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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

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La sindrome di Proust, estratto dal romanzo di A. Venuto

di alessandro venuto
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Pubblicato il 07/03/2022 09:37:17

«Conosce Proust, professore?»
«Non di persona» rispose Aurelio, cercando di smorzare la propria tensione. L’uomo scoppiò a ridere mentre posizionava la sedia a rotelle vicino al tavolo dei liquori.
«Molto divertente, davvero. La prego, si sieda qui sul divano. Che cosa beve? Scotch?»
Adesso sì che la cosa si faceva interessante, si disse Aurelio mentre si avvicinava e prendeva posto. L’uomo pensò per qualche istante, soppesando le bottiglie con lo sguardo, sembrò risolversi, ne scelse una, svitò il tappo, prese un bicchiere di cristallo che riempì per metà con del liquido ambrato e lo passò ad Aurelio prima di riempirsene uno per sé.
«Lo provi, è eccellente: me lo spediscono ogni anno da Edimburgo. C’è mai stato? Pensi che ogni volta che ci vado alloggio nello stesso quartiere dove Sean Connery da bambino vendeva il latte. Mi dirà lei, assaggi.»
L’uomo chiuse gli occhi, prese una sorsata di scotch e se la gustò a lungo in bocca prima di fissare su Aurelio uno sguardo acuto.
«Giovanni Macchia scrive che può apparire strano che un’opera come la Recherche, in cui la volontà umana ha avuto una delle esaltazioni più imponenti, frutto di una decisione tenace, continua, sostenuta per anni e anni contro il dolore, sia stata scritta da un malato. Eppure, Proust sosteneva che noi malati, nel suo caso i malati di nervi, siamo il sale della terra. È raro, scrive Proust, che le grandi malattie non alberghino a lungo nel malato prima di ucciderlo e che non si facciano conoscere da lui, una conoscenza terribile non tanto per le sofferenze che causano quanto per le restrizioni definitive che impongono alla vita. Per un uomo nella mia condizione, uno scrittore come Proust è di un’importanza inesauribile. Come un buon liquore, dopotutto. Entrambi lasciano un aroma che… ma senta da sé il gusto dello scotch, lo assaggi, lo assapori. Che emozioni prova? Magari un ricordo? Non ci sente la Scozia dentro?»
Aurelio se ne restava fermo col suo bicchiere in mano: forse era un test, come nel Kgb. Prima lo facevano ubriacare, e poi… no, non aveva senso, il suo ospite stava bevendo per primo e di gusto e non sembrava Ivan Drago.
«Non mi segue, vero? Già. Non tutti capiscono. Vede, quando leggo la Recherche, provo tutto quello che potrebbe mancarmi nella mia situazione, capisce? Il gusto dà adito a sensazioni, un rumore a ricordi, la musica si fonde con le immagini che si fanno metafore e la Bellezza che viene inseguita e appena intuita in quelle pagine stordisce, mi crede? Mi sembra di vivere una vita normale, ecco.»
Gli occhi azzurri erano adesso accesi di una luce diversa, quasi ispirata.
«Le faccio capire cosa intendo, ascolti.»
L’uomo estrasse da una tasca laterale della sedia un libriccino, lo aprì, fece scorrere alcune pagine poi, dopo aver trovato un punto preciso, si schiarì la voce e prese a leggere:
“Qualche goccia di pioggia cade senza rumore sull’acqua antica ma, nella sua divina infanzia, rimasta sempre color del tempo, perennemente dimentica delle immagini delle nubi e dei fiori. E dopo che i gerani, intensificando il contrasto dei loro colori, hanno inutilmente lottato contro il crepuscolo oscurato, una bruma viene…”
Se potessi mi alzerei in piedi a declamare; suppongo mi perdonerà se non posso. Senta il resto.
“Una bruma viene, dicevo, ad avvolgere l’isola che s’addormenta: si passeggia nell’umida oscurità lungo la riva dove tutt’al più, il passaggio silenzioso di un cigno ci stupisce come in un letto notturno gli occhi spalancati e il sorriso di un bambino.”
Aurelio fissava il suo ospite senza capire dove volesse andare a parare: era venuto per una missione o per una lezione di letteratura francese?
«Non può sapere quante volte me ne resto così, immobile, a gustare a occhi chiusi le parole che ho appena letto. Come questo scotch, d’altronde. La Recherche è come un viaggio nella realtà aumentata; del resto, come scrisse Marcel ne I Guermantes, ogni uomo è figlio della propria idea.
Ma lei non ha ancora bevuto, non è cortese.»
Aurelio si sentì quasi obbligato a bere e portò il bicchiere alle labbra, prese un sorso con sufficienza ma nulla lo aveva preparato all’esplosione di gusto che gli invase prima il palato e poi la gola, scendendo piano nello stomaco in un canto di angeli.
«È eccellente» disse al suo ospite che si accese in un sorriso gioviale. Adesso sì che sentiva qualcosa: il desiderio di portarsi via la bottiglia.
«Lo sapevo. Nessuna gioia è tale se non la si condivide. A proposito, sono il dottor Revelli. Molto lieto. Mi dispiace solo di doverla incontrare in circostanze poco piacevoli, oserei dire drammatiche; spero solo di essere riuscito a metterla a suo agio. In effetti, questo lungo preambolo serviva anche a me. Sono tempi dal cielo chiuso, professore.»
Gli occhi di Revelli si fecero improvvisamente seri.
«Voglio sperare che sia stato informato del livello di sicurezza nel quale questa conversazione avrà luogo e che richiede, quindi, una segretezza di massima priorità. Bene. Va da sé che lei non è mai stato qui e noi non ci siamo mai parlati.»
Il tono di voce si era fatto del tutto impersonale, asettico, e il poeta vagamente strambo aveva lasciato il posto, in un battito di ciglia, a un funzionario capace nel pieno delle sue funzioni.
«Il mio lavoro di funzionario governativo di alto livello fa sì che io mi interfacci costantemente con i Servizi segreti italiani, così come con quelli di altri Paesi del mondo e ho spesso collaborato con un nostro contatto comune. Ora, quando tale contatto, sa di chi parlo, ha compreso la portata e la natura del lavoro da svolgere, mi ha fatto il suo nome. Coincidenza fortunata, il fatto che lei fosse già in Svizzera e per di più a Ginevra. Se lei non fosse stato qui, avrei dovuto mandarle un elicottero.»
Aurelio prese un secondo sorso di scotch, curioso di sentire il resto tanto quanto era desideroso di andare via, finire la propria vacanza con Sophia e tornare in Italia. Aveva una strana sensazione e non gli piaceva. Buttava male. Per lui, di sicuro.
«Lasci che arrivi dritto al punto, vedremo il resto dopo. Circa un’ora fa, abbiamo saputo che un prete è stato investito e ucciso da un’auto pirata non molto lontano dal Santuario di Santa Maria Maddalena nel Bosco nei pressi di Taggia, a pochi chilometri dalla Valle Argentina dalla quale, se non erro, lei proviene. Il corpo del religioso, nudo e privo di vita, è stato ritrovato sulla strada da un automobilista di passaggio.»
Sentendo il nome della sua valle, lontana chilometri e millenni da lì, Aurelio sgranò gli occhi per un attimo, come se Revelli avesse fatto quello di sua madre, prima di chiedersi come la morte di un prete nudo potesse mai riguardarlo al di là della mera questione geografica.
«Immagino che si stia chiedendo che cosa ha a che fare questo fatto con lei e con l’ONU. Prima di risponderle, però, mi permetta di aggiungere un’informazione. Ecco chi è il prete che hanno ucciso.»
Il funzionario prese il proprio cellulare, lo sbloccò con il riconoscimento facciale e digitò qualcosa prima di girare lo schermo verso Aurelio.
Adesso sì, che aveva tutta l’attenzione del professor Armato: l’uomo che sorrideva nella foto, in piedi davanti a una vecchia chiesa, era Revelli in persona.

LA SINDROME DI PROUST, DI ALESSANDRO VENUTO
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