QUANTI DI POESIA
Antologia a cura di Roberto Maggiani
C’è chi cerca spazio per la propria poesia e chi crea spazio per la poesia: Roberto Maggiani, insieme a pochi altri, è tra coloro che creano spazio per i poeti, offrendo loro un “dove” pubblicare i propri testi; lo fa con la rivista on line La Recherche e lo ha fatto con questo “Quaderno di poesia” che ospita le voci di otto poeti, con un impianto fotografico originalissimo, aggiunto da suo fratello Paolo. Nella sua ormai dichiarata e codificata ricerca del nesso tra scienza e poesia, Roberto questa volta si appoggia alla teoria di Planck e alla fisica quantistica, osando quasi parafrasarne il linguaggio e le ipotesi, annoverando cioè la poesia tra i fenomeni che non si possono inquadrare in nessuna categoria determinata, al pari di alcuni fenomeni della fisica, quali l’energia elettromagnetica che si comporta come se fosse emessa ed assorbita per “quanti”. Le voci dei poeti qui raccolte, divengono in tal modo “quanti di poesia” e perciò inafferrabili completamente, assimilandosi sempre più a quelle cifre nascoste di una scrittura straordinaria che Novalis intuì per primo. Maggiani lo spiega nella prefazione, quando manifesta la sua intenzione di dare, con questa antologia, “avvio ad una ricerca poetica fondata su nuovi paradigmi scaturenti da una sorta di principio di indeterminazione tra senso della visione e parola”
E’ vero che la parola non può mai del tutto rendere ed esprimere una visione, perché contiene un’impotenza, che è avvertita dal poeta, benché si sforzi, per dirla con Dante, di adeguare “il posse e il velle”, ma è pur vero che la parola poetica, avendo un alto tasso di concentrazione, è l’unica che possa cogliere e penetrare i recessi più reconditi del reale. Più è determinata e precisa e meno comunica l’intuizione del poeta, più è indeterminata e vaga, più consente, a chi legge, di avvicinarsi a ciò che il poeta intendeva rappresentare. Il “vago” e “indefinito” di cui parlò Leopardi, sono elementi fondamentali nella poesia, che escludendo la determinazione precisa di una visione reale, (si pensi alla “siepe” che il “guardo esclude”) consentono di spingere al massimo l’immaginazione e di avvertire l’infinito. Ed è questa l’indeterminazione di senso a cui fa cenno Maggiani, presente in misura diversa, nel poeta e nel lettore, ma nel primo risolta con la consapevolezza piena di ciò che egli intendeva dire, nel secondo invece, irrisolta, per il fatto stesso che egli è persona diversa dal poeta e come tale, intende, sente e si emoziona, differentemente.
I “Quanti di poesia” sono per Maggiani i “ mediatori” del campo poetico, i “veicolatori” della parola poetica, attraverso i quali, sensazioni, intuizioni e percezioni del poeta divengono reali e comunicano quel “significato altro” del mondo che soltanto il poeta riesce a cogliere e che costituiscono “la cifra nascosta di una scrittura straordinaria”. In questa antologia, si affacciano, l’uno accanto all’altro, i quanti di poesia, rilevati e composti da otto poeti che si sono messi alla prova, accettando una sfida. Essi rispondono a domande di un’intervista estesa a tutti, in cui chiariscono che cosa sia la loro poesia, da quali atomi del reale potrebbe giungere, se fosse un “quanto” di luce e infine a che cosa serva la poesia oggi. Si viene così a disegnare una mappa, che per itinerari diversi, ma tendenti alla medesima meta, l’illuminazione della realtà, spiega ed esplicita la funzione della poesia, come vita altra che si intreccia alla vita reale e ne aiuta a comprendere il senso e il valore.
Avviene dunque che la voce poetica diviene un angelo assetato, caduto nella cisterna, nella poesia di Franca Alaimo, o desiderio di restare, mano nella mano, sulla terra, malgrado il tempo porti via tutto, nella poesia di Anna Belzorovitch, o tentativo di connettere tra loro le cose esistenti e di stabilire una relazione tra il conosciuto e l’ignoto, negli aforismi di Franco Buffoni, oppure dialogo tra l’io e il sé, ma anche assoluzione delle colpe, canto nel sogno, cattura dell’universo, nella voce di Salvatore Contessini. E ancora la poesia si fa interpretazione della vita nei versi di Francesco De Girolamo, lunghi, affastellati con ritmo serrato, di grande efficacia espressiva, si spezza e si frantuma invece nelle strofe brevi e guizzanti di Giacomo Leronni,, animate dalla voglia di decodificare la realtà, di capire la disperazione e il dolore, di dare un nome alle forme; la poesia si fa “stupore cromatico”, in Eugenio Nastasi, senza pretendere di razionalizzare, o spiegare le cose, ma semplicemente dando loro un nome, per raccoglierle, insieme, all’interno del cerchio poetico e ristabilire l’armonia di “un istante di pupille che si illuminano” e nella voce di Loredana Savelli , così sommessa, così pregna di umiltà e di senso dell’insufficienza, la parola poetica tenta un viaggio di luce, si identifica con la luce e compie l’avventura dei quanti, per rendere particelle di emozioni e comunicare un’estatica contemplazione della natura, pur nella precarietà del tempo (ci sfioriamo come foglie al vento) . A questo punto le otto voci si interrompono, essendosi ormai disposte all’interno di questo coro poematico, in cui ogni nota solista si annulla, per accordarsi indissolubilmente con le altre. L’antologia è conclusa, la suggella la fotografia di Paolo Maggiani, che scandisce la declinazione di questi quanti di poesia e li orchestra in un ordine sinfonico, in cui le immagini dell’acqua, della terra, di una roccia marmorea di Carrara, di un angolo di bosco, di un riflesso sull’asfalto, smerigliano la realtà e trasferiscono i quanti dall’uditività della parola poetica alla visività dell’arte fotografica.
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Se ne parla anche qui: http://www.robertomaggiani.it/pubblicazioni_curate.asp