Il suo silenzio è lama;
‘zitta, scema’ dice.
Scema perché sai,
sai più di me
che non so soffrire
non so amare
non so vivere,
che urlo se dalla doccia
scende acqua fredda.
Ma tu come fai?
Oh sì, tu, dannatamente bella,
che ridi anche tra le lacrime!
Perciò zitta,
ti metto in un angolo,
ti tradisco,
così il mio puzzo di verme
svapora nella rabbia
col senso di me,
dannato senso di me!
Ho i muscoli,
me li sono fatti in palestra
mentre mi scopavo le altre,
ma quando la notte mi piscio sotto
e non dormo
perché il buio mi spaventa
come ai bambini
io ti chiamo
io ti cerco
io ti voglio,
perché tu sei la più perfetta
tra le madonne;
culla di carne
di cannella infinita.
Non hai bisogno di me
e lo so.
Perciò domani ti ignorerò,
della nostra notte mi dimenticherò
e tu resterai appiccicata a questo ragno
coi tuoi capelli di luce
ridotti a tentacoli da sopravvissuta.
E non guardarmi così,
perché mi scavi dentro,
fin dentro le tarme
della mia assoluta inutilità
ed io ti odio,
ti odio così tanto
che quasi ti uccido,
perché tu tutto vedi di me
e tutto sai
e sei potente come l’amore
che io non posso tentare,
perchè non ho il coraggio!
E allora ti uccido,
perché così non mi vedo,
perché non mi riesco
nemmeno ad impiccare!
Dio quanto sei bella,
dio quanto sei bella;
ma ora il terreno sta crollando
sotto ai miei piedi.
La luna è già alta,
dio padre si sta sgretolando
tra i pulpiti, le porpore macchiate e gli obelischi
ed io devo scappare,
più presto,
più veloce,
lontano da me,
più lontano,
come corrono i pazzi
che non sanno dove andare,
come corrono quelli
che non sanno amare.
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