Non è drammatico riconoscerci finiti, mai incominciati, under construction,
ansie trascendentali abbandonate tra divinità e immanenza,
senza certezze di valere senza certezze di valore senza certezze materiali
mascherate da assassine necessità economiche?
Giovani smarriti, consumatori consumati come arti snodabili di bambole
dai concetti inflessibili di flessibilità o divertimento,
dall’alto della barricata ci troviamo a resistere, a mani nude,
cuori di molotov, contro i conati vessatorii corazzati
d’un sistema reo confesso d’indossar maschere di sfruttamento,
condannati a desideri di carriere irrealizzabili, a desideri di bellezza innaturale,
senza sostegno di relazioni stabili.
Precarietà è vocabolo corretto a raccontare un mondo
dove Dio, magari, è morto, senza esser furibondo.
[inedito, 2017]
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