Quando vedo le teste calve
e ancor di più il colore bianco
dei capelli vecchi
resistenti al tempo che passa
dei miei compagni di giochi,
poi amici,
oppure di quelli più grandi
che facevano cose
che forse, dopo qualche tempo,
avremmo fatto anche noi,
allora mi guardo intorno
e mi trovo in piazza
nella solita piazza
della mia città
disprezzata, sconsiderata, sopportata
e milioni di capelli dopo
ancora lì ed io con lei
forse un po' più compresa
ad attendere che m'accolga,
dopo tutto questo tempo
in fuga
e poi di ritorno.
Le vetrine coi nomi che cambiano,
ma non tutti,
ed è lì che si capisce
quanto tempo sia passato,
riflettono la mia immagine
che continuo a riconoscere
sempre fuori posto
sempre casuale
sempre come se non dovesse essere riflessa.
Paurosamente o timidamente
distolgo lo sguardo
come se non fossi li
a due passi dai portici,
oggi del grano
ieri,
quando volevo andarmene,
del comune.
Invecchiano anche i nomi
per tornare importanti
per avere un'identità
o un'origine,
una esclusiva esistenza
che si crede comunità.
Poi come sempre mi accade
per trovare la bellezza
che mi rasserena
e aggiunge un po' di felicità
alla mia giornata,
qualche cosa
che assomiglia all'amore,
raggiungo il lungo torrente
e lo percorro dal Ponte di Mezzo
verso il Ponte Italia.
Verso sera le luci
del tramonto sovrastano i caseggiati
e poi si incastrano tra di essi
creando ombre e riflessi
che si immergono nell'acqua
che scorre, quando scorre, della Parma.
Poi ritorno per cambiare
la prospettiva e i colori
più pieni e quasi maturi
che da Ovest raggiungono la città
a poco a poco si spengono
dietro le case dell'Oltretorrente.
Al Ponte di mezzo
resto sulla Via Emilia,
chiusa la città tra San Pancrazio e San Prospero,
accarezzo i capelli che sopravvivono
e mi chiedo che cosa ci faccio qui
nonostante il torrente
la luce radente che abbaglia via D'Azeglio,
le biciclette che arrancano per passare sul ponte,
i fili dei filobus,
i ragazzi che scherzano e bestemmiano
e ancora non sanno che tra cinquant'anni saranno ancora qui
a camminare per questa città eterna
che profuma di nebbia quando fa freddo
che profuma di sisso quando fa caldo
senza nemmeno guardarla
per capire
che ne è stato del loro futuro.
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