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di Giulia Archer
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Pubblicato il 27/10/2013 10:48:47

Rinunciamo, il più delle volte, a raccontare e raccontarci ; a dire, nero su bianco, la nostra differenza, la nostra distanza abissale dalle immagini televisive e patinate che ormai dominano largamente l’immaginario collettivo e individuale ; rinunciamo per pigrizia, oppure orgoglio, o semplice indifferenza. Ma basta immaginare che nessuno leggerà mai le cose « terribili » che abbiamo da dire, per lasciare che si aprano le cataratte e il sangue della nostra mente fluisca, non libero, no, ma necessitato, sulla pagina bianca, ad accoglierne la sfida.

Un’amica sta morendo : lentamente e con dolore, perchè tenerla in vita a ogni costo è la dolorosa necessità di chi le è vicino e di chi, in questo mondo, è preposto alle sue cure. Un grido di protesta, che immagino suo, si leva dal mio cuore : « lasciatemi morire ! lasciatemi morire ! ». Siamo tutti Arianne che stringono in mano il gomitolo della propria vita, ma il filo è afferrato da tutte le parti da mani pietose e alla fine s’ingarbuglia. Tutte queste mani pietose hanno fede nella vita come unica speranza, unico bene, unico destino ; ma cosa sia speranza, bene, destino, nessuno se lo chiede. Nessuno si chiede cosa sia la vita, cosa sia la morte, perchè la temiamo, a volte quella degli altri più che la nostra.


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