Ti includo,
slegandoti dalla caverna
in cui decidesti di abitare,
lontano della mia musica.
Includo il silenzio
che fora i passi per le vie deserte,
l'occhio cieco per la stanchezza
delle cose note e raggelate.
Includo la tua voce dissonante,
la catena che mi tenne lontana
dalla tua carne, che pure era la mia.
Includo gli sproni nel costato
delle mie scarse origini,
il rubinetto che gocciola
anche in estate
la nenia rafferma dei monolocali
dove vinse l'inganno del tempo.
Includo la prigione che mi tenne
inchiodata al buon senso
tra la fanfara delle morali
quel mio passo che volle
ma non seppe essere ab yoi,
sconfitto dalla polvere
di una resistenza invisibile
portata come medaglia
col superbo orgoglio
che pure era
la fiamma della mia passione,
essoterica forma che sfugge
le adunanze.
E così includo le mie dita
rimaste sulla porta
nella corsia della storia
che muore senza storia
e cade e dimentica e
risorge di sconfitte.
E includo i soli acerbi,
le nuvole avare su cieli
di piombo
e questa vertigine
che mi scoppia le vene
e inventa paesaggi inesistenti
dove la mente s'inebria
come su una giostra.
E includo gli istanti, tutti,
le compassioni celate
quando il petalo muove un grido
nella foresteria del mondo
e il silenzio si veste
come un mantello di lana.
Includo chi non risuonò
(e pochi risuonarono)
con le impronte del mio spirito,
chi rimase appeso
a una parola non detta
chi restò,
invece di andare
e chi fuggì,
invece di restare
e lasciò calici di vino versato
di ogni Cristo sull'altare.
E infine includo
la noia e l'insipienza,
i sogni bucati come palloncini
sullo strappo dell'innocenza
perchè fu la follia
a regalarmi un occhio diverso
e se la carne si strappa e urla
le sue lamentazioni
un gobbo, insolente,
mischia senso e controsenso
e mi regala la luce
che tu non riesci a vedere.
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