Ti ho scoperta seduta su uno scoglio,
immagine di momenti andati,
a cercare di dominare le onde con la forza della brezza,
a muovere il rollio sereno delle barche,
l’ammaraggio delle anatre selvatiche,
tendendo mani esili, e un fazzoletto,
ad ogni starnutir dell’universo.
Io ero lì, con te, dall’altro lato d’un video,
senza riuscire a dir niente,
frastornato dalla timidezza e dal ricordo,
e ho saldato il mio tributo versando sangue dai ventricoli,
stingendo di rosso il rosso della ruggine
su musi duri, d’acciaio.
M’hai ricordato di non riuscire a scrivere,
di non riuscire a cantare,
abbacinato dall’oblio di giornate trascorse invano
a maneggiar turiboli,
ad accettare d’essere storico
senza mai avere una storia seria
da raccontare lontano dalla sofferenza,
smentendo ogni mia autobiografia,
smettendo ogni ritratto di me.
E tu, seduta su uno scoglio, fermi i venti con le dita,
chiami la neve, domatrice di fiocchi biancastri emessi dalle ciminiere,
racconti ai granelli di sabbia dei tuoi alibi, delle tue tisane,
ammansisci la bestia azzurra che vola nei miei surreni,
aiutandomi a dimenticare, ricordando,
e a ricordare, dimentico di tutto.
[Il Guastatore, 2012]
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