*
Se soffio forte, se urlo o se sussurro,
se scivolo, qualcosa cambierà
nell'universo? un atomo di sabbia
diventerà pianeta? il cinguettare
del cardellino chiuso tra la fronda
viaggerà tra le stelle sopra un'onda?
*
La vita dei bicchieri e delle stelle,
tutta gentile e tutta risplendente
brillante di gas elio o detergente,
è quello che noi siamo e non sappiamo,
bagliore nello spazio quotidiano,
l'immediato presente e il più lontano,
è l'esistenza senza alcun confine
nell'universo, il gesto luminoso
della mano, il raggio che ci sfiora
e che si apparta, il cielo che rivela
la nostra carne terrena e siderale,
lo scompiglio del fiato universale.
*
La spirituale trascuratezza delle cose
un po' dimenticate, non per sempre
ma qualche tempo a se stesse abbandonate,
un poco infreddolite e impolverate,
la loro permalosa non presenza
intenerisce. Cariche d'affetto
non chiedono carezze, non lusinghe
le fa felici, ma appena strattonate
e riportate alla nostra intimità,
alla fierezza di dirsi ancora usate,
le vedi ardite, già ringiovanite.
Le sedie, per esempio, quelle sedie
delle quali più non ci accorgiamo,
mute presenze, lasciate in qualche parte
remota della casa e che ad un tratto
per festa o cena son recuperate
all'uso primigenio di sedute,
senza preavviso e senza allenamento,
come eleganti si pongono al servizio
dell'ospite imprevisto, come sono
cedevoli e gentili, vagamente
di sé perplesse, ma subito impegnate
a farci accomodare, un poco lente
nel ricordare, eppure già preziose
nella timida grazia personale.
*
Beati si addormentano i cucchiai
ripensando alle bocche, ai caldi abbracci
timidi e sorseggianti, orizzontali
percorsi per le labbra prominenti,
la franchezza dei denti, giovinezza
del gesto d'equilibrio della mano,
il lento approccio verso il fiato umano,
la molle cerimonia della lingua
che attende abbandonata e consenziente.
Si distendono col capo reclinato,
rigidi e curvilinei, conservati
nell'ombra dei cassetti, tra i colleghi,
le forchette i coltelli, addormentati.
*
Le sembra tutto facile, che importa
all'anima se il muscolo è cadente,
il ginocchio traballa, il fiato prende
per scorciatoie bizzarre e inconcludenti,
la spalla si contorce e si confonde.
Per l'anima è possibile nuotare
in alto mare, correre in salita,
sfidare la tenuta vascolare
in impetuose scariche del cuore.
Anche quando mi chiede di sognare
un precipizio attraente e sessuale,
il corpo avverte improvvisa trafittura,
un analgesico crampo muscolare.
*
Lasciate il vino dentro il mio bicchiere,
così parlo di stelle e di comete,
scrivo d'amore, insomma le parole
sembrano scintillanti universali,
si trovano da sole, sanno loro
la strada da percorrere. Se invece
resto per troppo tempo a bocca asciutta
o bevo acqua coi sali minerali,
il the freddo magari, l'aranciata,
mi sento sano, guadagno in giovinezza,
ma perdo in ampiezza di vedute,
manovro in ristrettezza, non so altro
che offrirmi a malinconiche paludi,
dire frasi contorte e penitenti,
gentili balbettii di circostanza.
Se scelgo l'acqua fresca o la spremuta,
sto certo meglio, ma faccio scena muta.
[ Poesie tratte da La vita dei bicchieri e delle stelle, Campanotto Editore ]
