Le canzoni dei diseredati tra nuvole di diossina e stradivarii
assaltano cieli irsuti d’aristocratici deretani,
straziando suoni nella distonica inanità
dell’atona aritmia cardiaca degli aforismi sismici d’afone divinità.
Non saranno mille euro al mese,
viados brasiliani in abbondanza, adolescenti in calore,
domeniche allo stadio senza studi
e morti in un sabato sera
svenduto all’industria del divertimento low cost
a neutralizzare i sintomi infettivi
d’una sconfitta inarrivata nella storia della scimmia minus habens.
Le canzoni dei diseredati, e dei folli,
cadenzeranno marce d’armonia ribelle
messe ad incanto nei mercati rurali
e nei rivenditori,
di malattia mentale incubi d’istrice
e silenziatori.
[Riserva indiana, 2007]
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