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Collana di eBook a cura di Giuliano Brenna e Roberto Maggiani

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eBook n. 57 :: Canti senza percorsi, di Eugenio Nastasi
LaRecherche.it [Poesia]

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11/11/2010 12:00:00


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# 31 commenti a questo e-book [ scrivi il tuo commento ]

 Eugenio Nastasi - 31/01/2011 11:53:00 [ leggi altri commenti di Eugenio Nastasi » ]

Ringrazio l’amico Butti per avere disseminato nella lettura dei miei "canti" quella sensibilità umana e poetica che gli è propria, riepilogando palmo a palmo quei nessi e/o passaggi che formano la trama della mia scrittura. Ancora un segno di quel ponte gettato atraverso la poesia tra persone vicine per "affinità elettive". A presto amico Butti e auguri per la tua ricerca.

 Paolo Butti - 30/01/2011 18:45:00 [ leggi altri commenti di Paolo Butti » ]

EUGENIO NASTASI
Canti senza percorsi
«Dove si ferma la parola del poeta / nasce un nuovo mondo» (Dove si ferma, vv. 1 - 2). Ed è
davvero un mondo ricco ed intenso quello che, prendendo vita dalla «parola» di Eugenio Nastasi,
muove verso l’oltre, «più in là di quel che si vede» (Dove si ferma, v. 6), verso l’essenza più
profonda delle cose, «in un bacio alla vita» (Dove si ferma, v. 17) che si svela «un’alba di latrati»
(Mercoledì delle ceneri, v. 11) ma in cui «le ombre / delle stelle brillano più della sera» (Dove si
ferma, vv. 17 - 18), in un atto di amore che segue infiniti percorsi e finisce per questo con l’essere
senza percorsi, in un cammino perpetuo, in un «andare sempre altrove» (Canti senza percorsi, v. 1),
che lascia l’ «opera non finita» (Crepuscolo, v. 3). Un cammino che il poeta compie attraverso la
propria esperienza esistenziale, attraverso il suo vagare «con la mente» (Chiave di volta), attraverso
la memoria, attraverso i «volti tenuti a mente» (Elegia paterna, v. 2), attraverso il sogno (Quasi una
confessione, v. 4), attraverso l’esperienza degli altri, attraverso «i passanti» (Crepuscolo, v. 7),
l’oriundo (Tema dell’oriundo), la persona amata. Ed è quest’ultima e quello che rappresenta per il
poeta, cioè l’amore con le sue molteplici sfaccettature, che fa sciogliere lungo l’opera uno dei canti
più profondi, dalla fortissima carica umana. L’amore sentito come completo abbandono, come forza
a cui «basta ubbidire», come legame che vince tutto il «labirinto» che circonda l’uomo e che
altrimenti lo «trascina via» (Sotto le coperte, vv. 2 e 7); se così non è, se l’uno non si specchia
pienamente fino a perdersi nell’altro, «meglio non amarsi» (Sotto le coperte, v. 6). L’amore del quale
può bastare il dubbio di essere ancora cercati dalla persona amata per completare la vita, «per
guadagnare il saldo della vita» (Sotto le coperte, v. 12). E la voglia di incontrare questa persona può
vincere il buio (La stella più vicina, vv. 11 - 13). Ma accanto alla bellezza dell’amore, c’è nella
poesia di Eugenio Nastasi l’amarezza dell’assenza, «La luce» che «s’allontana» (Ultimo settembre,
vv. 4 - 5) – assenza che altre volte è di persone care, di amici ‒, e c’è l’attesa e c’è il ricordo
(Dagherrotipo e Un cane e il cerchio verde) e il disorientamento «di chi più non distingue / gli
approdi», di chi non riesce a rianimare il volto amato (Come una waterloo, vv. 2 - 3 e 15). Un
amore che ha il suo archetipo e la sua perfezione in Dio Padre e Figlio, che nelle nozze di Cana
compie «il primo / gesto», il primo segno, quello che introduce al mistero del Verbo fatto carne per
amore, «al risveglio del mondo», al riscatto della «storia povera degli uomini» (Vinum non habent,
vv. 5 - 7 e 19). Per concludere, un richiamo all’ultima poesia della raccolta, che richiama per certi
versi quella di apertura Crepuscolo e che regala al lettore tenerissime immagini sul trascorrere del
tempo, tema caro al poeta, sui legami con gli altri, sui ricordi che non muoiono: «Il tempo ci
contiene / ci fa spazio; le mani intente / a se stesse cercano vicende / d’altre mani. / Di quello che
scordiamo il tempo / si fa ampolla, rugiada di minuti / contesi allo smeriglio di quell’occhio, / e
dentro alla scintilla dello sguardo / impercettibile un verso / ci appartiene» (L’appuntamento, vv. 23
- 32).
PAOLO BUTTI

 Eugenio Nastasi - 11/01/2011 12:09:00 [ leggi altri commenti di Eugenio Nastasi » ]

Con mano carezzevole, come di chi insegue evocazioni provocate dalla lettura di poesie e dalle, ben più seducenti, variazioni musicali di Mendelssohn, Giuliano Brenna mi fa dono di una lettura discreta e pulsante, ab intra delle mie stesse emozioni visto che, come già scritto, chi interpreta a fondo un testo è come se lo riscrivesse.
Se Giuliano me lo consente non mi meraviglia la misura con cui porta a spasso le sue frasi, vocato com’è a reinvantarsi cuoco di prim’ordine e dunque attento a dosare le misture; va da sè che il risultato è pari alla fragranza di un suo fumante piatto. Grazie, Giuliano.

 Giuliano Brenna - 11/01/2011 00:46:00 [ leggi altri commenti di Giuliano Brenna » ]

Ascoltando la "Scottish" di Mendelssohn, i miei occhi interiori inseguendo la musica si trovano invariabilmente ad inseguire le onde prodotte dal vento su di un vasto prato, vadasé verde, sul cui sfondo rumoreggia l’oceano; sensazione, sapore, profumo di una sorta di volo rasoterra da cui ammirare la lontananza, ma al contempo godere il particolare, gustare ciascun millimetro del viaggio. Non è questo mio semplice divagare, è cercare di descrivere le sensazioni derivate dalla lettura di questi bellissimi "Canti senza percorsi": viaggi rasoterra, ovvero dentro le cose, nei sapori del quotidiano, nei gesti o nei miraggi familiari, ma senza perdere di vista l’immenso, con le distese che dagli occhi filtrano nel cuore. Le parole di Nastasi, semplici, ma di laboriosa esattezza, dal gusto millenario ma fortemente attuale, descrivono mondi che ruotano gli uni intorno agli altri, dentro gli altri, orbite di esistenze dal raggio chilometrico o millimetrico, ma tutte di eguale, profondo, valore, illuminate da una limpidezza rara ci conducono in ogni anfratto della vita mostrandone tutti i suoi colori. Una raccolta in cui è racchiuso il mondo e che va anche oltre come in "Dove si ferma" bellissimo esempio di un mondo che nasce dal mondo che tutti conoscono grazie alla penna del poeta. Grazie ad Eugenio Nastasi.

 Eugenio Nastasi - 07/01/2011 14:19:00 [ leggi altri commenti di Eugenio Nastasi » ]

Ringrazio cordialmente Nicola Romano e Giuseppe Panetta per la lettura del mio mannello di poesie evidenziando, il primo, il mio peregrinare sulle strade della poesia che lui conosce bene e gratificandomi nella condivisione degli esiti fin qui raggiunti dalla mia ricerca poetica, il secondo per l’accuratezza con cui sottolinea alcuni fondamentali passaggi della raccolta, tra il qui e ora delle vicende personali e la proiezione e aspirazione verso l’altrove, che il "canone" poetico quasi sempre interpella. Due interventi che sollecitano la vigilanza nella scrittura e l’ascolto discreto dei segnali autentici del poiein.
Un bel regalo da entrambi per l’anno appena iniziato e per la coincidenza con l’Epifania del Signore.

 Nicola Romano - 06/01/2011 12:40:00 [ leggi altri commenti di Nicola Romano » ]

Per come detta il titolo della raccolta saranno pure, questi dell’amico Eugenio Nastasi, canti senza percorsi ma certamente non sono percorsi senza canto, dal momento che ci troviamo coinvolti dentro un itinerario molto essenzializzato in cui non manca quella componente lirica che permette di dare la vera connotazione ad una scrittura poetica. Anche se il bagaglio lessicale del nostro autore è sempre ricco e costante nel tempo, ci è dato vedere che qui lo svolgimento sembra essere concettualmente più fluido ed agganciato all’esclusiva forza del pensiero, come se l’autore avesse ritrovato veramente se stesso dopo un necessario e laborioso peregrinare fra le varie anime del vissuto, proprio ed altrui. E inoltre sembra voler riferire le personali ed intime esperienze ad un ipotetico e probabile interlocutore (molto frequente il “tu”), come a voler dare concretezza all’altro ed a voler affermare, allo stesso tempo, la consapevolezza di sé. Ad maiora, Eugenio.

 Giuseppe Panetta - 05/01/2011 22:55:00 [ leggi altri commenti di Giuseppe Panetta » ]

Poesie, queste di Nastasi, che percorrono strade che il poeta conosce bene, e che conduco a luoghi della propria storia e del proprio vissuto “ le tasche ovattate di memoria”. Nella nota lo stesso poeta cita “Le Vie dei Canti” di Chatwin e la domanda dell’irrequietezza che porta all’errare da un luogo all’altro in cerca di una spiegazione a una domanda assoluta, “il poeta con la mente viaggia ed esplora mondi” anche sconosciuti, come faceva Salgari, ma in questa esplorazione, Nastasi cerca di “dire al mondo la regola dell’arcobaleno”, rivelare il mistero dell’amore “senza guardare e senza toccare”, amalgamare al racconto la Natura che è preponderante, alle volte fotografata nel suo incedere stagionale come nella poesia Ultimo Settembre. In questi testi la Calabra è così viva in tutte le sue varianti paesaggistiche, naturistiche e dei sui frutti preziosi.
Sono poesia ammantate di tristezza, ma nello stesso tempo la risolvono, almeno in parte, con ricordi vividi venuti “da un ripiego d’anni e fantasmi” mentre “gli anni di un altro tempo stillano foglie”.
Poesia che oscilla tra luoghi domestici e visioni, tra ricordi anche lontani e speranze nuove e il velo di malinconia più che coprire scopre perché “dove si ferma la parola del poeta nasce un nuovo mondo.

 Eugenio Nastasi - 01/12/2010 10:02:00 [ leggi altri commenti di Eugenio Nastasi » ]

L’intervento di Sandro Montalto , nella sua esiguità, contiene gli elementi essenziali di una partecipazione sentita che ho molto apprezzato. Ringrazio perciò l’amico Sandro di avermi dedicato un pò del suo tempo "affollatissimo" di impegni. A presto sentirci.

 Sandro Montalto - 30/11/2010 20:40:00 [ leggi altri commenti di Sandro Montalto » ]

Sono poesie dense ma limpide, che dicono di una voce intenta a leggere il mondo con rispetto ma senza compiacimenti. Occorre "Dire al mondo la regola dell’arcobaleno", ossia comunicare al mnodo con la sensibilità dle poeta ma senza parlare di fumo, bensì scoprendo regole, anche al paradosso.
Complimenti.

 Eugenio Nastasi - 27/11/2010 19:53:00 [ leggi altri commenti di Eugenio Nastasi » ]

Ringrazio di cuore Ciro cianni e Narda Fattori per la loro attentione ai miei versi, attenzione non corriva e carica di partecipazione, con sottolineature che mi riempiono di orgoglio, consideradonli addetti ai lavori e cioè lettori che stanno dentro, per citare Luzi, al "fuoco della controversia". A presto amici carissimi.

 Narda Fattori - 26/11/2010 19:17:00 [ leggi altri commenti di Narda Fattori » ]

Grazie, Eugenio, per questa preziosa raccolta che si eleva dalla polvere del percorso sulla terra, con i suoi incontri di bellezza e di dolore, per portarci a trascendere gli stessi attraverso la parola sapiente, convinta, ispirata. Garbato dettato il tuo, buona struttura metrica, contenuti non superficiali e rivisitazioni di topòs letterari e religiosi con la devozione del fedele e di chi si riconosce minimo di fronte al massimo, con deferenza ma senza abbassarsi per ricerca d’effetto.
Mi piace questa poesia garbata ed equilibrata, che poco usa la retorica e si fa come se fosse un racconto e però canta.

 Ciro Cianni - 26/11/2010 11:06:00 [ leggi altri commenti di Ciro Cianni » ]

Luci nascoste fra nature inquiete... lottando in strada dalla candida neve del cielo. Offrire l’assenza a varchi d’equilibrio socchiusi fra pesantezze di distanze da corpi lievitati di promesse. Calma ed affanni fra percorsi di parole sulle mani... ’Ho versato lacrime nel ruscello imbrigliando la sete di un attimo, non le ferire vive del costato’. Poesia tattile dal cuore...

 Eugenio Nastasi - 24/11/2010 11:03:00 [ leggi altri commenti di Eugenio Nastasi » ]

Garbata, attenta ai particolari, vicina con il suo intervento a non superficiali volute del mio dettato, Claudia Manuela Turco, che non conoscevo, si inserisce nel colloquio-scambio dei critici-visitatori con leggerezza e pregnanza di interpretazione. Felice di averla avuta lettrice affezionata e, mi pare, convita. Grazie e al prossimo incontro.

 Claudia Manuela Turco - 22/11/2010 16:08:00 [ leggi altri commenti di Claudia Manuela Turco » ]

Eugenio Nastasi, affinché non vi siano “Percorsi senza canti”, intona i suoi "Canti senza percorsi", accompagnando il lettore in cerchi verdi e di nuda terra, sotto la quale, come osserva Javier Marías, si deve rinunciare persino al proprio nome.
Inchiodano un paio di quesiti disseminati lungo i segmenti di un percorso che, comunque, si delinea: “avevi calcolato che la pianta/ senza radici/ altro non è che fretta di giungere alla fine?”; “Ma dove portano quel che di loro ci appartenne?”.
Tra “segni minimi”, contorni nitidi e toni elevati, le immagini si fanno pregnanti: “gli occhi” di Flora che “legano lo spago della vita al terminale” difficilmente saranno dimenticati.
Siamo racchiusi - e trafitti - nello spazio del tempo, ma la parola poetica ci fa ancora amare “l’orizzonte che consuma il mare”.
Claudia Manuela Turco

 Eugenio Nastasi - 18/11/2010 11:07:00 [ leggi altri commenti di Eugenio Nastasi » ]

Maria Grazia Maiorino e Antonio De Marchi-Gherini spiluccando risonanze e proiezioni dalla lettura dei miei testi, sfondano l’orizzonte immediato del senso del mio scrivere accreditandomi, bontà loro, una personale e sofferta cifra stilistica che fa della misura e della dignità poetica la sua forza. Trattandosi di due autori-critici, ma anche poeti in progress, di degna attenzione, le loro affermazioni confortano lo scrivente nella ricerca, mai riposata sugli allori, di rinnovare dall’interno il verso, accentando opinioni che, per usare un titolo letterario di Truman Capote, provengono da "altre voci, altre stanze".
Un vivissimo ringraziamento, allora, a due autori che consentono ad una prova poetica non per amicale consuetudine, ma ad "analisi cliniche" superate. E questo, credo, si possa dire anche di quelli che li hanno preceduti.

 Antonio De Marchi-Gherini - 17/11/2010 13:34:00 [ leggi altri commenti di Antonio De Marchi-Gherini » ]

Vi è in questa ultima raccolta di Eugenio Nastasi una nazarena fabularità. Certo come qualcuno ha sottolineato vi sono echi alti dell’ultimo Novecento, ma il dettato poetico mi sembra più che sufficientemente personale.Eugenio ci narra di un microcosmo che è spazio vitale, ma anche luogo della mente, naturalmente anche linguistico.Ci sembra di vederlo scarpinare nelle forre e piane della quotidiana meditazione , quand’anche in quelle materiche, reali, con quel suo tratto ad un tempo leggero, bonario ma sempre pungente nella chiosa. Questo suo tratto profondamente vissuto, è anche grande poesia universale ,capace di emozionare i lettori sulla partita quotidianamente giocata, nei luoghi, nella terra, tra l’uomo e la vita, tra il poeta e Dio, tra la tenerezza e il dolore malinconico del tempo che fugge. Nel contempo segna, direi marca fortemente, la consapevolezza della fragile avventura dell’esistenza umana,del cruciverba che è la vita a cui manca sempre una parola, quella giusta.E non sappiamo se mai riusciremo, non dico a scriverla, ma anche solo a pensarla.In ultima analisi, dobbiamo riconoscere al poeta Eugenio Nastasi la capacità e peculiarità di aver elaborato un proprio universo lirico, colto e e complesso, fatto di metafore forti ed estreme, ma che , come dicevo sopra, fanno della leggerezza la loro cifra, anche quando tendono ad esprimere la drammaticità dell’esistenza, con accenti ora domestici ora visionari.

 Maria Grazia Maiorino - 17/11/2010 13:08:00 [ leggi altri commenti di Maria Grazia Maiorino » ]

Mi piace la parola"senza", permette di non essere assertivi, di non lanciare messaggi; aiuta a togliere, a toccare il fondo della mancanza per tentare di superarne l’orlo affidandosi a ciò che si troverà. La parola "senza" fa da soglia all’atmosfera "purgatoriale" di questi Canti: rubo l’aggettivo a "la stella più vicina" per estenderlo all’intera raccolta di poesia che immagino siano cominciate lungo i sentieri dei monti del Pollino e delle colline calabresi. Con un accostamento dettato dalla libertà del sentire, riapro "Il preludio" di Wordsworth e ritrovo subito il primo filo, "la santa vita della musica e del verso"; ma molti altri, pur nella distanza, se ne potrebbero allacciare con il fondatore del poemetto meditativo alla porte della modernità.
Eccolo il viandante di oggi, il sorriso allegro sotto la visiera del berretto nella foto che chiude l’e-book: accanto a lui il doppio, il fratello, l’ombra, il correlativo oggettivo più suo, quasi una figura di metamorfosi, l’albero - in questo caso la corteccia pietrosa e rara di un pino loricato. Un’immagine inedita di poeta, il privilegio di un contatto con la natura che forse gli invidiamo un pò. Le sue "vie dei canti" diventano nostre, ci fermiamo incantati davanti all’elleboro, all’uliveto, allo scorrere delle fiumare, ai cieli e alle marine, e ci perdiamo negli smarrimenti, nell’inquitudine, nell’indicibile che i luoghi continuamente rispecchiano - invocazioni senza risposte, ferite e perdite, il leit motiv di una domanda di perdono che sale dalle zone più cupe e ombrose della coscienza. L’albero assorbe e assolve, istanti di luce trafiggono i passi che continuano tra bellezza e macerie, di balza in balza.
Fra le parole ricorrenti mi colpiscono le mani, che sono le mani del pittore, ma anche quelle dell’accoglienza, della carezza, del contatto con le cose. Sono mani che aiutano gli occhi a vedere e a dire in un loro modo più istintivo e segreto, mani che si aprono ai grandi spazi degli elementi unendo dentro e fuori in visioni di stupore.
"Stendere sulle mani affreschi/per strade che portano al nido. - Tremante umida mano di criniere/carezza l’assenza. - le mani ingombre/l’inverno nelle tempie. - Per questi frutti che in punta di solco/ogni volta scrivono parole sulle mani. - ...un riverbero di fiumi nelle mani/ - Il tempo ci contiene,/ci fa spazio; le mani intente/a sè stesse cercano vicende/d’altre mani".

Maria Grazia Maiorino

 Eugenio Nastasi - 17/11/2010 12:33:00 [ leggi altri commenti di Eugenio Nastasi » ]

Scusandomi per la svista, ringrazio l’amico Leopoldo Attolico che, com’è suo costume, scocca le sue frecce interpretative al centro della raccolta, evidenziando aspetti salienti del mio repertorio poetico con l’acume critico di cui è, fuor di dubbio, padrone.

 Eugenio Nastasi - 15/11/2010 20:08:00 [ leggi altri commenti di Eugenio Nastasi » ]

Per rimanere nel gioco dei tre in te ringrazio Giampieri, Peralta e Cabras prima per avermi dedicato un pò del loro tempo e, quindi, per aver scritto le loro impressioni, aggiungendo qualcosa al testo, come sempre accade (l’ho imparato da Franca Alaimo) di chi scrive a commento di un libro. Vi ringrazio ancor di più perchè, leggendo i vostri rilievi ( molto accurato, carico di compartecipazione mi sembra quello di Peralta) ho avuto il piacere di essermi intrattenuto con voi, di fare, come usa oggi in fase interlocutoria, "rete" e dunque circolazione di intenti. A presto risentirvi.

 Guglielmo Peralta - 15/11/2010 17:36:00 [ leggi altri commenti di Guglielmo Peralta » ]

L’itinerario poetico di Eugenio Nastasi è un viaggio “senza percorsi” perché, come egli dichiara espressamente nella nota introduttiva, è un “vagare con la mente”, di cui ha “contezza”, cioè una conoscenza chiara e certa, essendogli familiare l’u-topica terra del canto verso cui egli si volge non solo intenzionalmente, ma anche istintivamente con tutti i sensi, “aprendo qua e là finestre nella forra della (…) inquietudine”, celebrando tutto ciò che appartiene alla sfera dell’essere, “lasciando parlare la materia, le scorie, la polvere dei pensieri” ( “Chiave di volta”).
Il suo andare, se, da un lato, è un abbandonarsi con fiducia ai sentimenti e alle percezioni sensoriali, dall’altro lato, è “un andare sempre altrove”, senza mai giungere a una meta; perché il canto non ha sbocchi finché l’anima resta desolata in un mondo di croci, di sguardi spenti; finché gli uomini, come “sbrecciati plinti”, restano refrattari alla leggerezza, immobili e insensibili, incapaci di trovare una nuova via da percorrere, d’inventarsi un mondo diverso, una vita nuova. Così, la bellezza dei versi, l’armonioso intreccio dei sentimenti e delle percezioni non riesce a comunicare e a rispecchiare la totalità dell’essere, che resta imprigionato nella monade del Canto. La Poesia, che pure è sentiero di luce e principio di armonia e che se-duce e orienta il cammino, si rivela “innumerabile fermento” restando ineffabile voce che si ripiega su sé stessa lambendo appena i canti con le “voci di dentro”, versando di sé solo un’impercettibile eco nelle opere, destinate ad essere incompiute. E incompiuto è l’uomo (il poeta) nel suo tendere verso la conoscenza piena di sé, “per strade che portano al nido” ove è la promessa (l’illusione?) della rinascita e dell’amore solidale fra le umane creature, che solo può allontanare, ritardare, rifrangere “il raggio illeso del crepuscolo/ sui frutteti appena mossi dal sole”. Sì. Tutto ciò che la vita ha maturato è, per il poeta, solo vana illusione: “canti senza percorsi”, in quanto percorsi senza Canto, nell’assenza, per buona parte, di sé stesso. Meglio è “raccogliersi”, ritrovarsi e celarsi, “nella materia degli alberi”, nelle “ferite d’arenaria”, “nei minuti dell’attesa”, “nella dimora intangibile” della Scrittura, tracciata e intravista nella “flebile linea di matita”, per restare, sì, “quel millesimo” di sé stesso, ma sentendosi atomo, piccolissima parte del Tutto della natura e della creazione, nonché segmento breve e paziente di un tempo accettabile e promettente.

 Marco Giampieri - 15/11/2010 17:36:00 [ leggi altri commenti di Marco Giampieri » ]

Ho sempre un certo timore ad aggiungere parole a quelle scritte da un poeta e meno che mai mi sognerei di scrivere una critica. Però l’emozione nella lettura del libro di Nastasi è stata molto forte: ci si abbandona alle sue parole con lo stupore malinconico che ci accompagna in certe lunghe e a volte, involontarie, solitudini. E’ così che la bellezza e il dolore si sfiorano nell’incompiutezza di un gesto o della vita intera, in quel limite impreciso che la natura stessa non sa risolvere.
Complimenti per la bellissima raccolta.

 Maria Grazia Cabras - 15/11/2010 16:01:00 [ leggi altri commenti di Maria Grazia Cabras » ]

Intensi umanissimi i versi di Eugenio Nastasi dove la sofferta ricerca di senso si fonde, mirabilmente, con l’espressione più intima ed emozionale dell’anima della natura del mondo.

Complementi e grazie davvero per questa bella lettura.

 Eugenio Nastasi - 14/11/2010 17:48:00 [ leggi altri commenti di Eugenio Nastasi » ]

Visto che così ho iniziato, ogni tre interventi mi corre l’obbligo di ringraziare. Che dire del breve e intenso scritto di Angelo Lippo, così conciso ed esaustivo, e come non leggere con stupore le parole di Antonio Spagnuolo che conosce bene le coordinate della scrittura poetica e mi fa dono del suo consenso; dulcis in fundo, ecco Franca Alaimo che col suo bisturi introspettivo viviseziona le mie poesie, mettendo in vista la loro natura che viaggia, cara Franca, sullo scrimolo di un monte che, come bene intuisci, le fa oscillare, senza essere sempre in grado di scegliere, tra il conosciuto e l’intravisto, tra la certezza di un cielo stellato e la nebbia che livella il fondovalle. Ho la consapevolezza che quelli che mi dedicano un pò del loro tempo, sono, oltre che poeti di vaglia, compagni della grande avventura esistenziale.

 Antonio Spagnuolo - 14/11/2010 10:53:00 [ leggi altri commenti di Antonio Spagnuolo » ]

La scintilla che scocca da questi versi riesce ad illuminare molte metafore, ricche di sospensioni e di spunti filosofici , che qualche volta, rasentano, luminosamente , la preghiera.
I richiami molteplici al vissuto quotidiano abilmente si intrecciano al confronto delle figurazioni del simbolo, per creare il ritmo prosodicamente cromatico.
Rigorosa appare la tessitura di tutto il testo proposto.

 Franca Alaimo - 13/11/2010 23:00:00 [ leggi altri commenti di Franca Alaimo » ]

Eugenio Nastasi è un poeta autentico, ben consapevole che per fare poesia, bisogna mettere in primo piano il "come", cioè l’uso della parola,e che è quest’ultima a fare sì che anche gli eventi minimi assumano il sapore della straordinarietà:un esempio potrebbe essere la poesia dedicata alla morte della cagnetta Flora, in cui l’evento supera se stesso in virtù dell’intensità del dire.
Nastasi ha un suo "come" prezioso, che, a volte, sfiora, ma credo volontariamente,l’enigmaticità, cosa che dilata tanto il significante che il significato; e, qualche volta, anche una sofisticata ambiguità, in cui amore terreno e amore celeste si confondono.
La fonte ispirativa è senz’altro la Natura, figura che concretizza, anche in quei testi apparentemente descrittivi, emozionalità, stupori e ambasce intime, prima fra tutte la transitorietà di ogni forma, ma che ha nche il compito di raccogliere in sè il massimo della bellezza.In questa direzione testi come "Uliveti" ed "Elleboro" si incastonano nella raccolta come due luminose gemme di perfezione stilistica la cui luce gioca fra riverberi e colori e sensazione di inusuale e morbida sensualità, come in "Uliveti" le chiome che s’avvicinano" e "si legano al sole" e in "Elleboro" il verde opalescente e il fondo di velluto. Del resto sembra che proprio questo sia l’insegnamento che la natura offre all’uomo: la gioa dell’amore, indicato, come nella Bibbia, dall’arcobaleno.
A questo amore, come scrive Nastasi in un altro testo, bisognerebbe solo ubbidire; ma il fatto è che egli riconosce la precarietà del suo percorso, di essere "opera non finita" e, perciò, di avere bisogno di "schiudersi" al perdono, di essere ancora una volta "battezzato dalla stella / più vicina".
Giustamente alcuni commentatori hanno parlato del rilievo che ha nella raccolta il campo semantico relativo al viaggio; ma trattasi di un viaggio prevalentemente interiore, come del resto lo stesso poeta precisa nella sua nota introduttiva, quando si riferisce al suo "hortulus conclusus", alle scarpinate "ab intra", insomma alla sua inguaribile inquietudine che trova la sua espressione parziale nella scrittura, dove può tracciare i momenti del suo ondivago esserci e dare vita alle ombre della sua memoria.
La scrittura è, infatti, come recitano alcuni suoi versi,"la dimora intangibile / d’una flebile linea di matita" dove infine potere in qualche modo ancorare "il carreggio dell’antico dolore". Tuttavia è proprio in quel divario tra il volersi dire e il saper dire che si colloca tutta la beltà della poesia: "Sarà per il filtro di luce che non osa / carpire l’anima interamente / o per l’atto puro di guardare / più in là di quel che vede". La poesia, dunque, mentre raduna il mondo, convocando cose, pensieri e memorie, ombre e luci, trae fuori un altro mondo.
E’ il compito infinito del poeta,il cui canto è anch’esso senza percorso, poiché ciò che sottende è irraggiungibile, e si colloca oltre ogni possibilità del dire, oltre ogni "possa", sì che il suo destino è cadere dal vertice stesso delle possibilità espressive, cioè nel silenzio.
Una bella raccolta, dunque, questa di Eugenio Nastasi, che, come tutti i poeti, colloca proprio nel non detto "l’innumerabile fermento" di cui parla Rilke nella III Elegia diunese, da cui l’autore trae i versi delll’exergo.

 Angelo Lippo - 13/11/2010 19:21:00 [ leggi altri commenti di Angelo Lippo » ]

Caro Eugenio, lo hetto le tue poesie e ho ritrovato la conferma del tuo stile essenziale e pregnante di sempre. L’affondo è ancora più attuale e sai far luccicare le pietre della quotidianità in una dimensione altra.Davvero esemplare. Complimenti!
Angelo Lippo 13/11/2010

 leopoldo attolico - 12/11/2010 15:40:00 [ leggi altri commenti di leopoldo attolico » ]

La forte matrice montaliana non impedisce ad Eugenio di emanciparsene - in larga parte - con i suoi traslati immaginosi , visionari e al contempo introspettivi , attenti alla decifrazione di ogni possibile terrestre "verità" .
L’operazione si fa apprezzare nella misura in cui , rifuggendo da qualunque sirena ( o indulgenza ) minimalista , perviene alla rappresentazione di un "pubblico"introdotto da un "privato" ampiamente ( e generosamente ) offerto ad uno sguardo interessato soltanto all’"umano" e alla sua schietta indefettibile natura .

 Eugenio Nastasi - 12/11/2010 11:07:00 [ leggi altri commenti di Eugenio Nastasi » ]

Ringrazio subito questi primi preziosi e affettusosi commenti, Roberto per le vibranti intuizioni, Loredana per la passione profusa nel seguire le mie poesie "step one step", Anna Maria Bonfiglio per l’apprezzamento complessivo e per i consigli di cui si deve sempre fare tesoro. Un fraterno abbraccio

 Loredana Savelli - 12/11/2010 09:02:00 [ leggi altri commenti di Loredana Savelli » ]

Sono percorsi e non-percorsi esistenziali questi canti, hanno l’amarezza delle strade già consumate e la curiosità di scoprire indizi di nuovi cammini nei dettagli della natura, nei paesaggi mediterranei, tra uliveti (cui è dedicato uno splendido canto) e boschi odorosi di mentastra, ruscelli, fiumi, orizzonti marini. I percorsi sono anche intrecci di relazioni, dove spesso prevale la nostalgia :“Fuori da consuetudini visive/ho pianto la finitudine di questi anni di polvere,/la distanza tra questa parte di valle/e la tua./Ho versato lacrime nel ruscello,/imbrigliando la sete di un attimo,/non la ferita viva del costato”(da “Fuga di mezzogiorno”).
Ricorrono spesso parole che indicano movimento, spostamento, appunto percorso, parole come strada, cammino, snodo, volo, distanze, sentieri, approdi, vie, dune, dossi, terre (pellegrine), labirinto, passanti. Anche la foto dell’autore ci presenta un camminatore, un viandante.
Altro tema è il ruolo del poeta. Ho colto in particolare questo verso: “Coltivo parole senza semi” (da “Hai creduto alla mia parola”).
In “Dove si ferma” mi pare di leggere una sorta di resa davanti al mistero della vita, tale che neanche il poeta riesce a penetrarlo, pur sapendo pronunciare parole :“Dove si ferma la parola del poeta/nasce un nuovo mondo” e in seguito: “tutto il suo mondo si raduna/in un bacio alla vita…”. In “Uliveto” l’autore ammette che è la natura stessa, con i suoi frutti, a scrivere parole: “per questi frutti che in punta di solco/ogni volta scrivono parole sulle mani”.
Bellissimo il canto che chiude la raccolta: “L’appuntamento” di cui mi piace riportare l’ultima parte:
“Di quello che scordiamo il tempo
si fa ampolla, rugiada di minuti
contesi allo smeriglio di quell’occhio,
e dentro alla scintilla dello sguardo
impercettibile un verso
ci appartiene.”

Complimenti a Eugenio Nastasi

 anna maria bonfiglio - 11/11/2010 22:16:00 [ leggi altri commenti di anna maria bonfiglio » ]

Una bella raccolta poetica che si dipana fra l’urgenza del dire e la riflessione, talvolta di taglio crepuscolare, che evoca il percorso esistenziale. Un’aura umbratile pervade il verseggiare di avvertita esperienza, (Nastasi è poeta di lunga militanza), che si avvantaggerebbe, a mio personale parere, di qualche alleggerimento nell’uso delle metafore e degli accostamenti "arditi". Complimenti ad Eugenio e ad maiora.

 Roberto R. Corsi - 11/11/2010 12:44:00 [ leggi altri commenti di Roberto R. Corsi » ]

[primissima lettura] Caro Eugenio, trovo una piacevolissima vitalità nelle tue nuove liriche e una pressoché ubiqua felicità musicale. Su tutte, a prima vista, "Comandamento" e "Vinum non habent", che annoterò nel mio taccuino. Davvero azzeccato l’esergo rilkiano per il suo e tuo ascendere partendo da piccole cose. Sinceri complimenti, RRC.