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Follia

Narrativa

Patrick McGrath
Adelphi

Recensione di Giorgio Mancinelli
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Pubblicato il 19/06/2012 12:00:00

Una corrispondenza indissolubile tiene legato l’amore alla follia come la vita alla morte. Una equazione quasi scontata si direbbe se la soluzione non fosse che all’amore interiore, veritiero, intimistico, non corrispondesse un grado di follia estremo, viscerale, profondamente vissuto come quello intriso di libidine vischiosa, dell’olfatto che sale alle narici e che traspira attraverso l’epidermide, in queste pagine fortemente letali. Ci si accorge ben presto che nessuno di noi (lettori) è avulso dal trovare in queste pagine qualcosa che lo riguarda da vicino, nell’inconscio che pure ottenebra la tormentosa vicenda dell’amore, in ciò ch’è insito nella ‘follia’ d’amare cui ognuno va soggetto. Perché non c’è amore senza conoscere quel fuoco inspiegabile, incomprensibile, che attanaglia gli uni agli altri in una morsa che non lascia scampo se non nella morte. Inutile illudersi che dalla presa ci si possa infine liberare, chi vi riesce indugia nella finzione, nell’illusione che alla vita corrisponda un’altra vita o la possibilità del risorgere in un'altra vita, diversa, nuova, straordinariamente felice. È falso, ci dice l’autore, alias lo psichiatra-narratore di questa storia d’autentica follia, al punto che egli stesso s’innamora della sua paziente Stella, che in una seduta gli rivela la profondità e l’incontrollabilità di una scelta scriteriata: “Non si controlla un innamoramento, non è possibile. La verità è che non ho scelto affatto”. È questa l’anamnesi di una verità patologica che ci rivela in pieno il mistero della nostra fragilità di fronte a un sentimento oscuro come l’amore, divertente ed eccitante, piacevole e allarmante quanto spaventoso, aggressivo e violento, che in qualche modo ci rende umani. E qui l’autore, in quanto essere umano, si rivela narcisista ancor prima che un infatuato edonista, si offre e ci offre, la possibilità di un riscatto da qualunque accadimento sia fatto in nome dell’amore, col dire che ciò avviene: “Senza una ragione al mondo, ovviamente, o forse proprio per questo, sì, perché la fiducia, e la speranza e l’amore sono tali in quanto nascono e crescono a dispetto della ragione”.
Ma se la trama non ci è nuova, lo stesso Freud s’innamorò della sua paziente Anna O., cosa che gli fece dire: “Il fatto di dipendere dall'oggetto amato fa calare l'autostima, chi ama è umile. Chi ama ha, per così dire, rinunciato a una parte del suo narcisismo, e tale parte può essere rimpiazzata solo dal venire ricambiato in amore”. E se come Freud ancora dice: “La lingua serve non solo ad esprimere i propri pensieri ma soprattutto a comunicarli agli altri”, dalle pagine di questo romanzo apprendiamo che “i motivi base per ogni azione umana sono la sessualità e l’ambizione”, e non ci resta che ammettere che “l’amore” sta “all’odio” come perfetto opposto di questa vicenda “cupa e tormentosa”. A chiunque (di noi lettori), in tal caso, riuscirebbe impossibile anche solo darsi un contegno e potrebbe perdere le proprie fragili sicurezze: “In alternativa all’odio Stella provava solo indifferenza, un senso di vuoto, di morte, di freddezza in cui riconosceva una forma di aggressività passiva”, valutabile come una forma di “follia”  ancora più audace, perché più intransigente quanto intollerabile, che inquieta chi ne è succube, facendolo sentire sempre sotto scacco, al quale non concede possibilità di scampo. Se non volete mettere a repentaglio la vostra integrità morale e psichica non leggete questo romanzo perché potreste scoprirvi qualcosa di “voi stessi”  che non vi piacerà, ché in amore tutto può diventare lecito, se suggerito da un sentimento profondo che porta alla follia. Sulla scena letteraria odierna ormai non si muovono che fantasmi, pur tuttavia ingegnosi e attenti a scuotere le tende del palcoscenico impolverato dei nostri sentimenti, con nuove sceneggiature, nuovi protagonisti, nuovi abbagli di luci, per cui, alla fine, l’applauso è di rigore. Ma seppure lasciamo ad Emily Brontë di fornirci la chiusa del dramma, nell’ombra delle quinte è l’anziana “Lady Chatterley” a suggerirci cosa davvero significa amare.

Adeguati alla lettura di genere:
David Herbert Lawrence – “L’amante di Lady Chatterley”
Emily Bronte – “Cime tempestose”
Grazia Deledda – “Canne al vento”
Oscar Wilde – “Il ritratto di Dorian Gray”

(saggi/romanzi su S. Freud)
Irving Stone – “Le passioni della mente”
Jed Rubenfeld – “Linterpretazione della morte”



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