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Da un evo prossimo venturo

di Giovanni Avogadri
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Pubblicato il 05/12/2007

“Che l’Alto Medioevo sia in effetti il periodo al quale potrebbe meglio adattarsi il volgare e tranquillizzante luogo comune di “età oscura” è cosa ben conosciuta. Forse meno conosciuto – e parimenti meno tranquillizzante - è che la ri-evangelizzazione e la ri-umanizzazione del continente europeo sia in buona misura ripartita da Ovest, dall’Irlanda, la provincia più lontana dal centro dell’impero e della Chiesa d’occidente”.

Segni in forma di lettera
da un evo prossimo venturo

Non ne ascoltammo i richiami dal Sogno
- come Paolo invocato dal Galata -
Né tantomeno un comando umano ad inviarci;
dai nostri monasteri s’ intravvedeva l’Oceano
e la fede discese nella pietra
– si può dire –
bell’è pronta, come la Sposa
dalla Gerusalemme Celeste.
Non affrontammo eresiarchi né lotte fratricide,
La semplicità del Simbolo
Conquistò le nostre menti e, forse,
cedemmo all’orgoglio
quando si seppe che Roma giaceva
come fonte distrutta
alla quale si abbeverano i cinghiali,
che le terre tornavano incolte
e le macchie dell’Appennino
si riprendevano le Pievi;
gli uomini – come il Figliuol Prodigo –
tornavano a nutrirsi di ghiande.

Per questo partimmo – a due a due –
Mentre il Coro intonava gli INNi
Nella lingua che ricevemmo.
Fu breve il passaggio di mare
-Il caos imprigionato tra due rive-
e poi pianure, fino alle Alpi.
Non scegliemmo la pianura
Ma l’apertura di una valle
Scoscesa e fonda ricca di acque
E forre e nebbia.

Adesso che vedo la gran macchina del Ponte
Scavalcare con fatica le acque tonanti
Lascio che sia esso
a parlare Per i secoli
della dottrina che ascoltammo,
la più piccola di tutte
il granello di senapa
che germogliò l’albero della Sapienza.
Poi furono pietre sui pietre
Parole con parole e canto
e colore di mosaico tratto dal fiume
ad illuminare la cripta.
Ricacciò nel fondo dei boschi
i mostri e le fiere,
la gran forza dello scaturire
fu in parte racchiusa e utilizzata,
il Caos ordinato come nei Sei Giorni
in spighe e grappoli e animali ben governati
il tempo riprese il suo corso
in giorni e stagioni.

Ora sono io, Attala,
a parlare senza bisogno di parole
perché quel che ho da dire
lo diranno per sempre
questi segni – come parole
incarnati nella pietra
che sigilla il mio corpo:
questo è ciò che può nascere
dal seme della Parola
a tal frutto è chiamato l’uomo
che sposa la Sapienza.

Hic sacra beati membra
Miani solvuntur
Cuius caelum penetrans, anima….


Nella Chiesa di San Francesco,
dietro l’Abbazia di San Colombano

Un buon profumo di rose
Come altare di legno
Pulito da mani amorose
E unto da cera d’api…

Non so da dove è entrato
O forse sono i tigli del giardino…
Comunque
non basta a spiegare
L’incontro;
La rosa l’altare
La cera il profumo,
Sono rosa profumo
Cera e altare
Perché sono parte
Di Te.

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