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Commenti al testo proposto da Redazione LaRecherche.it
Ti prego, lasciati mandare al macero
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Giovanni Baldaccini
- 09/09/2013 20:40:00
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Non conosco il libro e credo che non lo conoscerò mai, per cui non mi esprimo. D’altra parte credo sia buona regola diffidare dei premi letterari e dei libri che li vincono perché sappiamo bene quale sia la "logica" che li sottende. Sappiamo anche come queste cose non avvengano per caso perché alla base di qualsiasi fenomeno commerciale ci sono ampie indagini di mercato e se, dunque, gli editori pubblicano questo è perché sanno che incontrerà il gusto del pubblico. L’opera di "rieducazione" che sarebbe necessaria per cambiare questo tipo di condizione è talmente sconfinata che rende scoraggiante persino pensarci. Personalmente posso solo ribadire che mi guarderò bene dal leggere questo libro e i troppi altri simili. La recensione rende giustizia al piccolo senso di indignazione di pochi.
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Emilio Capaccio
- 09/09/2013 18:01:00
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Smettiamola di parlare dei lettori come fossero persone. I lettori sono “portafogli”, tutto qua, dai quali scucire, con attente e mirate recensioni chirurgiche, promosse dagli editor e dalle campagne pubblicitarie (finanziate dagli editor), una decina di euro a cranio: più crani si reperiscono, più euro si convogliano nelle casse sempre afflitte da malesseri di siccità dei suddetti editor. So che è una cosa scontata per quanto empiricamente, ampiamente, dimostrata e so anche che esiste ancora un’esigua editoria che non segue, o meglio, non persegue spudoratamente solo logiche di profitto, ma valuta ancora, anacronisticamente, la qualità della scrittura e l’originalità dell’opera. Come i lettori possono difendersi da tutto questo trafficare di edite panzane? Semplice: orientandosi sui classici...tiè! Il fatto è che i pochi lettori che sono rimasti in questo deserto di parole, banalità e sensi vuoti, non hanno idonei strumenti di discernimento, sono manipolabili e suggestionabili proprio con quelle campagne pubblicitarie e recensioni che attentano profondamente la capacità di decidere autonomamente se acquistare o no un libro. Quali strumenti ha un lettore di fronte a un libro di un autore che non conosce? La recensione, la campagna pubblicitaria o il passaparola. Gli editor giocano e impostano la loro azione persuasiva proprio su questa fragilità strutturale del sistema e del lettore in sé, però, forse, pensandoci bene, un sistema ci sarebbe: entrare in libreria, prendersi un po’ di tempo per leggere qualche brano del libro che si vuole acquistare, questo sì, è fattibile e denota anche una certa responsabilità etica del lettore. Poi, per carità, ci sono anche lettori che se trovassero scritto una frase, tipo: “abbiamo andato al parco, ieri...” non si accorgerebbero neppure dell’errore, ma non credo sia questo il vero problema. Sul libro vincitore del Premio Bancarella non spendo nemmeno una parola, mi pare sia tutto già fin troppo eloquente, solo un profondo senso di amarezza e disgusto e la sacrosanta considerazione che in questo modo si è dato, principalmente, un colpo mortale al prestigio e all’autorevolezza del premio stesso.
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Luciana Riommi Baldaccini
- 09/09/2013 17:16:00
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Sì, anche io l’avevo già letta e condivido in pieno sia l’invito al macero sia le considerazioni di Franca sul clima culturale in cui questa roba coerentemente s’inserisce. Profonda tristezza per l’impossibilità, sembra, di migliorare il livello dell’editoria (d’altra parte la Newton Compton non brilla per raffinatezza). Di queste cose ho parlato anche nel mio articolo "Il deserto dei libri", dove lanciavo un vero grido di dolore per la confusione tra "narrativa d’intrattenimento" (legata non solo alle logiche di mercato, ma anche a quelle del potere: più la gente resta priva di strumenti critici più è manipolabile e succube) e quella che dovrebbe essere la "letteratura" (che comprende prosa e poesia, naturalmente), con la sua funzione anche "sovversiva", direbbe Manganelli, con la sua ricerca linguistica, con l’espressione di qualcosa che la "coscienza" collettiva non ha ancora colto e che il letterato e l’artista pre-sentono, pre-figurano e offrono alla riflessione. Ma questo "libro" è solo un piccolo, forse insignificante (se non fosse per il premio assegnato) tassello di un mosaico dove si declinano tante, troppe "sfumature" del degrado culturale nel quale ci troviamo a vivere. Nel mese di agosto ho riletto, dopo circa trent’anni, "Lo spazio letterario" di Maurice Blanchot, che probabilmente ben pochi di coloro che si muovono nell’ambito della scrittura commerciale conoscono: non è la "bibbia", ovviamente, ma più di una volta leggendolo mi è venuto in mente di smettere di scrivere, o smettere di ritenere che ciò che faccio quando scrivo sia veramente "scrivere".
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Franca Alaimo
- 09/09/2013 16:35:00
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Nulla di più consono al livello culturale dominante, errori e orrori compresi. Bisognerebbe raccontare la vera storia, quella nascosta, del libro, anche se non ci vuole molta immaginazione per farlo. Insomma, questa storia riguarda il come ed il perché si raggiungono certi risultati: la raccomandazione (su cui si basa il sistema). Però se c’è una cosa che mi piace moltissimo è il titolo: infatti, è l’invito che tutti rivolgiamo a questo libro.
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Gian Maria Turi
- 09/09/2013 16:03:00
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Avevo già letto questa recensione, che dire? Se non altro casi come questo mostrano in piena luce anche ai ciechi come vanno le cose (tanto poi i ciechi non le vedono lo stesso... un po’ come per l’ultima alleanza PD-PDL...)
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