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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

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Batti cinque Dottor Pesce

Argomento: Letteratura

di Fabrizio Oddi
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Pubblicato il 18/12/2021 13:50:40

Batti cinque Dottor Pesce  

 

Me so’ proprio superato ma il libro dentro è scritto grande  

 

Paolo “Pesce” Nanna, anno 1965, romano del quartiere di Centocelle, amante del calcetto e del Brasile, componente del mitico gruppo C.C.C.P. (Cento Celle Comedy Party), dopo il licenziamento dall’azienda ove lavorava, si scopre, o meglio si “riscopre”, ma stavolta di professione, comico.

 

Esordisce nello scrivere le sue storie, tratte e trasfuse dai suoi innumerevoli spettacoli, spesso accompagnato dal suo amico comico Stefano Vigilante e sempre dalla sua compagna di vita, Marena, con il libro (del 2007 “autoprodotto”) Me so’ proprio superato 40 storie brevi (6 per la questura …). I nipoti infatti ogni volta, immancabilmente, ripetono “Ti sei proprio superato” agli inevitabili scherzi dello zio, come apprendiamo dallo stesso Paolo “Pesce” (Introduzione – e ringraziamenti, pag. 12).

 

Ma perché “Pesce”? vi chiederete: “è un mistero che non si riesce proprio a scoprire, non si hanno notizie certe (Sudorazione, pag.13).

 

Comunque con questa prima prova “Pesce” già si è “superato”: con le sue storie brevi “frammenti, esperienze e spaccati di vita reale” (Introduzione – e ringraziamenti, pag. 11): dialoghi di cantastorie, con tanto di “coro” (dello stesso autore, come evidenzia nella Prefazione, Marina Spadaro, pag. 6).

 

Solo nell’ultima storia, brevissima, l’autore dismette, per un attimo, la sua comicità, pur disincantata, i suoi racconti briosi e accattivanti, Genova 2001: una storia che rimarrà sempre, ricolma di tristezza nel cuore di ognuno di noi.

 

Ma il nostro “raccontatore di storie, comico, scrittore, autore”, con la sua umanità scanzonata ma sottile, dopo il primo successo, va ancora “in rete” con il successivo libro (del maggio 2019, per la Cut-Up Publishing), Tranquilli il libro dentro è scritto grande, ove le sue irresistibile storie si snodano stavolta attraverso lo scorrere dei mesi, sempre annunciati con quattro “versi” la cui fonte e spiegazione viene poi svelata al lettore a conclusione di ogni “capitolo”.

 

Da gennaio a dicembre, scorre veloce la lettura, tra una risata (e pure una riflessione) e un’altra, ma anche con “Il mese in più” dell’ultimo capitolo, perché “Di questi mesi umanizzati non ci si può più fidare” (Il mese in più, pag. 63).

 

La tappa finale di questo avvincente percorso è dedicata all’indimenticabile Edmondo Bernacca (5.9.1914 - 15.9.1993), noto come il “colonnello Bernacca” (rivestendo prima il grado di tenente colonnello, ma poi promosso colonnello e in seguito generale dell’Aeronautica militare) per il programma di meteorologo da lui condotto dalla metà degli anni sessanta. Quell’ “uomo elegante” che un po’ di tempo fa (come ricordano “i più giovani”) sui nostri schermi “con la sua bacchetta di legno riusciva a rapirti il cuore, con il suo linguaggio chiaro e comprensibile riusciva a spiegarti anche le cose più difficili, tipo i millibar o le isobare” (pag. 167).

Emblematico, irrefrenabile, tra gli altri, nel mese di giugno, l’ormai memorabile (e ripetuto spesso negli spettacoli del “Pesce”) il racconto de Il popolo del secolo scorso, ambientato in quel di Via Castelforte 4 (una traversa di Via Olevano Romano, di fronte a Villa Gordiani), ove il comico in modo rocambolesco parla delle sue incredibili impressioni al “Piccolo Teatro della Parola”, fonte di iniziative culturali e del Laboratorio di lettura e scrittura poetica diretto dal poeta Giuseppe Spinillo:

 

“Da una scritta sulla parete intuisco che la sala grande è anche chiamata Il Piccolo Teatro della Parola e un uomo, che vuole rimanere anonimo, Fabrizio Oddi, mi dice che qua dentro si suona musica dal vivo, che quelle ciotole si chiamano campane tibetane, che qui sotto si narrano storie e c’è addirittura un laboratorio di lettura poetica, e tutto questo viene fatto senza essere ripresi da nessuna telecamera, non viene trasmesso in tv, non c’è una giuria, non ci sono big, non c’è una gara, nessuno vince niente, nessuno viene eliminato, nessuno vota da casa, non ci sono interruzioni pubblicitarie e nessuno diventa famoso, ma allora mi domando, ma perché lo fanno? Lo devo scoprire.

 

Nel frattempo vengo affiancato da una persona un po’ scapigliata e con lo sguardo sognante, mi offre un bicchiere di vino, lo prendo, lo ringrazio, mi andava proprio, ho la gola secca e sto per buttarlo giù tutto di un fiato, quando mi dice:

“Ma fermati, non lo fare, e piano, che poi ci rimane male ... […] il vino, e non gli stare con il fiato sul collo […] Aldo dice 26 x 1.

 

“26.” rispondo. “Aldo dice 26 x 1.” “26.” “Aldo dice 26 x 1… […] Mentre sto contando con le dita, lo scapigliato con lo sguardo sognante continua con il suo mantra”

 

(pagg. 84-85: il verso Aldo dice 26x1 è nella poesia Appunto 3 - Tutti o nessuno di Giuseppe Spinillo, che troveremo per intero riportata, a pagg. 228-229, nell’ultimo libro del “Pesce”, di cui ora parleremo: v.la raccolta poetica “Aldo dice 26x1” Appunti di un viaggio 2011-2017. La grande fuga” del 2017).

 

Batti cinque Dottor Pesce

 

È difficile definire il 3° libro di Paolo “Pesce” Nanna: un libro comico? un romanzo? un racconto autobiografico o (che dir si voglia) diario? un resoconto delle trasmissioni andate in onda su facebook (anche grazie a piattaforme arditamente sperimentate dall’autore) dal 6 marzo 2020? una raccolta di poesie? una raccolta di testi musicali? un viaggio nel mondo dell’arte, della musica, dei sentimenti?

 

Ogni definizione sarebbe infatti riduttiva, perché è tutto questo e altro ancora, 391 pagine di un caleidoscopio, multiforme, poliedrico, vario, coinvolgente ed esilarante.

 

Il Titolo Del Libro

 

“La forma è sostanza” mi disse una volta in un colloquio il compianto don Giancarlo, illustre Professore dell’Università Cattolica Gregoriana (e di altre Università Cattoliche), sacerdote e carissimo amico della parrocchia della mia infanzia, adolescenza, maturità, San Leone I al Prenestino, e ciò si conferma nel titolo del libro di “Pesce” Nanna.

 

Batti il 5: A partire dalla Diretta n. 1: “Quando mancava poco alla fine della primissima diretta, il Dottor Pesce urlò: “Datemi il cinque!” Inviando un messaggio forte e chiaro, la distanza era fisica e non sociale. Da allora il cinque a mano aperta diventò un must, non si sarebbe più conclusa una diretta senza battere il cinque. Mai più. / Batti 5 Dottor Pesce.” (pag. 34, Diretta 1).

 

Dottor Pesce: “A un tratto mi venne un’idea. Inventare un personaggio che non avesse nessun merito e nessuna competenza per poter parlare del coronavirus, come la maggior parte di quelli che ascoltavo, ma anche di creare qualcosa per poter resistere alla solitudine e alla depressione che stava per piombarci addosso. Fu così che nacque il Dottor Pesce, tecnico industriale delle arti grafiche della scuola professionale Panfilo Castaldi di Casal Bruciato [nonché ‘anche altre mille cose, ma soprattutto un infettologo, che sono pochissimi al contrario degli infettivologi che sono invece tanti e inflazionati.’ (pag. 55, Diretta 22)].

Che poi non avevo detto bugie, mi ero aggiunto solo Dottore e avevo leggermente modificato la dicitura originale della mia ex scuola che era: L’IPSIA Panfilo Castaldi, Istituto Professionale di Stato per l’Industria e l’Artigianato, ma tutto il resto era vero.

 

Ma importava a qualcuno il vero e il falso?

 

Finalmente anche il Dottor Pesce poteva essere libero di esprimere la sua opinione.

Era facile, il meccanismo era collaudato” (Prologo, pagg. 30-31).

 

“Era una prova. Serviva a distrarmi dal pensiero fisso del virus, una tregua, un attimo di respiro, ma non avevo una minima idea di cosa volessi dire o fare.

Io e il Dottor Pesce eravamo i primi a tentare di fare qualcosa, non esisteva niente oltre al nulla.

 

Il Dottor Pesce si presentò con il suo barbone nato e cresciuto durante la sua prima quarantena, ma era ancora un avannotto. Esordì, o esordii io, ancora adesso non so chi fosse il Dottor Pesce e chi Paolo Pesce Nanna e questo disturbo dissociativo dell’identità me lo porterò appresso per tutto il libro. Comunque esordimmo dando delle indicazioni, dei piccoli consigli sul come lavarsi le mani, le ascelle, i piedi, i capelli per la prima volta qualcuno stava provando a parlare del virus in maniera differente. Nessuno ci aveva ancora provato, nessuno si era azzardato, era troppo forte per scherzarci su, per denigrarlo, c’erano troppi morti, troppa sofferenza, troppa paura. L’importante era farlo con intelligenza e questo dipendeva anche dalle persone che mi avrebbero seguito, che avrebbero seguito il Dottor Pesce. I miei amici virtuali […] erano stati selezionati accuratamente in base alla mia vicinanza di pensiero e alla mia sensibilità, per cui non mi stupii più di tanto quando si schierarono immediatamente dalla mia parte.” (pag. 33, Diretta 0)

“Nella seconda diretta il Dottor Pesce stava cominciando a prendere forma, almeno nel look. Per la prima volta mi presentai o si presentò in vestaglia. La vestaglia da allora diventò il simbolo, il marchio di fabbrica delle dirette del Dottor Pesce e non ci fu sera che non la indossò, tranne quando ospitò il suo alter ego: il comico Paolo Pesce Nanna.

 

La vestaglia, di seta, l’avevo ereditata da mio suocero Pino.” (pag. 34, Diretta 1).

 

Il Titolo Dei “Paragrafi”. Dopo la bella Presentazione di Susanna Schimperna “giornalista, scrittrice, redattrice, esperta musicale, astrologa, va beh, mi fermo sennò facciamo notte” (pag. 132, Diretta 36) che ritroviamo ospite nella Diretta n. 36 e il Prologo dell’autore, nel capitolo de Le Dirette il libro entra nel vivo.

 

65 dirette, a partire dalla Diretta 0, su facebook dal 6 marzo 2020 alle ore 20 e 25 fino all’ultima la Diretta n. 64 (65, contando la Diretta n. 0) andata in onda il 10 maggio 2020.

 

Come il primo libro e l’attività comica dovuti (ma chissà forse comunque il destino, il “fato” o la “Tyche”, l’avrebbe portato allo stesso approdo) ad un episodio drammatico (il licenziamento dall’azienda ove lavorava), la terza e ancor più matura tappa dell’iter comico di Paolo “Pesce” scaturisce da due eventi, per così dire “esogeni”: prima un gravissimo infortunio durante una partita di calcetto (rottura del tendine di achille) e poi l’inizio della ormai (purtroppo) perdurante pandemia da Covid-19.

 

In verità forse gli eventi sarebbero tre o meglio il primo dipenderebbe da questo, se si crede alla “macumba brasiliana” che aleggia dalle prime pagine del nuovo libro del dott. Pesce (un alias ormai consolidato), perché era prevista una tournée a Cuba di Nanna insieme all’amico comico Stefano Vigilante, “questa volta io e Marena saremmo volati a Cuba invece che per l’ottava volta in Brasile” (Prologo, pag. 15). E la nuova meta sarebbe stata pertanto preferita ai secondi lidi che avevano da tempo accolto il nostro comico come un figlio, vale a dire il Brasile.

 

Infatti, il Brasile al tempo aveva stregato il “Pesce”:  

 

“fu il mio primo vero grande amore, quello che non si scorda mai, cambiò il mio modo di pensare e di vedere la vita, mi insegnò che c’era altro oltre al posto fisso, che si poteva anche vivere con poco, che l’allegria non dipendeva dal denaro, che nulla è tuo e niente è per sempre. Capii che esisteva un altro mondo oltre a 100celle e se non fossi stato un genio me lo sarei perso, rabbrividivo, intristivo al solo pensiero dei miei amici, che avevo lasciato dall’altra parte dell’oceano ignari, convinti di aver avuto tutto dalla vita e io invece adesso sapevo, con certezza, che non avevano avuto niente, anzi. In Brasile era tutto più grande anche la ricchezza e la povertà. Vidi scorci di paradiso, assaporai cibi sconosciuti, conobbi ragazze talmente belle, ma talmente belle da fare invidia a divinità extra terrene, perché ancora non avevo conosciuto Marena, e poi scoprii la musica: la Bossanova, il Samba, il Forrò, il Frevo, lo Choro… Ma come avevo fatto a vivere fino ad allora senza aver mai letto un libro di Jorge Amado, una poesia di Vinicius De Moraes, senza aver mai visto un film con Sonia Braga, ma come avevo fatto a vivere fino ad allora senza aver mai ascoltato una canzone di Tom Jobim, di Elis Regina, di Chico Buarque de Hollanda, di Gilberto Gil, di Caetano Veloso, di Maria Bethânia, ma come avevo fatto a vivere fino ad allora senza aver mai mangiato un’acaraje, un bobó de camarão, una moqueca, senza aver mai bevuto una caipirinha, ma come avevo fatto a vivere fino ad allora senza aver mai partecipato a una roda di capoeira, a un carnevale, alla festa di Jemanja, ma come avevo fatto a vivere fino ad allora senza aver mai fatto un tuffo nell’oceano, senza aver mai visto il Pelourinho, il Cristo Redentor, il Maracanà, ma come avevo fatto, come? Boh?! / E già, proprio così, boh?!” (pagg. 246-247).

 

L’oltraggio nei confronti della seconda patria di Nanna, per la scelta di Cuba per un prossimo spettacolo, non poteva rimanere impunito, secondo “Pesce”: era un vero tradimento, come, suo malgrado, dovrà accorgersene l’autore, oltreché per il grave infortunio, con le miriadi di inconvenienti da affrontare nella sua originale iniziativa, “spinta dolorosa” che “Pesce”, con il tipico carattere italiano, e ancor più direi romano, accoglie e ne fa narrazione.

 

Ed è proprio questo carattere romanesco (tante volte criticato in altri lidi italici) che porta alla ricerca di una reazione a questa tuttora imperante pandemia da Covid-19

E ciò con uno STILE del tutto personale, originale e coinvolgente, che passa dalla prima alla terza persona, intriso di mille trovate e comicità, pur col consueto disincanto che connota il nostro comico.

 

Intimamente e intrinsecamente legata allo stile la STRUTTURA del libro di “Pesce” che organizza e crea anche il contenuto. Già nel secondo libro dell’autore avevamo visto una particolare attenzione a tale elemento (che si realizzava attraverso lo scandire dei mesi), ma in questa nuova opera la struttura si fa più complessa e articolata e inchioda letteralmente il lettore pagina dopo pagina. L’iterazione, la ripetizione continua e attenta al ritmo e al momento, che connota il genere comico, impronta il libro: a partire dal titolo che ritorna come un mantra nei singoli paragrafi: apparentemente semplice, ma che inevitabilmente e via via sempre più ti coinvolge, con un ritmo inarrestabile.

 

La Diretta 0 durò 3 minuti e 18 secondi, La Diretta 1 durò 6 minuti e 34 secondiLa Diretta 41 durò 49 minuti e 57 secondi La Diretta 63 durò 1 ora, 8 minuti e 54 secondi fino a La Diretta n. 64 perché l’ultima diretta descritta nel libro sarà invece la n. 30 come vedremo più avanti: “Le dirette totali durarono complessivamente 41 ore, 27 minuti e 17 secondi.” (pagg. 376-378). Dirette viste non solo in Italia, ma anche in altri lidi, all’estero, ad es. anche nella seconda “patria” del “Pesce” il Brasile, negli Stati Uniti, in America Latina …

 

E da questi paragrafi incalzanti col semplice numero della diretta e della sua durata si snoda, si scandiscono i tempi, il respiro del libro. E a tale ritmo e coinvolgimento del lettore contribuiscono gli altri “ingredienti” iterativi, all’interno degli episodi delle Dirette, com’è tipico dell’animus del comico, del “raccontatore di storie” (pag. 262) che sia abile. Per fare degli esempi: “rimasi umile”, “macumba”, “cioccolata”, “bicchieri di vino, specialmente rosso, e tisane”, talora “birra” (ma in misura minore: 11 a 98 è il rapporto delle rispettive ricorrenze), sorseggiati durante le varie Dirette:

 

“La diretta andò in onda con il Dottor Pesce impegnato al telefono con dei colleghi, cercava di capire se fosse l’unico Dottore a curare i pazienti affetti dalla depressione con il vino, la cioccolata, la cultura e il buonumore. Sì, era l’unico.

 

Gli altri si affidavano ai soliti farmaci: il Seropram, il Cipralex, lo Zoloft, il Prozac e prima di interrompere la telefonata lo pregarono di non contattarli mai più.” (p. 203).

 

E ancora: “commentò la chat” (per indicare il suo continuo rapporto con gli ascoltatori), “commentò …” con la frase dell’autore della citazione, “Dottor Pesce, tecnico industriale delle arti grafiche della scuola professionale Panfilo Castaldi di Casal Bruciato”, nonché la mitica frase alla fine di ogni puntata della “trasmissione”: “Batti 5 Dottor Pesce”. Come pure ci stupisce l’intercalare di parole, frasi, proverbi e motti anche in lingue “esotiche”:  Tujay-chay “Grazie”, Tashi Delek “Buona fortuna”, entrambe in lingua tibetana, o Shakar, “Zucchero”, in usbeco.

 

Ma le iterazioni, gli “appuntamenti” ricorrenti, rappresentano non solo il ritmo, ma sono al tempo stesso la materia di cui il libro vive e da cui riceve la propria luce esilarante, come pure di grande interesse artistico e culturale, le iniziative sociali e di solidarietà. E con quei commenti con la chat, da cui riceve lodi e critiche, ironiche e simpatiche, e con cui il “Pesce” colloquia, con i tanti bravi e prestigiosi ospiti, che “Pesce” intrattiene, e con personaggi veri o immaginari, Nanna crea un “concreto” palcoscenico virtuale (mi si conceda l’ossimoro), in quel teatro ove fortunatamente siamo capitati (magari col “passaparola”), o possiamo sempre essere “presenti”, leggendo il libro del nostro amico Paolo, diventando inevitabilmente spettatori.

 

Vediamo allora la “collaborazione” (dalla puntata n. 21) di Sergio Biagiotti, alias Rossomalpelo, noto musicista, che interpreta le sue bellissime canzoni (di cui viene riportato il testo nel libro) nonché pensatore e filosofo nel programma del “Pesce”. Purtroppo tale collaborazione dovrà interrompersi dopo la puntata n. 35, per indisposizione dell’artista che ritornerà in seguito solo in poche puntate accanto agli ospiti.

 

“Adesso avevo una piattaforma, gestivo anche la regia, mancava soltanto l’ospite, e il primo non poteva essere che lui: Sergio Gaggiotti, in arte, Rossomalpelo.

 

Io e Sergio ci conosciamo quasi da sempre. Sergio è una persona fantastica, quando lo leggerà si incazzerà, un musicista sopraffino, qua si incazzerà ancora di più, e un cantautore tra i migliori di sempre, qui mi toglierà proprio il saluto, ma come disse il Buddha: tre cose non posso essere nascoste a lungo, il sole, la luna e la verità.

 

Telefonai a Sergio e gli chiesi se conosceva il Dottor Pesce e mi rispose di sì.

 

Gli chiesi se gli andava di essere mio ospite, o suo ospite, e mi rispose di sì.

 

Da quei due sì il Dottor Pesce passò alla fase due molto prima dell’Italia.” (ibidem).

“Mitico [il] gruppo RossoMalpelo: Sergio Gaggiotti (voce e chitarra), Moreno Viglione (chitarre), Fabio Tortora (basso), Alessandro Pizzonia (batteria), Carlo Conti (sax).

 

I RossoMalpelo furono definiti da Vincenzo Mollica una delle migliori menti di musica d’autore italiana di sempre.” (pag. 66-67, Diretta 25).

 

L’idea, comunque, darà il via libera, dopo la puntata 26 e dalla puntata 27 in poi, alla “fase tre” (anche questa “molto prima dell’Italia”):

 

“Era deciso. Il Dottor Pesce a ogni diretta, fino alla fine del lockdown, avrebbe ospitato un’artista, oltre a Sergio che ospite non era più.” (pag. 79, Diretta 27).

 

Sarebbe troppo lungo, anche se interessante, stilare un “inventario” della miriade di ospiti eccellenti: musicisti, artisti di strada, cantanti (di musica “leggera” e lirica), membri dei più svariati tipi di gruppi musicali, comici, scrittori, poeti, registi, critici di cinema e altro, attori, mimi, clown, esperti in massaggi e campane tibetane, astrologi, disegnatori e umoristi, allenatori “esteri” di nazionali calcistiche, insegnanti di musica e di altre discipline: financo professori universitari di chimica (con il loro famoso “giuramento del chimico”), ecc. ecc. ecc…: qualcuno intervenuto a grande richiesta anche 2 o 3 volte.

 

Non vedo altra soluzione che rinviare all’apposito “Elenco degli ospiti delle Dirette del Dottor Pesce (v., a pag. 395), e, naturalmente, alle correlative Dirette. Tanti artisti cui Paolo, grazie alla sua fantastica idea con la quale si è nuovamente “superato”, per primo intrapresa (seguito poi da tantissimi altri), ha dato voce: “artisti rimasti come Paolo Pesce Nanna senza palcoscenici pure loro” (Susanna Schimperna, PRESENTAZIONE, pag. 9), ma di nuovo qui per tutti noi, sul multiforme palcoscenico virtuale del nostro “Pesce”. Due ospiti, tra gli altri, molto particolari.

 

“Era giunto il tempo di ritagliarmi uno spazio tutto per me, per Paolo Pesce Nanna e il venerdì mi sembrò il giorno più adatto.

 

Venerdì? Pesce! […]

 

“Paolo Pesce Nanna, cioè io, debuttai per la prima volta come me stesso e non come il Dottor Pesce, oddio me sto a perde’, pure prima ero me stesso, ma adesso diciamo che ero io di più.

 

Alla diretta ero stato invitato perché, essendo venerdì 17, tutti gli altri artisti avevano rinunciato, io invece accettai, tanto peggio di così.” (pag. 170, Diretta 41).

 

E l’ospite di eccezione che sarà in una diretta del Dott. Pesce, anzi nelle Dirette 41 e 48, Paolo “Pesce” Nanna ci farà sbellicare dalle risate, con i suoi racconti reali, che però magicamente e comicamente si ammantano di surreale, come quello della “storia di 100celle delle mamme urlatrici” (pag. 171, Diretta 41) o l’agrodolce e fonte di riflessione “La Gente” (pagg. 172-176, ibidem):

 

“Era chiaro fin da subito che fosse questa la storia giusta da fare, perché io sono strano, il Dottor Pesce è strano, Sergio è strano, gli ospiti so’ strani, la chat è strana, l’editore è strano e pure voi che mi state leggendo siete strani.” (pag. 171, ibidem); o quello della “Lentezza” (pagg. 220-223: Diretta 48).

 

Peraltro tra i tanti racconti (intercalati comunque nell’ambito delle varie Dirette) sarà memorabile quello già anticipato “Il Brasile mi stregò” (pagg. 246-247, Diretta 51) in altra diretta dedicata al tema: la n. 51, con la cantante brasiliana Rak Costa:

“Che il Brasile mi avesse fatto la macumba era assodato, ma quanta saudade mi batteva dentro il petto, troppa, dovevo placarla, nonostante un bell’assaggio lo avessi avuto da Luigi, ma come dice il Dottor Pesce: l’appetito vien suonando.

Desideravo che il prossimo ospite fosse donna, cantante, musicista, sensibile e brasiliana. Chiedevo troppo? / No, se il desiderio aveva un nome e un cognome: Rak Costa.” (pag. 245, ibidem).

 

Un altro ospite o meglio un’altra ospite, seppur non espressamente nell’Elenco degli ospiti, ci sarà comunque sempre tra le quinte, importante come lo è stata la moglie di Maigret … o la moglie del Tenente Colombo: Marena, la moglie del nostro Paolo “Pesce” Nanna.

 

Ricordiamo come all’assenza presente” della moglie del Tenente Colombo, di nome Kate, come apprendiamo dalla serie televisiva a lei dedicata (c.d. spin off , in gergo televisivo) … mai trasmessa in Italia, moglie di cui il Tenente è veramente innamorato, nominandola molto frequentemente, fa da pendant l’assidua presenza della moglie di Maigret, nella famosissima serie televisiva italiana, in bianco e nero, con il grande Gino Cervi (il nostro Commissario Jule Maigret, regia di Mario Landi,), affiancato nella parte di Louise Leonard (la moglie di Maigret) dalla splendida Andreina Pagani: anche se George Simenon “non era d’accordo sulla scelta giudicando l’attrice “troppo bella” e giovane, l’amata Sig.ra Maigret sarà presente in tutte le quattro stagioni della serie televisiva italiana, tranne un unico episodio (a quanto mi risulta: La vecchia signora di Bayeux).

 

E leggiamo infatti, nella Diretta 12:

 

“E fu così che il Dottor Pesce decise di aprire il suo cuore raccontando il suo intimo: Come aveva conosciuto il suo grande amore Marena, l’origine del suo soprannome, i suoi sogni, i suoi progetti e i suoi vizi segreti.” (pag. 42, Diretta 12).

E in seguito: “La diretta bis di Sandro [Alessandro Salvioli] si aprì con il Dottor Pesce che imprecava tenendo un bicchiere di prosecco tra le mani, tutti intuirono che non fosse il primo e che non sarebbe stato nemmeno l’ultimo.

 

‘Aiuto, aiuto, aiuto, ho fatto di tutto, ma niente, non lo vedete Sandro? Io sì, ma è muto, non so proprio più che fare, mi dispiace, non si sente, vero Marena?’

 

‘Sì, sì, si sente, tuo fratello dice che si sente, la chat pure sente’.

 

Per la prima volta si udì la voce di Marena.

 

‘Allora esiste per davvero’ si chiesero tutti.

 

Marena non solo parlò per la prima, ma addirittura si palesò da dietro una parete.

‘Allora esiste, non è solo una voce registrata’ commentò una chat ex negazionista.” (pag. 177, Diretta 42).

 

E ancora l’episodio dei famigerati “mandarini cinesi”: “il pacco conteneva 5 Kg di mandarini cinesi inviati da una coppia di amici di Casal Palocco: l’immunologo Aldo e la virologa Clorinda.

 

Marena mi disse che era stata lei a richiederli, perché aveva letto su una rivista che la marmellata di mandarino cinese, il Kumquat, poteva rendere impotente la carica virale del covid-19, però, per godere dei benefici doveva essere fatta con il frutto appena colto, perciò subito, ma subito lei non poteva, perché era impegnata su Skype con la dottoressa Silvia Stilli.

 

Mi ci volle tutto il giorno a preparare la marmellata, due ore solo per togliere i semi ai quei piccoli frutti arancioni” (pag. 117, Diretta 34).

 

E non può che farci sorridere quanto apprendiamo: “Poi risposi alle telefonate non filtrate dei pazienti, infatti mi arrivò pure quella di mia moglie che davanti a tutti mi rimproverò di non aver spolverato a dovere. Feci finta che era una paziente con lo stesso nome, d’altronde poteva anche essere, Marena è un nome così comune, ma la telefonata durò pochissimo. Cadde la linea.” (pag. 261, Diretta 53).

 

Come accennato in precedenza, saranno “presenti” nello svolgersi delle varie “trasmissioni”, con delle sempre riuscite citazioni e in sintonia con l’atmosfera del momento,  altri “ospiti”, veramente illustri, immaginari (il maestro Miyagi, Manuel Fantoni …) o reali, spesso scomparsi (Arthur Block,Wislawa Szymborska …) o ancora viventi (Gregorio de Falco, Renato Fiacchini, alias Renato Zero cari sorcini …), cantautori, scrittori, poeti, filosofi, psichiatri, politici, pittori, attori, giornalisti, scienziati …   

       

E per varie puntate diverrà un appuntamento simpatico e seguito la Rubrica dei bambini, che vedrà Sergio Cagiotti quale critico inflessibile: “loro scrivono seriamente e noi dobbiamo criticarli seriamente.” (pag. 71, Diretta 26).

 

“Riporto alcuni scritti dei bambini perché se lo meritano e anche perché sono stato minacciato dai genitori, dalle zie e dalle nonne.

 

Federiconannaroccacencia: A me sinceramente ‘sto Dottor Pesce mi sembra un pazzo […]

Celestina4c: Papà è sul divano, mamma è in pigiama a lavorare davanti al computer, io accarezzo il gatto […]

Mayamilano2012: Caro Dottore Zio Pesce, questi momenti sono difficili da spiegare ma proverò. Io mi sento sia un po’ triste e sia arrabbiata perché mi sento in trappola, ma forse anche tu sei un po’ arrabbiato vero?” (pagg. 71-72, ibidem: alcune lettere dei bambini sono riportate da pagg. 72 fino a pagg. 75).

 

Da quella prima rubrica, nella mente poliedrica del “Pesce” si affaccia anche il progetto di una “una rubrica per gli anziani: la Rubrica dei Nonni [poiché] Mi intrigava mettere a confronto le emozioni e gli scritti di due generazioni e dimostrare che i due mondi, così apparentemente distanti, fossero invece vicinissimi. Ma l’idea “A malincuore […] venne abbandonata.” (pag. 86), rimanendo un pio e suggestivo desiderio.

 

Post Fata Resurgam

 

«Hai fatto una bella cosa. Ci hai Fatto conoscere nuovi amici, artisti, ospiti internazionali e persone che guardano con ottimismo al Futuro. Due mesi di quarantena, come per magia, sono trascorsi tra pillole di serotonina e consigli pratici del Dottor Pesce. Nessuno di noi collegato alle 21.00 ha

"sentito" di essere chiuso in casa per la pandemia, semmai ha vissuto le dirette come un invito a cena e un brindisi alla spensieratezza, tra un sorriso e una canzone, tra un racconto e una spiegazione delle arti e mestieri delta nostra creatività umana.

 

Grazie. Gian Claudio Vitantoni (La chat)» (Dalla quarta di copertina).

 

L’opera di Paolo “Pesce” Nanna è veramente intrisa di comicità, ma anche di quella inventiva tipicamente italiana, che sa affrontare in modo scanzonato, disincantato, e, diciamo, positivo, avvenimenti drammatici (in primis la pandemia) o problematici della vita e del lavoro.

 

A partire dalle miriadi di problemi affrontati dal buon “Pesce” durante le trasmissioni tra i quali soprattutto i collegamenti in video o in audio (o entrambi contemporaneamente):

 

“Un Dottor Pesce, diciamo non in condizioni perfette, per tentare di risolvere il problema audio iniziò a telefonare ai pompieri, ai vigili urbani, ai bersaglieri, ma visto che non gli rispondevano iniziò a comporre numeri a caso.

 

Ogni venti secondi diceva che la colpa non era la sua, perché lui, aveva la fibra.

 

Poi finalmente cominciarono ad arrivare i primi commenti dalla chat:

 

«Si sente, continua e smetti di bere».

 

Accettai il consiglio a metà e andai avanti.

 

Ma pure la chat aveva le allucinazioni, perché molti dissero di vedermi verde tipo Hulk.

 

‘Mi stanno boicottando, ci stanno boicottando, altrimenti non si spiega, diamo fastidio a qualcuno’ ” (pag. 177, Diretta 42).

 

Ma tali inconvenienti il buon “Pesce” sa volgere, come sul palco, a suo favore, improvvisando, come sa fare ogni buon comico:

 

Per fare un altro esempio, delle difficoltà – stavolta della vita – messe in scena dal dott. Pesce, emblematica la storia del musicista Nour Eddine che era stato per anni un’artista di strada

 

“in Francia, in Germania e poi quando sono arrivato a Roma sono stato tre anni sotto la metropolitana di piazza Vittorio.

 

Io quando sono arrivato non è che avevo soldi, per cui mi rimediavo delle chitarre così […] però avevo sempre quel sogno di andare in quel negozio, perché lì avevo visto una chitarra che mi piaceva moltissimo, non so se voi avete presente la Ovation Celebrity?”

 

Con questo sogno nel cuore, ecco l’episodio (che non può che farci riflettere) del commesso, che vedendolo, un giorno:

 

“sporco, con la mia chitarra addosso, vecchia e sporca pure lei, sembravo uno di strada, oddio, non è che sembravo, ero proprio uno di strada, e mi risponde: no, quella chitarra non è per lei. Come una chitarra non è per me? Per quale motivo? Perché è troppo cara per lei, mi risponde.”

 

Anche se vi sarà un lieto fine perché la proprietaria:

 

“aveva capito che ero un suonatore di strada, si vedeva, e mi dice: va bene, porta i soldi ed è tua.

 

Sì signora, ma ho un problema. Siccome lavoro per strada, i soldi ce l’ho a casa dentro a dei sacchi grossi, ma sono tutti spicci, però secondo me sono arrivato ad averci un milione e duecento mila lire.

 

Ma sono soldi, che problema c’è? Mi risponde, portali! Poi si gira verso quel commesso di merda, che mi aveva detto proprio vattene a casa e gli dice: senti, quel ragazzo ti porterà quattro sacchi di soldi e tu li devi contare tutti”.

 

E di lì un successo, successi, insperati con l’ “incontro con Tony Esposito, che lo portò a suonare la colonna sonora del film: L’amore con i crampi. Da lì in poi, grazie anche alla collaborazione con i musicisti Pivio e Aldo De Scalzi, Nour Eddine partecipò alla composizione di tantissime altre colonne sonore: Il Bagno turco, El Alamein, Giardini dell’Eden. Poi ci fu l’incontro importante con il produttore, paroliere e compositore Paolo Dossena, fondatore dell’etichetta musicale Compagnia Nuove Indye, che coincise proprio col boom della musica etnica in Italia. Da suonare sotto la metro Nour Eddine si ritrovò a incidere canzoni assieme ai 99 posse, agli Almamegretta, a Enzo Avitabile, ai Sud Sound System, agli Agricantus.”.

 

E addirittura (credeva fosse uno scherzo): “Papa Benedetto XVI voleva un compositore musulmano per un lavoro che si chiamava Alma Mater. Si trattava di un lavoro enorme, un grandissimo progetto prodotto dall’Universal Music di Londra e da David Geffen, uno dei più grandi produttori della musica pop mondiale, manager di Michael Jackson e di tutte le star del mondo, tanto per capire, e anche se tu sai che io sono anti star system, sono un uomo rimasto umile, però devo dire che fu un’esperienza memorabile”.

 

Meno male che almeno lui rimaneva umile […]

 

‘Papa Benedetto XVI mi ha voluto anche incontrare, mi ha invitato in Vaticano e abbiamo trascorso una mattinata intera a chiacchierare’.

 

Il miracolo era roba superata. / Ma che storie ragazzi, i racconti di Nour Eddine erano di una ricchezza impareggiabile ed eravamo sbalorditi, frastornati, il virus ci aveva fatto dimenticare di quanto la vita fosse straordinaria.” (pagg. 155-161, Diretta 39).

 

Ma ci sono anche storie, vicende, che un lieto fine non hanno.

 

E la Diretta n. 30 è un esempio di questo guardare in faccia la realtà e andare avanti, nonostante tutto: la Diretta infatti aveva visto quale ospite il bravo jazzista Carlo Conti, purtroppo scomparso il 30 maggio 2020.

 

“La scelta di saltare [momentaneamente per poi riproporla invece alla fine] la diretta trenta è stata una decisione dolorosissima, mille e mille volte ho pensato quale fosse la cosa giusta da fare.

 

Non scriverla e lasciare la diretta trenta bianca, vuota, come il vuoto che Carlo Conti ha lasciato in ognuno di noi, oppure scriverla e pubblicarla per ultima, come gli ultimi che Carlo amava tanto.

 

Non so per quale strana casualità, ma il numero 30 della diretta di Carlo è lo stesso numero del giorno della sua scomparsa: 30 maggio 2020.

 

Allora, visto che ho parlato di casualità e di numeri, la diretta 30 di Carlo durò 35 minuti e 35 secondi e secondo la numerologia, quando è presente il numero 35, significa che ci si concede allo svago e al riposo, si evitano le discussioni troppo animate e ci si mette in viaggio senza meta, senza programmi, cercando luoghi appartati per restare in meditazione.

 

Adesso sei un soffio di vento, invisibile, ma percepibile anche senza ancia.”

 

Ma, a questo punto, è d’obbligo una riflessione finale.

 

Nella copertina scorgiamo un sottotitolo al libro di Paolo “Pesce” Nanna Diario di un supereroe. E ciò rappresenta la persona di Nanna e naturalmente il suo libro: non si tratta di un supereroe della Marvel o della DC Comics (di cui sono peraltro pazzamente innamorato soprattutto della prima da quando ne leggevo i fumetti da ragazzo).

 

Ritengo infatti che la splendida opera di Paolo “Pesce” possa essere compendiata nel motto latino Post fata resurgam (propr. «risorgerò dopo la morte», anche nella forma post fata resurgo: «risorgo dopo la morte»), motto riconducibile  alla leggenda della fenice, uccello mitologico e sacro agli antichi Egiziani. La frase (che peraltro compare come emblema nello stemma di alcune località italiane) comunica e infonde speranza e fiducia nella propria capacità di risollevarsi dalle contrarietà, piccole o grandi che siano, e superare le ostilità del destino o fato, che dir si voglia.

Possiamo concludere questo nostro (è un semplice assaggio) incredibile viaggio virtuale con l’Epilogo del bellissimo libro di Paolo “Pesce” Nanna, un regalo sicuramente gradito per questo Natale e queste feste natalizie. in cui dà atto della pubblicazione alla fine della Diretta n. 30, malinconica e struggente, com’è la vita e i ricordi che rimangono per sempre intangibili nel nostro cuore. Epilogo col quale il nostro amico, “Uno di noi, un fratello di sangue” (Susanna Schimperna,  Presentazione, pag. 9) per “scrivere la parola fine a questo libro, a questo percorso e a questa vita” si affida “proprio [a] lui, Sergio Gaggiotti” alias Rossomalpelo:

 

Il bello esiste. Eccolo, di fronte a me, dietro i vetri di questa finestra che guarda strade vuote, immobili. Il silenzio è musica trasmessa da fauna che torna selvaggia […]

 

Quello che Paolo è riuscito a creare con il suo programma in diretta la sera alle nove, conferma ciò che da sempre penso: il bello esiste, è lui, loro, noi. Paolo, Carlo e me, io. Non siamo eroi, non siamo “il bello” del mondo, siamo soltanto noi e io sorrido perché li amo. Sorrido perché Paolo sa farmi ridere e Carlo ride di risa così sue, che non si resiste. Gli occhioni azzurri ti strappano di dosso il brutto. Maestro Carlo […]

 

Se avessimo potuto, quanti abbracci ci saremmo dati, baci forti e strette sulle spalle, mani in altre mani, ma è il tempo della distanza e quindi eccoci lì, uniti da un programma che ci fa sentire insieme.” (Epilogo, 389 e 390).

 

Un Epilogo alla fine che consiglio di leggere intero tutto d’un fiato, nelle sue dense e commoventi due pagine e mezza (da pag. 389 a pag. 391), per vederci più forti, una catarsi di parole che sono la nostra vita. Di modo che “questo lockdown, clausura imposta di cui il termine inglese esalta la durezza e l'aspetto poliziesco” (Susanna Schimperna, ibidem), questo brutto incubo con cui purtroppo ora conviviamo senza poterci svegliare, non ci impedisca di vivere la nostra vita, diretti verso il nostro futuro: incerto, sì, come sempre lo è stato, ma che ci tocca da vicino, insieme ai nostri cari, ai nostri amici, e che dunque ci deve finalmente vedere –  anche dopo aver letto l’opera di Nanna – non solo “spettatori”, ma “protagonisti”, “supereroi” come il grande ed esilarante “Dott. Pesce”.

 


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