Era il mattino dell’Annunciazione. Le campane suonavano l’Angelus e il paese era immerso in quella luce sospesa che non appartiene né all’inverno né alla primavera.
Dall’alto del campanile, una rondine fendette l’aria, descrivendo cerchi perfetti come un calligrafo che traccia lettere sul cielo. Si posò sul filo tra due case, e nei suoi occhi brillava un sapere antico.
“Una rondine mi ha detto”: così prese forma, nella mia mente, un racconto che sembrava dettato dal vento.
Parlava del suo viaggio lungo migliaia di chilometri. “Non è solo istinto” — disse — “è memoria. La mia rotta è scritta non nelle stelle, ma nel cuore. Torno sempre nello stesso luogo, come l’anima che, dopo il tempo e la prova, cerca il Cielo da cui venne.”
Nel Medioevo, ricordava, le rondini erano viste come segni di Resurrezione. Beda il Venerabile, in un commento pasquale, annotò: “Come la rondine torna a primavera, così il Cristo torna dai morti”. Nei codici miniati, i monaci le disegnavano tra fiori e croci, ai margini dei salteri, come promemoria di speranza.
Nella letteratura antica, continuò, Virgilio, nelle Georgiche (IV, 307-310), lodava la “parva hirundo” che annuncia la bella stagione. Ovidio, nelle Metamorfosi (VI, 424-674), raccontava di Filomela, trasformata in rondine dopo atroci vicende, come simbolo di sopravvivenza e di metamorfosi redentrice.
Petrarca, nei Rerum vulgarium fragmenta (CCLXVII), evocava il ritorno dell’amata insieme alle rondini di primavera, e Pascoli, in Il gelsomino notturno, vedeva nelle rondini “lampi d’ali nere” che portano con sé il profumo dell’infanzia e delle stagioni felici.
Poi mi parlò di un’antica leggenda popolare: durante la fuga in Egitto, una rondine avrebbe svolazzato davanti alla Sacra Famiglia per confondere i soldati di Erode e indicare la strada sicura. Da allora, in molti villaggi mediterranei, è chiamata “l’uccello della Madonna” e nessuno osa toccare il suo nido.
“Il mio nido” — aggiunse — “è un altare povero. È fatto di fango e paglia, eppure resiste alle intemperie. Come la fede, che sopravvive non per la sua ricchezza, ma per la sua tenacia.”
E citò, quasi senza che capissi come potesse farlo, un versetto del Cantico dei Cantici (2,12): “Appaiono i fiori sulla terra, il tempo del canto è tornato, e la voce della rondine si ode nella nostra terra.”
Mi guardò ancora, con un lampo scuro negli occhi:
“Noi rondini siamo messaggere di primavera, sì… ma la nostra primavera non è solo quella dei campi. È il ritorno, la certezza che il viaggio ha sempre una casa alla fine. Chi ama, torna. Chi spera, vola.”
Poi, con un battito rapido d’ali, sfiorò la croce in ferro del campanile. Il sole illuminò per un attimo il suo piumaggio, e in quell’istante compresi: il suo volo era una parabola. Partire, affrontare il mare e il deserto, e infine tornare al punto da cui tutto era iniziato.
Quando scomparve oltre l’orizzonte, restò in me la sua ultima frase, chiara come un salmo:
“Quando il cuore è fedele, anche il cielo diventa una strada di casa.”
E da allora, ogni volta che vedo una rondine sfrecciare in primavera, non guardo soltanto un uccello.
Ascolto.
I testi, le immagini o i video pubblicati in questa pagina, laddove non facciano parte dei contenuti o del layout grafico gestiti direttamente da LaRecherche.it, sono da considerarsi pubblicati direttamente dall'autore Arcangelo Galante, dunque senza un filtro diretto della Redazione, che comunque esercita un controllo, ma qualcosa può sfuggire, pertanto, qualora si ravvisassero attribuzioni non corrette di Opere o violazioni del diritto d'autore si invita a contattare direttamente la Redazione a questa e-mail: redazione@larecherche.it, indicando chiaramente la questione e riportando il collegamento a questa medesima pagina. Si ringrazia per la collaborazione.
