Incontrarmi, in questo spazio,
tra croste di luce di lampadari spenti,
arrugginiti come stanche rotaie,
mentre il serpente dell'impaurito dolore
lacera la gola.
C'è puzzo di carogne,
onnipresenti spettri ebbri
inumidiscono di bile
i pavimenti, scuri
come mosaici scollati.
Il calore è un forno elettrico.
Sagome di gesso e tufo, stanno
appollaiate sulla cassetta dei risparmi.
Sulle assi portanti del dolore,
onnipresente come un ragno
attaccato al mio sesso di bambino-nato-femmina,
memorie fatte a pezzi,
scollate come vecchie fotografie,
trasudano inquietanti requiem.
Il vuoto mi mangia da dentro
come un feto maledetto,
ripetendo voci scollegate
da un telefono rotto.
Solo una libellula, blu
salta nel buio.
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