Pubblicato il 14/06/2011 14:40:55
Colpo di scena nella serale ora. L’Italia s’è desta alla buon’ora?
Il nano più non sghignazza, ammutolito tace, da giorni più non starnazza. Ad Arcore, alla faraonica villa tutto sprangato, altrimenti col giramento di eliche in Olanda sarebbe volato!
Prima il ventennale ardore l’assolo di trombone, ora il silenzio della sconfitta del povero fanfarone.
I proclami, le chiassate le favole risibili del contratto con gli italiani dimenticati in soffitta.
Nella sera il “coupe de théatre” il misero buffone non si dà ragione, nè pace.
E dal traballante trono il pesante deretano in terra batte, leva le scarpette col tacco e va a mettersi le ciabatte.
Povero Grande Puffo, oltraggiato e beffato! Seduto in terra vieppù risibile e buffo, il popolo è irriconoscente ed ingrato!
Eccoci qui come trent’anni fa.
La stessa audacia e idealità d’allora.
Solo qualche ruga in più, qualche illusione in meno l’amaro disincanto il nostro sguardo logora, mentre in fila si scende al capolinea dal treno.
Il nostro passo silenzioso sul selciato di rugiada ammantato nel primo mattino.
A milioni, anonimi. schivi, discreti, i visi onesti dell’Italia che lavora le mani candide, determinate che di lottare per i diritti non smettono un’ora e di passione s’accendono ancora.
Il nostro incedere veloce risoluto in agili falcate.
A piedi, in bicicletta col tram in treno, correndo oppure quieti e senza fretta.
Ci avevano propagandato a reti unificate: “Andate al mare, o lassù sui monti. Tacete, guardate il grande fratello nella celluloide soffocate il vostro orizzonte, asfissiate il cervello! Lasciate perdere i seggi!”.
E il popolo sovrano d’improvviso si stancò di beffe, raggiri e dileggi e librò liberi i pensieri in volo oltre l’orizzonte lontano.
A milioni tutti a votare, e pazienza, in altri giorni, s’andrà in montagna o al mare.
Non sudditi ma cittadini titolari di diritti a dipingere di nuovi, brillanti colori ed aria pura i freschi radiosi mattini.
Un popolo assopito che si desta e torna a decidere e a contare.
Sotto braccio il giornale la sigaretta accesa, nella quiete d’una domenica irreale la vittoria del domani alle nostre azioni in trepidante attesa.
Expedit! Veni, vidi, vici.
E l’alta marea del libero pensiero del dissenso critico silente ma inarrestabile sale e il servilismo ipocrita sommerge.
Rieccoci come negli anni settanta alla Stazione Centrale o a Roma Termini il fiume democratico della dignità e della consapevolezza che attraversava le città nel carminio corteo il giorno dello sciopero generale.
Rieccoci, oggi come allora, allegre e vivaci le nostre voci sorridenti i nostri visi nel riverbero ondoso del fiume in piena della riscossa morale e civile che dilaga.
In alto sempre le bandiere scarlatte il vessillo della rinascita color porpora sulle nostre gambe cammina più spedito e ardito ancora.
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