Non so cosa andò storto;
il latte acido o mi prese
lo stomaco
e affondai come un motore
arrugginito,
a precipizio da un terreno fradicio
come un velluto sfondato.
Fuori, gocce di neve,
germogli marciti su scogli
aguzzi come la noia
o la fame insaziata
potente come un drago
che brucia i paesaggi.
La regina delle nevi
aveva artigli e faccia viola
quando il suo sangue imbrattò
le lenzuola martoriate,
come in un duello.
Oh regina, regina!!!
Caddi da lei come una bambola
rotta,
donna già fatta all'ombra dei teschi
di sogni spezzati,
profondi come le tombe
dei figli senza nome.
Mi sdoppiai su un lido di dolore;
con spietata chirurgia estirpai
un cadavere di donna
dal mio io spellato come i rovi d'inverno.
Fui l'avatar e il suo contrario,
il forcipe e la chiave nascosta
in qualche limbo intatto.
Lontana, la regina,
nelle sue guglie di ghiaccio;
senza neanche sangue
per spostare una nuvola.
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