaugurazione Lunedì 7 marzo alle ore 18.30
Via Flaminia, 58
www.stanzesimiliacedri.net

IL NERO FUMO E LE METAFORE DELL'ENTROPIA
Progetto a cura di Francesca Gallo

Ad inseguire il vento (2010) – lavoro che dà il titolo alla mostra personale di Sara Spizzichino – si compone di alcune grandi carte su cui l’artista ha eseguito una insolita forma di rilievo architettonico, basata non sulla visione ordinata e completa della geometria, né sulla fedeltà della ripresa fotografica, ma sul frammento catturato attraverso la tecnica del frottage. Sara Spizzichino (Roma 1980) è adusa all’irriverenza verso la grammatica del medium: ha piegato la fotografia a fini onirici negli scatti di Wonderland (2007), mentre in Recollecting Memories from Five Drawings (Museo di Roma in Trastevere, 2009) impiega il disegno quasi a fini documentari. In quest’ultima installazione, infatti, l’attraversamento di Roma alla ricerca della propria origine e identità è scandito dai frottage eseguiti in luoghi che hanno un valore particolare nella biografia dell’artista. Luoghi dove qualcosa è accaduto e che si sono fissati nel ricordo, cosicché la concrezione temporale si dipana nel percorso fisico nella città.

In Ad inseguire il vento, il frottage isola e decontestualizza alcuni particolari della struttura architettonica, trasformandoli in profili, campiture, forme in cui vuoti e pieni, chiari e scuri si alternano generando composizioni astratte. Si tratta di un modo di procedere che traduce il legame referenziale con la “realtà”, dal piano materiale a quello simbolico. Contemporaneamente, il frottage traspone la tridimensionalità in grafia sul foglio, e apre le forme a diverse suggestioni: fin dalla sua origine, infatti, tale tecnica è stata impiegata dagli artisti per appropriarsi di aspetti del reale, camuffandoli. La memoria corre al calco delle irregolarità delle venature del legno, delle tessiture delle stoffe o delle foglie, delle spigolosità dei manufatti metallici trasformati da Max Ernst – quasi un secolo fa – in cieli, colline, personaggi antropomorfi, concrezioni geologiche, orizzonti siderali o skyline metropolitani. Il gioco dell’artista surrealista si alimentava dell’imprevedibile associazione delle sporgenze e degli incavi degli oggetti su cui appoggiava la carta, alle aree segnate o ignorate dalla matita (o dal colore).

I frottage di Ad inseguire il vento sono stati realizzati all’interno di uno stabilimento industriale abbandonato: gli spazi funzionali, i percorsi pulsanti di lavoro meccanico e umano, le sale colme dell’assordante ritmo produttivo, i passaggi nevralgici delle varie fasi di lavorazione negli ambienti dedicati, le misurate aperture per la luce e l’aria, oggi, si possono solo immaginare, aggirandosi negli spettrali ambienti di un rudere che assomiglia da vicino al monumento alle forze migliori del genere umano. Architettura, ingegneria, chimica, ricerca scientifica, dedizione e audacia imprenditoriale, sacrificio e sfruttamento, quelle dinastie operaie – cioè «l’orgoglio di chi si guadagna la vita esponendo ogni giorno il proprio torace alle temperature dell’altoforno; l’etica del lavoro» nelle pagine eroiche e lucide che Ermanno Rea ha dedicato alla Dismissione delle acciaierie Ilva di Bagnoli – che hanno contribuito alla crescita di un esemplare industriale, emblema di quell’Italia produttiva, oggi minoritaria o addirittura in via di estinzione, complice la terziarizzazione, la delocalizzazione favorita dalla concorrenza globale e, da ultimo, la crisi finanziaria.
A questo stato di “rovina” allude il titolo di quest’opera, che si sostanzia di una visione escatologica – propria dell’autrice – in cui la vanità del destino umano è racchiusa nell’immagine della polvere, appunto. Così il carboncino dei frottage è metafora dell’entropia complessiva che rende inutile qualsiasi sforzo, che attrae sogni e utopie, costruzioni e progetti, che travolge destini singoli e collettivi. Ma, la polvere (di carbone) allude anche ai fumi industriali così come ai gas di scarico: alla fase costruttiva come a quella distruttiva, al momento della produzione, tanto quanto al residuo inutile o dannoso, inutile e dannoso.

Come altri materiali, anche la polvere di carbone è costantemente associata al proprio colore, si identifica con esso fino a diventare l’una sinonimo dell’altro, nella pratica artistica. Il frottage però presenta lo scenario desolato sotto una luce insolita, osservato da un diverso punto di vista, in base al quale dalla cenere si rinasce, dalle rovine si ricostruisce. Nel caso di Ad inseguire il vento, la ricostruzione è di natura simbolica: si tratta della nascita di forme nuove, sebbene embrionali. L’idea del lacerto è evocata – oltre che dalla frammentarietà dei profili – sia dall’accenno di serialità contenuto nelle grandi carte in mostra, una serialità tuttavia incompleta; sia dalla scelta di lasciare fluttuare i fogli liberi nello spazio bianco della parete, senza una logica apparente, ma piuttosto per sollecitare un’integrazione impossibile da parte del pubblico.

Venato di nichilismo, il lavoro di Sara Spizzichino impone una riflessione sul tempo, nella forma quasi tradizionale del memento mori.

Francesca Gallo

Roma, febbraio 2011

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