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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

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Leggere gli uomini

Narrativa

Sandra Petrignani
Laterza

Recensione di Anna Maria Vanalesti
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Pubblicato il 08/04/2022 12:00:00

 

Sandra Petrignani ci ha abituato ai suoi avvicinamenti alla scrittura di noti autori e autrici, ai suoi attraversamenti di vite illustri che inevitabilmente portano ad una maggiore conoscenza e ad una maggiore comprensione delle opere letterarie soprattutto del Novecento. Lei ha perimetrato non solo la letteratura italiana, ma quella straniera, direi quasi mondiale, con un lavoro incessante di lettura e di analisi, un lavoro appassionato, teso più ad arricchire sé stessa, che a dare un’interpretazione critica. E infatti, pur svolgendo da anni un’attività di saggistica, di critica e di ricerca  nell’ambito della narrativa e della prosa, si è sempre differenziata dagli altri critici e letterati  per due aspetti significativi: perché ha fatto delle sue infinite letture la via prioritaria della sua formazione umana e culturale e perché, scegliendo i suoi maestri e modelli di scrittura, ha saputo costruire una “sua” scrittura, realizzando un’originale e individualissima operazione linguistica ed espressiva. Ciò che ha letto e ha fatto proprio della letteratura specialmente novecentesca, oltre che di oggi, non viene mai da lei restituito in modo freddo o distaccato, ma è sempre legato ad un coinvolgimento personale, dovuto al fatto che la Petrignani non dimentica in alcun momento, di essere una “donna che legge” e una “donna che scrive”. E qui si apre il discorso su un’altra coordinata che ci guida per capire meglio la sua produzione, cioè la difesa che Petrignani ha sempre fatto della parità dei diritti della donna, potremmo parlare del suo femminismo ma sarebbe riduttivo ricondurre il suo modo di essere e di operare solo ad un orientamento femminista, che per definizione è da considerare un’ottica di giudizio parziale e in parte estremista. La Petrignani sente che tra gli uomini e le donne c’è una profonda differenza di genere, che inevitabilmente si riflette nella scrittura, differenza che ha segnato il destino delle scrittrici, così come delle artiste in generale, perché nella storia è evidente che l’affermazione e il successo siano stati a senso unico, pevalentemente maschile. Le donne sono state considerate sempre inferiori, per capacità e intelligenza, rispetto agli uomini e non c’è dubbio che la loro presenza nell’arte e nella società, sia stata, se non altro numericamente, minore in confronto a quella degli uomini.

In questo libro Leggere gli uomini potremmo dire che la Petrignani abbia tracciato una sorta di autobiografia, ripercorrendo il cammino della sua formazione, attraverso i libri che ha letto sin dall’infanzia e dall’adolescenza, libri di uomini, di scrittori  che ha amato e qualche volta odiato, di autori che in quanto appartenenti al genere maschile, hanno potuto avere la libertà di scrivere, di occuparsi solo della propria arte, magari lasciando alle donne la cura di tutto il resto, che hanno avuto uno spazio tutto loro dove rifugiarsi e isolarsi dal mondo per dedicarsi completamente alla scrittura, e che focalizzando la propria attenzione a temi precisi, sono stati influenzati dal loro genere maschile, pur quando hanno raggiunto un livello artistico molto alto. Ed ecco che sfilano davanti a noi, “in ordine sparso”, come dichiara l’autrice, grandi scrittori del passato (ma anche di oggi) la cui lettura ha accompagnato la crescita della Petrignani: Tolstoj, Gogol, Henry James, Nabokov (tra tutti il preferito), Goethe, Beckett, Kafka, Proust, Bernhard, Calvino, Pavese, Berto, Scott Fitzgerald, Simenon, Moravia, Pasolini, Manganelli, Malerba, Tabucchi, Melville, Conrad, e tanti, tanti altri.

Interessante è il modo in cui l’autrice si accosta a ognuno di essi, perché innanzi tutto se ne innamora e poi, cogliendo il tema centrale trattato nei singoli romanzi, prova a studiarne e conoscerne la personalità attraverso episodi biografici, tratti intimi della vita familiare, il rapporto con le donne o con la loro donna e persino la casa dove hanno abitato. Quest’ultimo elemento riveste per Sandra Petrignani una straordinaria importanza, non a caso anche in alcuni libri precedenti, Le signore della scrittura e La scrittrice abita qui, si è occupata delle case dove gli autori hanno abitato, per meglio tratteggiare la loro personalità.

Ma non basta, si aprono ai nostri occhi gli orizzonti a cui si sono spinti quegli autori letti nella giovinezza; dal tema del “prendere il volo” con Peter Pan e Kim (i libri-radice, così definiti) al problema del rapporto col padre, con cui la Petrignani, si confronta attraverso il rapporto che quegli autori ebbero col padre, (si guardi la sezione intitolata Parlami di te), alle abitazioni, di cui si è già detto, al tema del doppio, a quello della madre, all’amore nella sua unicità, al tema della morte e l’ossessione della fine, all’eterno conflitto tra bene e male (vedi il Faust di Mann), al tema del fantasma, da Shelley (Frankstein) a Tabucchi, ai viaggi e all’andare in terre lontane, sulle tracce di uno scrittore amato.

L’autrice pur rimanendo ferma nella convinzione che la differenza di genere tra scrittore e scrittrice determini una ineludibile differenza di comportamento, talvolta persino una certa arroganza dalla parte maschile, cerca lo scrittore nei suoi spazi, nel suo stile di vita familiare, nel suo modo di vivere il rapporto sessuale e inevitabilmente lo sorprende sempre più libero della donna, avvantaggiato da un’interminabile storia di affermazioni e di privilegi concessigli sin dall’antichità.

Inoltre, la Petrignani, misurando su di sé il risultato prodotto da ogni singola lettura, racconta spesso della situazione o degli stimoli esterni che l’hanno condotta a leggere quel dato libro e degli effetti che tale lettura ha avuto su di lei. È dunque un cammino nella sua anima, nella sua stessa vita di scrittrice e di donna, che si è accorta di quanto “le immagini del femminile nella mente maschile siano spesso assurde, stranamente contradditorie e per gran parte inconsce. Ma non sempre a nostro favore”. Questo dice la stessa Petrignani a conclusione del libro, dopo aver spiegato che per tutta la realizzazione del lavoro ha cercato di tenere sempre un punto di vista femminile e di aver voluto, solo “contemplare in pace la bellezza del mondo letterario” come diceva Lalla Romano.

In definitiva questo titolo Leggere gli uomini ha almeno due significati: uno letterale, cioè leggere scrittori e non scrittrici, uno allegorico-morale, cioè interpretare gli uomini, nel loro pensiero e nelle loro azioni. Sandra Petrignani ci è riuscita benissimo, grazie anche alla sua scrittura fluviale che le ha permesso di passare da uno scrittore all’altro, citando passi e brani che le sembravano significativi, perché l’avevano colpita durante la lettura, senza badare a nessun ordine né cronologico, né tematico ma solo lasciandosi guidare dai suoi ricordi e dalle sue impressioni di lettrice. Infine, bisogna dire che un’altra categoria che presiede questo libro dall’inizio alla fine è quella del “Tempo”. Mediatore è naturalmente Marcel Proust di cui l’autrice riporta indimenticabili brani in cui tutti ci siamo riconosciuti, come quello dell’attesa del bacio materno della buona notte e quello in cui si dice che gli uomini hanno un posto angusto nello spazio, ma sono comunque come “giganti immersi negli anni, età così lontane l’una dall’altra, tra le quali tanti giorni sono venuti a interporsi nel Tempo”. Il Tempo che, come dice Petrignani, “manca e finisce, ma anche ci devasta esteriormente”.

Leggendo questo libro ci accade di ripercorrere tante letture che anche noi abbiamo fatto ma anche di imbatterci in tante che non abbiamo fatto, perché pur saltando qua e là da un autore all’altro, da un brano ad un altro scopriamo sensazioni incredibili dinnanzi alla descrizione, o alle parole che esprimono il pensiero di chi le ha scritte e ci appassioniamo a quelle opere, anzi desideriamo rileggerle o leggerle, se non lo abbiamo ancora fatto. La notevole capacità della Petrignani nella scrittura consiste nel saper entrare nel libro di cui parla, strapparne un frammento e su quello lavorare a fondo con un’analisi che ne mette in evidenza la bellezza, la insostituibilità dell’espressione e quindi ci restituisce la voglia di accostarci o riaccostarci a quel determinato scrittore. Per questo bisogna leggere questo libro, non per rimarcare la battaglia femminista della parità dei diritti, ma per riscoprire quanto in ogni scrittore uomo ci sia anche “il femminile” e sia “la parte sepolta e oscura della narrativa degli uomini”.

Alla fine dell’intera lettura tutti quei frammenti, quegli stralci tratti dalle varie opere si mescolano, come l’autrice stessa si augura, componendo un'unica grande opera, in cui i pensieri di tutti gli scrittori si incontrano e si uniscono col pensiero di questa nostra sensibilissima scrittrice che confessa nelle ultime pagine di aver cercato di attivare ad ogni passo il suo “essere un lettore donna”, il che ha acceso in lei una comprensione nuova dei libri che andava leggendo.

 


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