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Un cappello di paglia fiorentina

di Marina Pacifici
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Pubblicato il 04/07/2011 13:30:18

Vola inesorabile come folgore la Memoria
tra le radure brumose dei disincanti
e degli amari giorni del dolore
sotto la pioggia sfiora dolce
lo sguardo spento e commosso.

Ed ecco le corse spensierate
d’una bambina per gli assolati poggi.
Diadema delle brune chiome
un bel cappello di paglia fiorentina
dal fiocco rosso.

L’allegro tramestio di passi infantili
per i viali della nobile Fiorenza.
Nel sole dell’infanzia
accanto a lei
per mano la paterna presenza.

Palpita nell’anima di donna ferita
il ricordo dalle ali di fuoco,
nel lieto incedere d’una stagione dell’esistenza
che pareva festa di gala e lieto gioco.

Un padre e la sua bimba
a passeggiare all’ombra verdeggiante dei marittimi pini
verso San Miniato e il Forte Belvedere
per l’armoniosa salita,
la simbiosi di due anime
l’assonanza di due cuori vicini.

Piazza Santa Croce
nel sorriso di primaverile luce,
il viavai vociante del mercato,
all’ombra delle rinascimentali volte
la serenità del Tempo Ritrovato.

Insieme a Santa Maria Novella
per il chiostro ed il porticato,
ogni istante di quel giorno
nel bianco e nero della Memoria
nel prezioso scrigno ho suggellato.

La frescura del convento e del museo,
l’iridescente baluginio del rosone,
mano nella mano
nell’andante dell’emozione,
del Tempo volato lontano.

La cena insieme
nel ristorantino,
il volto fanciullesco di gelato impiastricciato,
il tuo sorriso divertito e rilassato.

Accanto alla statua del Divin Poeta Dante,
le carezze di seta della sera nello zefiro
la gioia splendente del mio ieri bambino,
della vita che iniziava a passo festante.

E Tu,
mio faro,
a me vicino,
il tuo volto sorridente e mite,
infinitamente caro
m’illuminava di pace serena.

Sconosciuta e remota
In quei giorni radiosi
Era del cuore la futura incombente pena.

Allegro per i viali affollati
Il nostro andare,
la sinfonia di ricordi
nell’anima immortalati
cui il cuore non smette commosso di tornare.

Dolce e indimenticabile
Il bacio radioso del sole,
dal caldo dardo,
le fole del vento d’aprile
agitavano in Piazza Signoria
Lo scarlatto giglio sul nobile stendardo.

Ogni tassello torna
Si ricompone il mosaico nel cuore
Nel primo movimento della mia nostalgia.

Ma già volgeva il meriggio d’oro
Al bacio di commiato della sera.
Sul mio capo fanciullesco,
dalle brune chiome
un’allegra paglia fiorentina dal nastro rosso,
la carezza tua amorevole,
la mia risata argentina.

Quel cappello
D’antica memoria
Fragrante di perduta felicità
Lo conservo ancora adesso
Come un tesoro.

Ora
Che nel gelo del mio inverno
Son rimasta sola,
e Tu sereno siedi al consesso d’angeli
e visi amati che più i passi non posano
per le antiche vie,
ad una fola di vento gentile
nel rimpianto di Te
di quegli anni
affido le mie elegie,
il mio malinconico canto
del nostro perduto fiorentino aprile.

E il cuore vola oltre l’azzurra immensità,
occhieggia ancora il giglio di porpora al vento.

Ti attendo ancora
in Piazza della Signoria
nel dilagare della mia nostalgia
che incendia di dolcezza la solitaria mia ora
nel palpito del tuo indimenticabile sorriso,
che nell’anima mia sempre carezza d’ aurora sarà….

Ora e sempre….
…Papà.






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