Pubblicato il 15/06/2024 07:20:46
Bla…bla…bla …Si dice…
“Quando il gatto non c’è i topi ballano”, è quando accade nel nostro Parlamento sempre meno parlamentare, anzi piuttosto silente, quando non finisce a bagarre o rissa da osteria, mancano solo i coltelli di rusticana memoria. Non che ci volesse una così grande intuizione per capire che lasciato alla mercé di pavidi costrutti i protagonisti dell’attuale politica si sarebbero ben accomodati, per meglio dire ‘sbragati’ sulle poltrone nel modo medo consono a rappresentare dignitosamente un popolo e un paese. Non oso dire di una ‘nazione’ perché a furia di svendere i gioielli di famiglia, dell’Italia che fu resta ben poco, se non che qualche briciola economica del saldo che dovremo pagare prima o poi. Ma il peggio non si è ancora visto, dopo ‘finita la pacchia!’ gridata a gran voce i ‘topi’ stanno rosicchiando quel che poco rimane di un pasto ben scarno dalla restaurazione dell’ultima guerra che ci ha visti perdenti e massacrati a più non posso dagli stessi italiani che non hanno accettata la sconfitta. Sì che con l’astio per la perdita, l’avida sete di vendetta protratta, è subentrata negli animi l’avveduta riscossione del laggio impagato del proprio ego, e che proprio nei nostri giorni sale alla ribalta in ogni ambito, che va dal riscatto culturale all’arsura di potere, dal volere appropriarsi di ogni cosa a non lasciare niente per dopo, come se i loro stessi figli non debbano poi pagarne le conseguenze. Siamo alle solite, si dice… “Culo che non ha mai visto camicia la sporca di merda” e mai detto popolare corrisponde perfettamente al vero, onde per cui l’analfabeta non potrà mai fare un discorso sensato, la volgare eloquenza dell’illetterato seguire una logica costruttiva, così come viceversa, il popolo ‘affamato’ non mancherà, prima o poi, di dare l’assalto alla panetteria e/o mettere alla gogna quanti sostengono l’ipocrisia di un falso Parlamento, onde riappropriarsi dei propri diritti. È quanto meno inutile enunciare a spron battuto falsità sui conti pubblici quando poi, ogni giorno, si devono fare ‘i conti della serva’; un brillante resoconto non riempie gli stomaci vuoti di quanti vanno a fare la spesa e/o consegnano la propria dignità di onesti cittadini, alla Caritas, alla CRI ecc. ecc.. Qualcuno dovrebbe dire, anzi gridare ancora più forte, che lì dove ‘finisce la pacchia’ per qualcuno, non ce n’è neppure per gli altri (quelli che in primis hanno gridato), che insieme alla dignità andranno perduti molti degli altri valori costruttivi, come la voglia d’impegnarsi in un lavoro, di mettere al mondo dei figli, di riconoscersi in una civiltà, di adempiere a quei doveri di convivenza reciproca ecc. ecc. Davvero vogliamo che tutto questo avvenga solo per uno stupido ‘bla…bla…bla’ di qualcuno che, solo perché deve aver vissuto in cattività, non riconosce un valore propedeutico alla sopravvivenza? Davvero vogliamo dare quel che rimane in pasto ai signori della guerra e a quanti li sostengono? Beh, se è questo quel che vogliamo, accomodiamoci pure e prepariamoci a scavare con le nostre mani le fosse che ci accoglieranno. Di certo ‘non in pace’ ma piuttosto avvelenati, perché il pane tolto ai nostri figli, ci peserà sulla coscienza anche dopo morti, perché le generazioni che seguiranno, non conosceranno altro che il male, odiando tutto e tutti senza rimedio e senza riscatto, perché non sapranno a quale Dio rivolgersi. Dopo l’irreversibile ‘caduta degli antichi dei’ quanti ne rimangono sui piedistalli, che siano cristiani, musulmani, indiani o altri, le diverse confessioni non hanno saputo trovare una congiunzione teologica che accomuni gli spiriti ancestrali in un unico linguaggio significativo di pace e di sostegno a questa umanità sempre più disastrata su tutti i fronti. Né potranno consegnarsi alle macchine, perché presto anche quelle finiranno dismesse nelle discariche delle rottamazioni e negli scaffali polverosi della storia. Sempre che quest’ultima dimensione tecnologica AI non comprima l’umanità tutta negli effetti intravisti da Fritz Lang in “Metropolis” nel lontano 1926, dove l’umanità è tutta compressa nel ‘profondo’ di una regressione di civiltà sotterranea, da dove infine, almeno così sembra, l’umanità sia un giorno fuoriuscita. “Il profondo è ciò che si nasconde, è ciò che si tace”, scrive Gaston Bachelard in “La psicoanalisi del fuoco”, a cui aggiunge “Si ha sempre il diritto di pensarci” e/o di ripensarci. Sebbene al contrario di ciò, una spiegazione razionale e oggettiva va data, un’altra spiegazione, per avventata che sembri, va fatta, avvalendosi della psicoanalisi, per cui “se il fuoco, in quanto figlio dell’uomo faber, è l’esperienza che illumina e riscalda, allora il fuoco è l’amore che ci ha visti nascere e ci ha condotti fin qui, un fuoco da trasmettere e che ancora può sorprendere”. È dunque l’amore che ci salverà e che salverà il mondo, basterà che lo vogliamo. Per quanto l’Apocalisse sembra ancora essere lontana, non resta che affrontare il prossimo temporale, sperando che si trasformi in un altro diluvio.
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