Pubblicato il 10/05/2011 15:43:27
Divinità temuta degli inganni, ineffabile lo sguardo di sfinge dall’eterno enigma.
A noi mortali le lacrime, la frenesia, gli affanni del dolore le stigma.
Magnanimo pareva il Tempo Giano bifronte. Ben presto si sarebbe oscurato nelle nubi di tragica burrasca il tuo orizzonte.
Inquietante signore metà in luce metà in ombra l’ambiguo viso con uno sguardo lo stelo della tua esistenza avrebbe reciso, come il vento impetuoso stronca un fiordaliso.
Pareva clemente il Tempo negli occhi il bagliore violento del lampo.
Con furtiva mano da baro già aveva capovolto la clessidra, scivolava via inesorabilmente la sabbia d’oro della tua vita, agli sgoccioli estremi, prosciugata la cristallina fonte nel fiume del dolore amaro.
Sulla riva oscura t’attendeva per il guado il ghigno feroce l’implacabile Caronte.
La fatale signora di tenebra vestita le stelle oscurava, nella notte alle tue porte bussava.
Nel viale all’alba silenzioso la strada deserta l’eco malinconica dei tuoi passi il profumo struggente di foglie morte, il destino vegliava in allerta.
Arsi nel sole d’un luglio lontano i miei sogni inceneriti dalla notte all’alba dileguati.
Il tuo sorriso evanescente mi brucia l’anima.
Il dolce tuo ricordo sulla spiaggia dell’estate perduta mi prende per mano nello sguardo luminoso d’una stella ad oriente.
E l’anima in fiamme come fuoco sacro s’estingue in cenere muta.
Il turbine del vento effonde la fragranza dell’emozione ridestata nel fugace momento.
E nel bacio d’addio della notte al giorno l’eco struggente dei tuoi passi nell’andare nel mio cuore fan ritorno.
Nel primo dardo del sole l’eco incancellabile della tue parole, di rimpianto e nostalgia mi consumo ed ardo.
E il maggio in fiore sussurra di Te nell’agreste, elegiaco concento, mormora il tuo nome il vento nella sinfonia di solitarie ore, nell’eclissi del dolore.
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