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Libri per un Natale in un’altra dimensione

Narrativa

Aa. Vv.
EE. VV.

Recensione di Giuliano Brenna
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Pubblicato il 24/12/2020 12:00:00

 

Quest’anno, visto che per le festività natalizie gli spostamenti sono molto limitati, Babbo Natale, con le sue strenne, propone delle letture capaci di condurre il lettore in altre dimensioni e altri mondi. Tempi e luoghi immaginari o reali che hanno il piccolo particolare determinante di non essere esattamente il mondo cui siamo abituati, sono mondi diversi, paralleli, molto simili al nostro ma decisamente diversi.

 

 

 

Una dimensione onirica e vegetale – “Fiori fantasma” di Ronald Fraser, Atlantide.

 

Sir Arthur Ronald Fraser, autore prolifico e dimenticato, ci porta, con questo breve romanzo del 1926, ai Kew Gardens sommersi dall’ultima neve invernale. Qui la giovane Judy, bella di una bellezza da giunchiglia e dai colori mistici da antica divinità, studia le piante, ne vuole svelare i segreti. Non è una botanica qualunque la si direbbe più impegnata a scoprire il legame tra mondo vegetale e umanità piuttosto che analizzare la vita vegetale in sé. La vita della ragazza è regolata dalle rigide leggi dettate dal fratello, con il quale rivendica un’indipendenza economica che non riesce ad ottenere, e il fidanzato, un bel ragazzo dall’animo letterario che ama farle complimenti poetici. Judy prova un’attrazione quasi morbosa per le piante, tanto che non riesce ad amare completamente il bel fidanzato in quanto si sente di dividere il suo cuore con un fiore. Il rapimento che la coglie osservando il mondo vegetale si fa via via più intenso col progredire della stagione sino a trasportarla in un mondo magico, in cui la comunicazione tra umani e vegetali è possibile ed immediata. Il mondo fatato in cui accede si snoda al di là del tempo e dei luoghi, porta Judy in situazioni singolari, di contatto con divinità supreme, in momenti di comunicazione con entità ancestrali fatte di puri sentimenti e sensazioni. In questi misteriosi viaggi Judy vive anche relazioni amorose e fisiche con dei fiori, ama un’Orchidea e bacia un Giglio d’Acqua. Queste fughe nella dimensione vegetale sembrano essere stati di alterazione mentale o forse ricordi antichi che riprendono forma e vigore, potrebbe sembrare che siano solo allucinazioni o forse la ragazza, semplicemente, riesce a vedere oltre il confine fra il mondo visibile a tutti e quello misterioso governato dai vegetali. Con il giungere della stagione più fredda e il riposo invernale delle piante, il mondo misterioso si acquieta e così anche Judy che torna così ad apprezzare la vita ordinaria e la relazione col fidanzato, e dalle visioni e sensazioni vissute nel mondo vegetale ricaverà dei bellissimi quadri. La narrazione, svelta e un poco sognante, contiene un vasto repertorio di nomi di piante e specie vegetali, accompagnati spesso da qualche loro caratteristica in modo da far apparire il romanzo come cosparso di fiori colorati, le parole evocano profumi e consistenze e, talvolta, mostrano anche l’aspetto più repellente che alcuni vegetali possono assumere.

 

 

 

Uno di quei minuscoli punti dove due mondi paralleli, in una maniera o nell’altra, si intersecano – “Amo Galesburg a primavera” di Jack Finney, Atlantide.

 

Una raccolta di racconti, del 1962, dall’autore del romanzo “L’invasione degli ultracorpi” da cui fu tratto un celebre film. Il filo che lega questi racconti è principalmente il tempo, il quale continua a sopravvivere accanto al presente, pronto a riaffacciarsi sul mondo reale e a difendersi da chi lo vuole calpestare, come per esempio accade nel racconto che dà il titolo alla raccolta. Ci sono anche incursioni nel mondo della magia, caratterizzata dalla classica bottega Magica che un tempo era tanto cara a scrittori e sceneggiatori. I racconti si occupano anche di fantasmi, di viaggi nel tempo e tra le dimensioni, ma anche di innocenti viaggi in mongolfiera: nell’insieme rappresentano un campionario di possibili “evasioni” dalla realtà e dal presente, quando questi si fanno troppo “stretti”.

 

 

 

 

Le Catskills, dove è tornato il Messia – “Godbody” di Theodore Sturgeon, Atlantide.

 

Per qualche strano motivo questo libro nella mia mente era intitolato Goodboy, poi ho guardato meglio la copertina ed è diventato Godboy, solo a metà della lettura ho focalizzato che il titolo esatto era Godbody. Devo dire che i titoli da me immaginati si discostavano poco da quello vero, tuttavia solo quello dato dall’autore è, come è inevitabile che sia, quello che maggiormente rappresenta l’opera. Infatti si narra di una divinità (tutto lascia presupporre Gesù, ma non appare mai questo nome) che si palesa agli abitanti di una cittadina nel fulgore del suo corpo umano e divino, completamente nudo. Ed appare per svolgere la sua missione: insegnare l’amore, che è anche e soprattutto quello fisico, del corpo. Ci sarà chi si avvicinerà spontaneamente a lui, chi resterà colpito tardivamente e anche chi, naturalmente, gli farà una feroce opposizione, che sarà becera, fondamentalista e religiosa. Con tutto il corollario di “fobie”, tra cui svetta e campeggia la sessuofobia, rappresentata da una specie di giornalista paladina di una moralità deviata. Una lettura perfetta per il Natale, per immaginare una diversa o del tutto nuova apparizione del divino sulla terra.

 

 

 

Una dimensione parallela – “Il mondo sul filo” di Daniel F. Galouye, Atlantide.

 

Nel futuro immaginato da Galouye, nel 1964 ci sono automobili volanti, marciapiedi mobili e altre sofisticate diavolerie ma non ci sono gli smartphone, evidentemente il malcostume di vivere attaccati ai telefoni non era immaginabile.

Nella società immaginata dall’autore i sondaggi di opinione sono il centro del potere e una fitta rete di intervistatori si muove in continuazione per raccogliere dati, opinioni e pensieri. Per contrastare il potere di questa organizzazione viene inventata una macchina in grado di simulare la realtà e i pensieri dei cittadini in modo da ottenere un flusso di informazioni continuo e soppiantare così il potere dei sondaggisti. Una società pressoché perfetta e assolutamente controllabile da pochi, inserita nella società reale controllata dai sondaggisti, ma qualcosa, in questo equilibrio, sembra scricchiolare, le coincidenze non coincidono perfettamente e una sottile angoscia pervade il protagonista. Col fiato sospeso, e quella fretta che coglie quando un meccanismo romanzesco funziona perfettamente, il lettore scoprirà un finale stupefacente. Il libro sembrerebbe una sorta di antesignano di Matrix, il linguaggio è quello tipico del genere negli anni in cui fu scritto, semplice e asciutto, a me ha ricordato certi lavori di Asimov, quella narrazione tra il romanzesco e lo scientifico che bada maggiormente al contenuto che ai fronzoli.

 

 

 

Un piccolo mondo fatto di precetti e moralismo – “Padre e figlio” di Edmund Gosse, Adelphi.

 

Cosa accade se un padre fondamentalista puritano e profondamente convinto di detenere la certezza assoluta sulle cose, educa un figlio in modo da renderlo conforme ai suoi ideali e assicurargli una vita “accanto il Trono dell’Altissimo”. Una lettura molto gradevole, in cui l’autore ricostruisce la sua infanzia segnata dalla folle religiosità del padre e dal ricordo della madre scomparsa, ancora più legata agli insegnamenti della Bibbia. Prima regola fra tutte: la Bibbia non si discute e non si interpreta, va presa e seguita esattamente alla lettera. I vari aneddoti legati alla crescita in siffatta famiglia sono raccontati con leggerezza e talvolta sarcasmo e mostrano i guasti del fondamentalismo, di qualunque matrice esso sia. Il linguaggio di Gosse, deliziosamente antiquato, è una musica per il lettore, ci sono frasi incantevoli, sebbene desuete, molto distanti dal modo di scrivere attuale, è come far visita a una vecchia dimora perfettamente conservata e piena di bellezze e cimeli dei tempi andati.

 

 

 

Una dimensione esclusivamente per una persona sola – “Cella di isolamento” di Christopher Burney, Adelphi.

 

Unico libro scritto da Burney, narra, come il titolo dice chiaramente, l’esperienza dell’autore prigioniero durante la Seconda guerra mondiale nella cella d’isolamento in un carcere francese. Credo sia l’unico racconto che conosco in cui un carcerato, o un prigioniero, non tenta neanche una volta di fuggire o di mettersi in contatto con l’esterno o con gli altri prigionieri. Burney, col trascorrere dei giorni, si crea una routine per non impazzire e si immerge sempre più nella sua interiorità, crea dei mondi e dei modelli mentali in cui rifugiarsi e su cui meditare. Gli sporadici contatti con gli altri prigionieri arrivano ad infastidirlo poiché lo distolgono dalla sua meditazione e dal suo isolamento. Il romanzo termina quando il prigioniero, insieme ai suoi compagni di sventura, viene caricato su di un camion per essere condotto a Buchenwald, di cui non vorrà parlare diffusamente e che menziona solo per lamentare il fastidioso contatto con altre persone. Il libro termina in modo emblematico con queste parole: “ La solitudine, coi suoi misteri e le sue avventure, era passata sopra di me come un’onda per rifluire nel vasto oceano del passato, mentre il nuovo mare, gelido e rumoreggiante, già stava montando.”

 

 

 

Una dimensione di spensierate vacanze estive da ricchi – “L’estate dei fantasmi” di Lawrence Osborne, Adelphi.

 

Un’estate perfetta, nelle ville dei ricchi villeggianti su di un’isola greca, la noia porta ad appassionarsi ai casi più strani. La protagonista, avvocato inglese, direi molto gauche caviar, che ha appena perso il posto presso uno studio prestigioso, proprio a causa della sua propensione a voler aiutare gli svantaggiati, appena incontra un clandestino, giunto dal mare, decide di aiutarlo a trovare una sistemazione e una via di fuga. Soprattutto perché bello e, forse quel che più conta, ben educato e di estrazione borghese, con una vita agiata prima della catastrofe che l’ha reso profugo. La ragazza, animata dalle migliori intenzioni, architetta un piano più che elementare per dotare il giovane di disponibilità economiche, l’agognato passaporto e una via di fuga. E contemporaneamente liberarsi dalla presenza opprimente di padre e matrigna. Il piano funziona e la macchina del romanzo si mette in moto. Ma a ben guardare, sotto la patina dorata dei fatti si nasconde l’animo malvagio della ragazza, il suo egocentrismo e la volontà prevaricatrice che la anima. Il tutto andrà perfettamente secondo i piani ma non posso svelare oltre, in quanto il libro ha una struttura da thriller. Pensandoci bene, il lato del giallo, dell’investigazione e della caccia alla verità, è totalmente singolare e la parte più sostanziosa del romanzo è l’analisi psicologica e comportamentale della protagonista. La narrazione di Lawrence è semplicemente lussureggiante, densa di aggettivi e descrizioni, si occupa di ogni raggio di sole, di ogni stormir di fronda, di tutte le ali di tutti gli insetti, insomma un caleidoscopio che rende l’isola greca, dove si svolgono i fatti, un personaggio presente e vivente, più che un semplice sfondo.

 

 

 

Un mondo circondato dai ghiacci – “Cose che succedono la notte” di Peter Cameron, Adelphi.

 

Cameron è un autore che amo molto, devo ammetterlo, e che non delude mai. L’inizio è fulminante, una coppia in treno viaggia attraverso una terra coperta di neve, di notte, e sbaglia fermata, scende ad una stazione secondaria della località meta del loro viaggio. In questo punto sembra che avvenga il passaggio ad una dimensione parallela: dalla realtà i due hanno accesso ai loro desideri, isolati e ovattati dal buio e dalla neve. Dunque, li si può osservare senza vergogna. Il desiderio primario della coppia, che li ha spinti nelle desolate lande innevate, è l’adozione di un figlio, resa ancora più urgente e drammatica dal fatto che alla lei della coppia resta ben poco da vivere, è minata da un cancro. La coppia senza nome prende alloggio in un fastoso e sterminato hotel dove incontrerà alcuni personaggi, fortemente caratterizzati, che lasciano supporre essere degli alter ego della coppia stessa e che li porteranno ad esporre i loro lati più tenacemente nascosti. Un libro molto affascinante sul bisogno di essere genitori di sé stessi, ancor prima di esserlo per una creatura.

 

 

 

 

La dimensione olfattiva – “Parfums pour homme” di Jeanne Doré, Nez.

 

Una bellissima guida ai profumi da uomo, quelli che bisognerebbe avere sentito almeno una volta nella vita, non dico che bisognerebbe averli tutti, perché sarebbe un po’ complicato, oltre che notevolmente costoso. Un libro con cui passare il tempo, sognare, creare una propria lista dei desideri e da cui attingere qualora si volesse regalare un profumo ad un signore, anche se molti di quelli presenti esulano la categorizzazione di genere e sono considerati Unisex. Aprono il volume alcuni articoli di presentazione, di intenti e una breve storia della profumeria al maschile, completa di consigli su come usare le essenze. I profumi sono raccolti in macrocategorie secondo le note principali, ad esempio apre l’immancabile À la fraiche, seguito dall’altrettanto immancabile Dandy, poi la raccolta si snoda tra poeti in erba, erboristi, profumi d’altri tempi eccetera. All’interno dei capitoli, a ogni profumo sono dedicate due pagine, una per l’immagine stilizzata e schematizzata, in modo che tutte le pagine abbiano il medesimo stile, e, accanto, una scheda con la storia del profumo, il naso che vi ha lavorato, l’ispirazione eccetera. Completa il quadro una brevissima scheda che riassume nome, marca, anno di creazione, naso e, importantissimo, il prezzo, che per alcune essenze può giungere a sfiorare i trecento euro. Per cui, prima di sognare un profumo, è meglio fare i conti col portafogli; parlando di ciò, tra le appendici del libro troviamo il capitoletto “Per i fine mese difficili” con degli ottimi consigli sotto i 50 euro, per essere profumati in modo elegante e non ritrovarsi sul lastrico. Una breve sezione, da osservare attentamente e da non dimenticare, è dedicata ai profumi rovinati dal loro stesso successo e quindi troppo presenti, segue un breve elenco di “passi falsi”, ovvero profumi da evitare assolutamente.

 


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