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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

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Pigre divinità e pigra sorte

Poesia

Patrizia Cavalli (Biografia)
Einaudi (2006)

Recensione di Roberto Maggiani
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Pubblicato il 17/12/2007

In questa sua ultima raccolta la Cavalli rivela, ancora una volta, il suo essere vera "Signora della Poesia", con quel suo versificare elaborato e pregno di satira sapienziale, è capace di arrivare al nocciolo di questioni esistenziali, quasi volesse farsi spazio a gomitate tra il chiasso del mondo moderno e consumista per dire la sua, obbligata da se stessa a scrivere per non lasciare la voce alla tracotanza del potere governante dei luoghi dove essa vive e all'ignoranza che invade le strade della sua città, anzi, delle strade in prossimità della sua abitazione, "E ciabatta ciabatta per le scale... / Andiamo, non si resta. Qui non si resta. / Eh no qui non si resta. Perciò andavamo per le strade alla vendetta. / Voglio vendetta, mi bucano le gomme, / ... / Pagherò l'agenzia investigativa / voglio vederlo in faccia quel bel tipo, / ... / E se dicesse - Aò, che vòi da me, oggi te rode?".

La Cavalli poi, visto che sta scrivendo, va oltre e analizza, scienziata improvvisata, lo spazio, il tempo, l'amore, le ambizioni della propria vita che spesso non sono quelle che avrebbe voluto che fossero, "Avevo altre ambizioni, sognavo / altre giustizie, / altre armonie: ripulse / superiori, predilezioni oscure, / d'immeritati amori regalìe", oppure "Il mio paesaggio che credevo sconfinato / ... / ora arrivata ai margini lo vedo: chiuso / orticello calpestato e spoglio, forse / per troppa cura soffocato... / E allora / spoglia anch'io andrò nel ricco mondo, anche se temo il suo ferroso chiasso..."; ma infine essa si rivela essere una donna non tanto di scienza quanto di conoscenza, quella che arriva dalle sue camminate (o scorribande) nei dintorni del suo ambiente domestico dal quale la Cavalli analizza e indossa la città, immersa nei suoi amori nei cui occhi vede il resto dell'umanità, incontra la bellezza, la ferma incredula, immergendosi in una contemplazione lucida del proprio pensiero.

Dalle sue poesie traspare l'idea che forse la Cavalli pensa che il mondo sociale potrebbe essere più attento a rispettare l’individuo e la sua esigenza di riservatezza e di spazi che per lo più vengono concessi, per i quali invece rivendica la necessità del diritto e non tanto della concessione (si legga la bellissima e lunga poesia "Aria pubblica").

La Cavalli non si concede, né nella vita privata (difficile entrarvi in contatto: non risponde mai alle lettere) né nella poesia. Il suo fare un po’ aristocratico che traspare dai versi li rende ancor più attraenti. L'impressione è che conceda i suoi versi a noi lettori solo perché questa è la necessità dello scrittore ma se potesse sono sicuro che li terrebbe per se stessa, troppo belli, troppo lucidi perché possano essere toccati dal popolo chiassoso delle strade.


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