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Molière e la “grande battaglia” del ... “Tartufo”

Argomento: Letteratura

di Enzo Sardellaro
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Pubblicato il 20/06/2014 18:20:02

All’inizio del 1664, Molière era al servizio del re di Francia, che gli ordinò di scrivere una commedia-balletto.  Molière compose rapidamente Le mariage forcé, che fu rappresentato al Louvre verso la fine di gennaio del 1664 . La “pièce” metteva in scena un signore di cinquant’anni,  costretto a sposare un’astuta ragazza, della quale egli aveva, molto imprudentemente, chiesto la mano. Per la prima volta in una commedia-balletto, i vari Intermezzi, i canti, le danze, i mimi erano legati all’intreccio. Qualche mese più tardi, Luigi XIV diede a Versailles, in onore di Louise de la Vallière, le feste più sontuose del suo regno. I festeggiamenti, ripartiti in sette giorni, ebbero un titolo comune, Les plaisirs de l’ile enchantée. La troupe di Molière, dopo aver rappresentato l’8 maggio una commedia elegante, La princesse d’Elide, il 12 maggio offrì al re e ai suoi ospiti la prima di una nuova commedia, in tre atti e in versi, Tartuffe ou l’Hypocrite. La “pièce” avrebbe sollevato, come vedremo, roventi polemiche: rimaneggiata più volte dalla prima rappresentazione, essa ottenne soltanto nel 1669 l’autorizzazione a essere rappresentata nella sua versione definitiva, in cinque atti.

 

Atto primo.

 

La Signora Pernelle approva suo figlio, il borghese Orgon, di avere accolto in casa un sant’uomo e informa apertamente di questa sua impressione tutti i membri della famiglia, che invece accusano Tartufe  d’ipocrisia. Elmire, la seconda moglie di Orgon,; Damis, suo figlio; Cleante suo cognato; Dorina, una cameriera molto sincera (scena 1) pensano che Tartuffe sia un perfetto  impostore. Orgon, che torna dalla campagna, s’informa invece con sollecitudine della salute di Tartuffe (scene 2, 3, 4); egli inoltre risponde in modo evasivo a Cleante, che gli ricorda il progettato matrimonio tra Mariane e Valere.

 

Atto II

 

Orgon vuole infatti unire in matrimonio Mariane e Tartuffe, malgrado la ripugnanza di sua figlia, che ama Valerio (scena 1), e nonostante le proteste di Dorine (scena 2). Dorine conforta la timida Mariane e cerca di calmare la rabbia di Valerio e Mariane verso Orgon (scena 4). Tartuffe fa intanto la sua apparizione in scena, mandato a chiamare dalla bella Elmire. La donna lo prega di rinunciare a Mariane,  ma l’ipocrita approfitta dell’incontro per tentare di sedurre Elmire, che gli fa capire di acconsentire solo nel caso in cui egli favorisca il matrimonio di Valerio e Mariane.

 

Atto III

 

Damis, nascosto, ha sentito tutto e, indignato, informa il padre di quanto è accaduto (scene 4, 5). Tartuffe, vistosi scoperto, inscena la commedia dell’umiltà e si dispera  dicendo che era tutto  un equivoco, e che Damis si era sbagliato. Orgon cade nell’inganno, caccia di casa e disereda il figlio (scena 6);  infine dona tutti i suoi beni all’ipocrita (scena 7).

 

Atto IV

 

Tartuffe evita  di rispondere a Cleante, che lo prega di riconciliare Damis con suo padre (scena 1). Orgon intanto si affretta a organizzare le nozze fra Tartuffe e sua figlia, malgrado le proteste di Cleante e di Mariane (scene 2, 3). Per fare conoscere a Orgon la verità su Tartuffe, Elmire lo obbliga a nascondersi sotto una tavola (scena 4), chiama Tartuffe e lei finge di corrispondere al suo amore (scena 5). Orgon capisce infine di essere stato ingannato da un impostore e ordina a Tartuffe di lasciare subito la sua casa, ma l’ipocrita, con una reazione del tutto inaspettata,  osserva maliziosamente che la casa è  sua (scene 6, 7).

 

 

Atto V

 

Orgon si dispera per l’improvvida donazione, e anche per una cassetta che aveva incautamente dato in custodia a Tartuffe: una cassetta contenente le carte di un amico esiliato per motivi politici (scena 1). La Signora Pernelle è l’unica a credere ancora nell’onestà di Tartuffe (scene 2, 3), fino a quando compare in scena l’Ufficiale di polizia, che  intima ad Orgon di abbandonare per sempre quei luoghi (scena 4). In mezzo alla famiglia riunita, Valerio offre a Orgon il suo aiuto a fuggire. La fatale cassetta infatti è stata rimessa da Tartuffe nelle mani della giustizia reale (scene 5, 6). Tartuffe in persona si presenta accompagnato dalla polizia per fare arrestare Orgon. Un colpo di scena imprevisto scioglie infine la matassa di quell’ ingarbugliata situazione.

 

La polizia arresta Tartuffe! Il re infatti era stato avvertito delle manovre dell’impostore, e del resto egli conosceva bene i servigi resi da Orgon alla causa reale durante La Fronda. La pièce si chiude con un elogio del re, “nemico dell’inganno”, e con l’annuncio del matrimonio di Valerio con Mariane.

 

 

 

Il Significato del Tartuffe

 

La battaglia di Moliàre contro i suoi avversari entrò nella fase più acuta con l’affare del Tartuffe. Noi non conosciamo la commedia in tre atti composta nel 1664, che però sicuramente era una farsa, dove Tartuffe era rappresentato quasi come un ecclesiastico, grossolanamente ipocrita e sensuale. I confratelli della Compagnia del Santo sacramento, società segreta che si era assegnata il compito di riformare i costumi, credette di essere stata attaccata dalla commedia di Molière, e organizzò una congiura. Luigi XIV fu costretto a impedire a Molière di rappresentare la sua commedia a Parigi.

 

 

Nel 1667, tuttavia, il re autorizzò una rappresentazione pubblica a Palazzo Reale: il poeta infatti aveva apportato alcune  modifiche sostanziali al testo; la sua commedia, ormai in cinque atti, s’intitolava infatti Panulphe ou l’imposteur, e Tartuffe non era più  un ecclesiastico, ma un semplice laico. Ma,  in assenza del re, partito per le Fiandre, il presidente Lamoignon, incaricato delle funzioni di polizia nella capitale, fece interdire la commedia, e l’arcivescovo di Parigi minacciò di scomunicare chiunque avesse avuto la temerarietà di rappresentarla a Parigi. Il re promise di intervenire nella questione al suo ritorno. In effetti,  il 5 febbraio del 1669, Tartuffe ou l’imposteur ottenne infine l’agognata autorizzazione reale e fu rappresentato in pubblico, riportando un successo straordinario.

 

Il problema del significato recondito del Tartuffe suscitò sin dagli inizi numerose controversie. Molière affermò che egli volle soltanto colpire l’ipocrisia, però, in realtà,  la commedia possedeva una sua irreligiosità di fondo: infatti, Orgon e la Signora Pernelle, cristiani convinti e praticanti, sono entrambi  personaggi assolutamente ridicoli, mentre Cleante ed Elmire risultano personaggi particolarmente simpatici,  ma non sono affatto credenti. Il Tartuffe possedeva, in sintesi, indubbi elementi  di irreligiosità,  che sicuramente preludevano all’Illuminismo.

 

Sotto l’aspetto tecnico, comunque, il Tartuffe risultò un capolavoro, e  il personaggio più discusso, Tartuffe, appunto, fu rappresentato con forte realismo e verosimiglianza. Questo avventuriero, che si copre con il mantello della religione per conseguire i suoi fini ambiziosi, è dotato di notevole intelligenza “pratica”, di volontà ferrea e d’una rara capacità di dissimulazione; egli sa usare tutti i toni, a seconda delle circostanze e delle persone: egli è serio e ironico, riservato e lirico, umile e minaccioso ad un tempo. Altrettanto realistica appare la rappresentazione del suo carattere di fondo: egli dimostra infatti un'incapacità pressoché totale di tenere a freno l'impeto delle sue passioni, cosa  che, alla fine, lo perderà.

 

 

Nota

 

1)      G.. Michaud, La jeunesse de Molière, Paris, Hachette, 1922.

2)      Id., Le débuts de Molière à Paris, Paris, Hachette, 1923.

3)      Id.  Les luttes de Molière, Paris, Hachette, 1925.


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