Fuori il cielo è freddo,
il battito della stanza raggela
e tu, che spargesti il tuo nome
come un seme,
m'insemini con lo stesso vuoto
che sposta le nuvole.
Provo a fissarti in un'immagine,
accanto a un camino acceso,
ma, presto, m'atterrisce il panico
della conchiglia graffiata
nell'eterna sonnolenza del verbo.
Alzati! Risorgi! grido,
ma le falci sono sulla soglia,
con le lame e il sangue d'ecatombe
di chi non seppe dare nome al risveglio.
Ed io dovrei farti una cornice,
tingerti la bocca col fuoco,
ma liscia, liscia è la parete,
ancora umida di troppo pianto.
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