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La signora gialla, racconto

di Annalisa Scialpi
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Pubblicato il 08/10/2025 20:09:28

 

 

Osservo la signora gialla come si osserverebbe una meteora precipitata in un bar. Ma, dopo la prima impressione, eccola: vecchia, gialla, appunto, eppure... No, non posso dire che è piacente. Ha gambe lunghe, caviglie strette, eppure...E' vecchia! Sento di odiarla. Forse è il giallo del cappotto, dei capelli. Lo trovo intrusivo. Ha un effetto alcalinizzante nell'acido della bile al cui habitat corrosivo sono abituato da un pezzo. La osservo mentre estrae una sigaretta dal pacchetto sul tavolino (le gambe sempre allungate stile soubrette). La cameriera grassottella le invia una di quelle occhiate che qui al sud significano: ti anatomizzo. Oh, so che non esiste un termine del genere, ma voi immaginate... Immaginte la ferocia. Datele un volto che non è quello dei leoni con le criniere fluenti e la postura composta dei documentari. Ok, non avete immaginazione... Allora visualizzate un semplice, diciamo così, assassino. Uno sguardo che taglia, taglia, dal regno delle infinite immagini e delle altrettanto infinite sfumature tutto ciò che si può tagliare fino ad arrivare alla causa effetto che, normalmente, univocamente, ha una radice paraonide. Ma ora non voglio schernire il lato bovino dei mei paesani.

La mia attrazione è lei. Gioca con un barboncino di una donna che le siede di fronte in mise sportiva e quella la guarda negli occhi, finge che la signora giallo banana abbia qualcosa di interessante da dire. Lo trovo fantascientifico. Mi schermisco dallo sguardo della cameriera che nasconde le chiappe enormi dietro un grembiule bordeau, annodato fino a non lasciare nemmeno uno spiraglio... Di chiappa.

Vorrei avvicinarmi alla signora, ma sento che non c'è bisogno. So già come andrà a finire (o a inziare, ma che importanza ha?). Lei mi guarderà con occhi di vetro (starò attento che non cadano) sorriderà un pochino con la sua boccuccia color pesco, lasciando appena intravedere una grinza sull'orlo del labbro sinistro. O forse no. Non si toglierà gli occhiali da sole vintage stile Merylin Monroe. Dondolerà, in avanti e indietro. Non risponderà alla mia richiesta... Di che? Allora io le dirò: cara signora, lei è disperata perchè è vecchia e non creda che io sia un misogino. Io adoro profondamente le donne e le amo a tal punto che adoro tutta la loro meravigliosa, oscura, follia. Per questo la denuncerò. Perchè il suo cappotto giallo è una pernacchia alla vita, la vita vera che non è così... Sgargiante, ma ha i toni del fango... E lei quanti topi morti ha nelle sue cantine? Quante volte è scivolata con i suoi tacchetti nella melma? Quanti miserabili mea culpa ammuffiti nel fiume di fango che scorre liscio e trascina le foglie secche che lei non vede... Oh, andiamo! E la smetta di sorridere, di dondolare, di esibire le gambe!

Mi sono calato troppo nella scena. Forse per colpa della mia ipereccitabile immaginazione e del mio vizio da voyeur... Ma la donna si alza, viene verso me. E senza vedermi, mi versa in testa un bricco di latte. Mi dice: lei è pazzo. Poi chiede alla cameriera culona di chiamare i carabinieri, mentre il suo giallo... Mi uccide. Sento la testa umida, poi guardò sul pavimento lindo, lindo, lindo, la chiazza di latte allargarsi, sempre più, bianca come il bancone del bar, come il lampadario, come le facce che mi osservano, come il barboncino.

Sento che sto per morire dall'imbarazzo e dalla vergogna ma, improvvisamente, traggo un respiro di sollievo. La signora in giallo, il bricco, il bancone bianco, il lampadario, il barboncino, il bar non sono mai esistiti. E rido. Rido come un matto.


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