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La lampadina spenta

di Giulia Bellucci
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Pubblicato il 12/12/2017 16:45:19

Sono ferma davanti allo specchio, immobile, e non mi riconosco. Non amo guardarmi. Ciò che vedo non mi piace. Vedo diverse rughe che solcano il mio viso. Credo che il tempo mi sia sfuggito di mano, scivolato così in un unico soffio. Non voglio fare bilanci, ma credo che adesso tutto ciò che riguarda i miei figli, abbia priorità assoluta. Questo deve essere il mio primo pensiero quando mi sveglio al mattino e l’ultimo quando chiudo gli occhi alla sera.

Mentre la mia mente vaga così, senza una meta ben precisa, squilla il mio cellulare. È Francesca che mi invita a casa sua per partecipare a una dimostrazione di prodotti cosmetici. L’argomento non mi interessa minimamente. Nella mia vita non ho mai puntato sul mio aspetto, non credo di dover cominciare ora! Certo riuscire ad apparire più bella mi sembra improbabile, ma più gradevole forse sì, potrei anche farci su un piccolo pensiero. Ma quasi subito mi dico no! Preferisco scacciarlo in quanto futile. Decido comunque di prestarmi perché la mia amica me lo chiede quasi come un favore.

Ed eccomi in macchina al mattino successivo. Dopo aver accompagnato alle dieci mio figlio a scuola, mi dirigo verso casa di Francesca, ma prima passo a prendere anche Laura, altra amica comune.

Vengo accolta con grande cordialità e Francesca è davvero una squisita padrona di casa. Ha persino preparato un buffet per deliziare il palato delle sue ospiti. Ma su tutto, prevalgono le essenze profumate dei prodotti che la promoter sta già mostrando alle signore arrivate prima di noi.

Incoraggiata, mi sottopongo anch’io alla pulizia viso con detergente e maschera, dopo aver miseramente ammesso di lavarmi il viso, d’abitudine, con lo stesso prodotto con cui mi lavo le mani e a questa mia affermazione consegue una fragorosa risata. ‘Ho fatto la figura della scema? ’, mi domando tra me e me. Provo poi il prodotto per il contorno occhi e le creme protettive per la sera e per il giorno. E infine (perché no?) i prodotti per le mani. Infine Elena, questo è il nome della promoter, quando ormai sento già la mia pelle emanare un profumo intenso, mi chiede di sottopormi al trucco. No, questo no! Non mi sono mai truccata, potrò cominciare ora? Mio marito penserà male. Non se ne parla proprio! Lei desiste e io mi tranquillizzo.

A conclusione acquisto, quasi come ringraziamento per il trattamento ricevuto, il detergente e prometto di acquistare successivamente anche la maschera. ‘Ipocrita’, penso di me stessa, sapendo che non lo avrei mai fatto. Chiedo il prezzo del detergente e, quando mi viene detto venticinque euro, quasi mi viene un infarto e mi chiedo, tra me e me, se il sapone da due euro che uso di solito non sia assolutamente nocivo, se per averne uno con gli effetti benefici declamati ci vuole una somma dodici volte superiore! Scanso subito quel tragico pensiero e pago la somma richiesta.

Sopraggiunge anche Martina, rappresentante dei genitori della classe dei nostri figli cioè di Francesca, Laura e me. Il discorso cade sulla ormai prossima esibizione nell’annuale concerto natalizio che vede impegnati tutti i bambini della scuola.

«Ci sarà anche la raccolta per la beneficenza alla Caritas, come ogni anno. Ognuno può fare l’offerta che ritiene più opportuno, però, per evitare polemiche, mettiamoci d’accordo prima sulla cifra di modo che non ci siano poi differenze», dice Martina.

«Io penso che tre euro a testa siano sufficienti. Purtroppo personalmente non mi sento di mettere di più: troppe spese in questo periodo», dichiara Laura.

«E così sia. Penso che anche le altre mamme saranno d’accordo. Ne ho già consultata qualcuna e volevano dare anche solo due euro. Poi comunque ci aggiorniamo.»

La promoter intanto consegna i prodotti che ciascuno ha scelto e non posso non notare che le altre signore hanno speso cifre ben superiori alla mia e mi vien voglia di fare una proposta che risulterà certamente inusuale. Mi è balenata così l’idea, come una lampadina che si accende all’improvviso. Mi verrebbe da chiedere se non possiamo fare a meno per un semestre di quei prodotti e dare la cifra che occorre per acquistarli per qualche giusta causa (la Caritas, la ricerca o per i bambini dell’Africa, che muoiono per fame o malattie, che non possono essere curate per mancanza di medicine). In fondo quei prodotti non sono vitali per noi e forse sono anche eccessivi. Vorrei proprio dirlo ma la voce mi resta strozzata in gola e, da buona codarda, taccio. La lampadina allora si spegne. Prendo il mio prodotto e faccio ritorno a casa mia, con un senso di amarezza proprio qui nel mio cuore!


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