Pubblicato il 20/07/2016 15:35:40
Piccola arringa per l’esile Europa
Mia cara piccola Europa sono il tuo avvocato d’ufficio e non è un buon segno se i Perry Mason, gli araldi del foro sono fuggiti, nascondendo la propria toga dietro un pallido specchio.
I popoli che ti hanno riunita si perdono in zuffe, si lanciano sfide, giocano con la tua sostanza come se non ci fosse una meta a sostenere un mattino di slancio.
Da fuori sei ancora anelata in migliaia si aggrappano ai tuoi litorali, dondolando sul mare scafista, pregando di trovare una terra più dolce.
All’interno sei quasi spacciata, pochi si perdono nella tua gloria, nessuno rammenta la timida pace salvata nelle stagioni, ma ogni fascio di luce ingrandisce le linee di faglia.
Anch’io ti colpisco di lato, di schiena, sui fianchi molli e indifesi, quando ti aggiri come un revisore dei conti dallo sguardo accecato, come un cecchino che bara alla Borsa.
Ogni tanto inciampiamo in un coccio più antico nella cenere calda dei tuoi arsi vivi nella voce dei morti caduti a Verdun nella siepe uncinata che appena distoglie il giardino di Goethe dal campo di Buchenwald. Ogni tanto inciampiamo e ricordiamo a malapena lo Stige da cui proveniamo e stringiamo la vita dei nostri più cari perché sentiamo la gioia di essere parte di un raro insieme prezioso, dove un uomo non si arresta a piacere, dove il potere non allunga le gonne, dove la fede rimane una scelta, dove un infarto non sempre costringe a esibire un conto corrente. Ogni tanto inciampiamo e presagiamo la bellezza in cui siamo trasfusi, e ciondoliamo all’ombra delle cattedrali nel mare di Omero, nei borghi medievali addossati a un afoso pomeriggio estivo. Se abbiamo caldo pensiamo alla neve caduta contro le guance di Anna Karenina, se abbiamo freddo scendiamo con Dante all’inferno a sciabolare terzine infuocate, se siamo affranti chiediamo al Bardo di ricucire la passione amorosa prima che il cuore diventi Bastiglia, se non ci piace leggere, se la storia ci viene a noia, se il lavoro ci impone una veglia continua su note invernali, possiamo vagare a piedi o fasciati al pensiero verso la luce del Mediterraneo verso le nuvole snelle dei cieli olandesi verso le immense abetaie o le albine betulle ortodosse, verso il fienile di una stalla che tuo nonno predispose con cura, verso tutto quello che rende immenso questo umano frugare.
Perché la realtà esige amore e non solo interessi, perché l’odio ha copiosi Stavrogin pronti a tuffarsi nelle crepe lasciate infettarsi. E se non sappiamo cosa difendere, con quale coraggio, se non ricordiamo la noce cruciale, se non riusciamo a disfare la notte in traccianti di stelle eventuali, la violenza si farà spazio con altri roghi islamisti e con l’atroce ritorno del filo spinato.
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