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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

Il guscio delle cose


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Pubblicato il 22/07/2019 12:00:00

 

dalla sezione IL GUSCIO DELLE COSE

 

IV

 

Ognuno passa come può

oppure passa come altro decide

ma un albero resta un albero

e un ricordo un ricordo

come poi sia possibile

incontrare le cose mentre accadono

è mistero dei misteri

del fato se si preferisce

o del dio se si crede.

 

Ma che tu possa essere albero è da discutere

oppure poco importa – pensi – e segui il vento

e le stagioni e aspetti che un’ascia o una sega

ti tagli alla radice e il tuo urlo sarà confuso

nel silenzio del creato e lei che forse ascolta

lo scambierà con un rantolo già udito.

 

 

 

dalla sezione L'APPENA NATA

 

II

 

Chi genera decide un nome

spera in un suono che non mente

attende una voce che dal futuro

dica che nulla è perso

e nulla resta immobile se il cristallo

che ci separa d’un tratto rivela uno spiraglio

ed eccoci a pregare perché il santo

diventi nostra tranquillità e speranza

mentre la cellula impazzita continua la sua corsa

ubbidisce a sé e alla sua pazzia

elude le domande

e svolta al crocevia fino a rendersi invisibile.

Si resta prigionieri della materia

e l’infinito si propone come finito

dove tutto avrà conclusione. Anche i petali

perderanno colore e profumo

anche le parole spariranno dalle pagine.

E ogni discorso sarà compiuto

nella cenere che resta.

 

 

 

dalla sezione COSÌ SIA

 

II

 

Ma c’è un’altra storia

che reclama la propria voce

l’incertezza del precario

questo essere e non essere

il tempo

l’avversario prediletto

che non accusa e non assolve

scorre senza pause incurante delle attese

invisibile ruota e ti illude

che possa restare prigioniero

di un libro o di labbra carnose

che sfiora senza peccato

o di lei già azzurra e trasparente

nella sua trasparenza

un tutto nel nulla pieno che non capti

se non con pronomi e avverbi

io tu noi loro in quel tempo in questo tempo

oggi domani ieri qui

siamo noi il tempo con i ricordi datati

e nell’ora della memoria in un bosco

che non è bosco

vedrai l’albero verde e poi secco

poi ancora vestito di foglie

e di nuovo spoglio

e poi e poi

dovresti avvicinarti e chiedere

delle radici in questo tempo

che non è il suo e che abita.

E così sia

se quello che si prova

ha un altro significato

una ferita tanto sottile

da scorrere nelle vene

ascoltare ad ogni respiro la voce

del dolore che chiama

e tu per gelosia o per rispetto

o per pudore non condividi

tu in questa sospensione

dove tutto accade per riaccadere.

 

C’erano voci e rami nudi

c’erano lacrime e c’eri tu

in quella foresta spoglia come assenza

che sussurrava dov’ero io quando tu eri

questo lei diceva carezzando l’albero

come litania o estrema preghiera

rassegnata quasi alla cadenza delle parole

che nel tempo perdono significato

nel tempo che non è questo

ma l’altro che misura

eppure ti ho visto andare via

o ero io che andavo

e adesso sono qui per te

o sei tu a esserci e io a non vederti.

 

 

 

[ da Il guscio delle cose, Daniele Cavicchia, Passigli Poesia ]

 

 


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