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Le parole agre

Poesia

Narda Fattori (Biografia)
Edizioni L’arcolaio

Recensione di Paolo Polvani
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Pubblicato il 24/04/2012 12:00:00

Esistono diversi motivi per apprezzare e amare Le parole agre di Narda Fattori.

Il primo è che vi si leggono tutti i libri che l’hanno preceduto, non soltanto quelli, numerosi, che ha scritto, ma anche tutti quelli, ancor più numerosi, che ha letto, recensito, annotato nel corso della sua lunga militanza poetica.

Il pregio di tale qualità conosce un doppio versante: a un occhio smaliziato balza agli occhi la pazienza artigianale, la cura per la pulizia, per il rigore stilistico, in una parola il lavoro che sta alla base del fare poetico, che è quella tensione perenne a ricercare la parola esatta, il giusto incedere, l'angolatura perfetta, quell’impegno totale affinché il verso sprigioni per intero il suo potere seduttivo, che semplicemente significa prendere la mano del lettore e condurlo nell'esperienza della condivisione senza che scivoli via, senza che si perda: strumento di contatto, esperienza esistenziale di reciproco arricchimento.

 

Questa capacità del lavoro artigianale emerge dall’impasto lessicale, dalla tessitura sapiente eppure lieve in cui ogni parola trova la giusta collocazione per liberare la propria intrinseca energia.

Un’esemplare semplicità espressiva è il risultato di un lavoro intenso e costante.

 

Io l’apprendista non ho mai imparato

e i giorni mi sono scorsi come sassi

come profumi e calori sulla pelle

ma come si può imparare la vita

senza farsi del male senza scivolare ?

 

Apprendista – mi dico – e viva

per lo stupore che ancora mi prende.

 

L’altro versante di questa caparbia tensione e attenzione nel lavoro con le parole è offerto dall’apparente naturalezza dell’incedere, come se fosse usuale e quasi scontata la resa del verso, quel buon sapore che procede dalle parole quando vengono organizzate in maniera encomiabile:

 

in fretta in fretta sul frutto maturo

piccolo passero di minuta fame

quel miele in gola quel miele canta.

 

A volte il gesto atletico manifesta una tale naturalezza, appare talmente privo di sforzo che a molti certamente viene da pensare che non sia poi così difficile correre una maratona, tanta elegante leggerezza manifesta la falcata.

Mettere insieme un buon libro di poesie non è diverso dal correre una maratona, ci vuole la costanza di molti chilometri poetici, impegno, muscoli allungati, polmoni capienti.

Tutte qualità che in Narda si lasciano leggere controluce, nella stessa leggerezza del maratoneta.

Mi sembra che sia questo un insegnamento basilare per tutti quelli che intendono cimentarsi nella costruzione del verso.

Per vincere la resistenza delle parole, l’attrito che le avvince alla banalità del quotidiano, bisogna averci molto combattuto e lottato, e anche sofferto, nel tentativo di liberarle dalla gregarietà e restituirle lucidate al loro splendore originario.

 

 

È vero – ho cambiato voce

m’infilo sottotono annuso tracce

attendo paziente sempre più spesso

                                               taccio.

 

C'è troppo rumore attorno.

 

Altro aspetto che rende amabile ed esemplare questo libro è la capacità di immedesimazione, l’assumere punti di vista diversi, entrare nello spirito e nella vita di molte persone.

La poesia mette in scena irrimediabilmente l’io.

Tuttavia anche l’io è un’entità modulabile, estensibile, dalle dimensioni variabili.

Qui non ci troviamo di fronte a un io che fa agire personaggi, tira fuori soggetti che reclamano una vita autonoma, attori oggettivamente individuabili.

Nella sezione intitolata Frammenti di anatomia è l’io dell’autrice che si cala in diversi panni, che si seziona secondo un procedimento anatomico e rivela le sue molte componenti.

Un metodo procedurale ben espresso nei seguenti versi:

 

Sono la moltitudine che niente sa del male

e si suicida spesso e con fantasia.

 

Così l’autrice veste i panni di figure emblematiche che raccontano l’oggi, documentano il vivere quotidiano, diventa somma di molti soggetti, multipla e irripetibile, allarga il suo io fino a ricomprendere la sconnessa, la scampata, la mentitrice, la predatrice, l’inadeguata, la svergognata, l’assassina, la bestemmiatrice, la viandante, la disperata, la ladra, l’ammalata, la precaria, e a tutte offre la voce, offre un nido alle prese con la bufera.

 

Sono una donna di poco pregio

neppure tanto salda nell’anima e nel sangue

attardata e troppo avanzata

insomma sempre fuori tempo fuori luogo.

 

Narda ci offre una visuale ampia e generosa, assume un tono partecipativo e corale, abbraccio in cui è sospeso ogni giudizio, ci regala la tensione di una poesia che comprende il destino degli uomini.



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