Questa sera il lago Maggiore
sembra un giubbotto a prova di coltello,
da indossare negli innumerevoli momenti d'attesa,
nelle innumerevoli nottate d'angoscia.
Davanti a un calice di Porto Delaforce
dimentico i miei affanni scapiglio, selvatico,
l'idea del ritorno ad occupazioni micidiali,
ineffabili, inafferrabili come banda sbandata di montenegrini,
mentre fuori, col buio, si cancellano i ricordi di te,
Venere di Cannobio, amore mal digerito, in insane giovinezze;
e la batteria del portatile che svanisce,
portando con sé parole, pensieri, omissioni,
i morsi del cobra, forse, un'altra poesia.
Niente di male, niente di immortale,
ma, ridendo, brindiamo all'eremo, al silenzio,
senza strozzarci, senza tossir sul video
saliva, e mondi marci.
[Mostri, 2009]
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