La scimmia è muta
dentro al suo zoo triste
“Ridi, pagliaccio”.
I denti te li ha fatti mammà,
nel calderone del brodo riscaldato
con le ossa già piene di bugie.
Ridi col tuo abbeceddario
di lettere spaiate
che educò i padri
a crocifiggere l’amore.
Ho ancora il tarassaco
e la calendula, quella
che presi e di cui ti dissi
“usala per consolare il cuore”.
Ma tu battesti i piattini
per lo spettacolo delle anatre tristi,
le anatre appiccicose, senz’ali,
che insozzano i prati
che insozzano tutto.
Ed io dopo di te
pensai alla specie homo inutilis
come all’unica specie
che non avrei mai più voluto incontrare.
Ora sono un cavallo giallo,
un’amazzone floreale;
nella mia isola cresce un piccolo angelo
biondo
che estrae ogni giorno,
dalle ferite sepolte
oro, oro, oro
con le sue piccole mani
d’oro…
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