Scusami, se chiedo di non girarti,
perché voglio parlarti di Dio.
Se ti avvicini potremmo guardarci,
ciascuno nella sua compiutezza
fatta di strade percorse
e di traguardi raggiunti:
ti faccio i miei complimenti.
Ma tu,
non sei tu lo stesso che un tempo
nascesti inerme da una placenta,
dal grembo materno, dal seme di un padre?
Qual dono ebbero i due per darti la vita?
Tu: inerme e grandioso, poiché
saresti divenuto al tuo splendido oggi.
O nato dal caso?
Figlio di Darwin, quindi non dell’amore.
Ti faccio i miei complimenti.
Probabilmente ti basti e mi tolleri appena,
per il mio puerile, inconcludente candore
nel mostrarti un Perché.
Ma tu dimmi,
quale merito speciale ti rese tale?
Dirai: - Ho affrontato la mischia
e sono uscito vincente! –
Oh si, era tutto codificato (ma lo negheresti)
in: “Denaro e Nient’ Altro”.
Su chi poggia quindi il tuo piede?
Se puoi affrontare
i due specchi neri profondi
che riempiono il viso
di un bimbo cresciuto a Goma,
se credi che la vita sia soltanto una gara,
e se l’aquilone della tua presunta gioia
ha incontrato alisei che lo portano in alto,
in solitaria vittoria,
allora scusami ancora per la mia debolezza:
io ti confesso di credere in Dio.
Forse, hai appena condannato il mondo.
23 agosto 2012
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