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L’uomo dell’arcobaleno

Poesia

Valter Casagrande (Biografia)
Universitalia Editore

Recensione di Patrizia Pallotta
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Pubblicato il 18/06/2013 12:00:00

 

Il mondo poetico che ci consegna Valter Casagrande, attento spettatore della vita, è permeato da un incedere delicato ed incisivo che, pur nell’esaltazione dei valori e delle bellezze esistenziali, rimane aderente alla verità ed alla realtà.

L’autore non cerca risposte: esse si nascondono, sotto forma di metafora, fra gli elementi della natura, così consoni e vicini all‘autore, e si esplicitano attraverso un plasmare parole semplici, seppure inserite in un contesto originale ed efficace.

Valter conosce perfettamente il film della vita: la sua poesia trasforma ed abbraccia il vissuto, il presente ed il futuro con estrema lucidità d’intenti, grazie a versi che si lasciano leggere incantando per la comune appartenenza.

I sogni, i ricordi sono spesso presenti in questa raccolta poetica, sempre accompagnata dalla dimensione del reale, mai contraffatto.

Le immagini della natura viva aiutano a comprendere il netto contrasto tra la segreta serenità che possiamo ancora trovare in luoghi dal sapore antico e la vita tecnologica che incombe ma alla quale dobbiamo adattarci. Il borgo tranquillo ai piedi del quale nascono costruzioni “caotiche e dure” descritto ne “il Paesaggio”, poesia fra le più toccanti, testimonia l’ennesimo confronto/opposizione.

L’animo del poeta vive la distanza fra i due mondi e fra gli aggettivi “vecchio e nuovo”, “lontano e presente”: una ruota che gira in nome del progresso ma, al contempo, un acerrimo combattimento per l’evoluzione.

Compare la rappresentazione del “rammarico” reale, che ogni volta si trasforma in un’icona che “scorre verso verdi vallate” (da “Sol invictus” ), mentre torna prepotente il mito di Orfeo e Euridice del quale Valter Casagrande è cultore.

L’abbraccio di riconoscenza verso il matematico Leonardo Fibonacci ed  altri personaggi noti al mondo della musica, come Fabrizio De Andrè e Pierangelo Bertoli, lo sguardo attento al mondo animale, danno corpo al senso di profonda sollecitudine che “agita” la mente di Valter; un piglio sincero, un tributo a tutti e per tutti.

La disperazione di un’alba malata che trasforma il giorno in relitto - una disperazione vegliata, ma nascosta nel fondo dell’anima - ha sapore di rabbia repressa ed annulla la voglia di combattere. Il salvagente del poeta è lo spettacolo della natura: ritrovarsi in essa purifica il respiro e sostiene, restituendo la forza per camminare ancora e seguire quel tragitto destinato o costruito dall’uomo stesso, spesso artefice del suo destino, sulla base di scelte che mai si devono giudicare, qualunque sia la loro natura.

La realtà filosofica di Valter Casagrande coincide, spesso, con quella pirandelliana: nel momento in cui la nostra personalità emerge, diventa automaticamente illusione perché scaturisce da un sentimento soggettivo che, in realtà, ci separa dal resto della vita, lasciandoci al buio.

Il “cronometro” di Valter non scandisce mai il contingente ma lega passato e presente in un unico svolgersi, radicato, peraltro, come nascesse dalla terra.

L’ottimismo di fondo del poeta, si pone in netta discordanza con il pensiero di Ugo Foscolo, il quale crede nell’eterno nulla.

L’uomo, sostiene il grande poeta, nasce e muore materia, non trova scopo nell’esistenza umana e ciò suscita un profondo turbamento interiore, che permea ogni sua opera.

Gli ideali di libertà, bellezza femminina, amore per la patria, dedizione per l’amicizia e le virtù, erano ritenuti dal Foscolo perfette illusioni. Questo è il negativo di una foto mai sviluppata interiormente, portata all’esasperazione dal vuoto che, per il Foscolo, acquista armonia solo attraverso la poesia.

Nel poeta Valter Casagrande non vive alcuna forma di pessimismo, non c’è alcun ripiego di pensiero quando il suo sguardo lucido va verso quella realtà dalla quale non viene mai schiacciato: nelle chiuse delle poesie si apre sempre un varco infinito.

Pur parlando di momenti diversi, di intendimenti in contrasto, i due poeti sono immagini restituite da uno stesso specchio, due colori che si contrappongono, il bianco e il nero: l’uno si protende a scoprire e far scoprire il sereno, l’altro vede solo buio intorno a sé.

“Il male dell’anima” in Valter prende un percorso totalmente diverso: introducendosi nel caleidoscopico passaggio tra colori cangianti, muove verso l’arcobaleno, dove potersi addormentare: la speranza non prevede né contiene il grigio ma  sorride ad un’unica iride.

Questo aspetto, tipico delle sillogi di Valter, è un lavorare passo dopo passo alla presa di coscienza del sé: il poeta riesce a toccare il cielo della speranza, gustare il profumo del domani che verrà con i suoi orpelli ma, anche, con un bagliore nuovo che scintilla nell’anima e non rappresenta una via di fuga bensì una strada priva di ombre.

E’ estremamente interessante ascoltare la sua voce come fosse fremito di cetra nella brezza dei canneti, presso la foce del fiume dell’esistenza.

 

Tu eri la  sera

che incombeva

sul mio corpo,

gravosa

come una pietra

e soffocavi il respiro.

Oggi ho slegato

i nodi della terra

e scoccato la freccia

verso l’arcobaleno.

Oggi sono salvo

d’ogni materia

entro nel suono

dell’immaginifico

e ti porto con me.

 


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