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MUSCHIO e AGRIFOGLIO: i racconti di Natale

di Maria Pace
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Pubblicato il 10/12/2012 12:28:37

La bambola di Emma Vittoria

 

 

Un pino faceva bella mostra di sé lungo il viale del giardino della casa di Emma Vittoria, una bella bambina allegra e vivace, con due occhi carichi di splendore e verdi come il colore di quel pino; il babbo lo aveva fatto piantare il giorno in cui era nata, proprio quattro anni prima.

C’era stata gran festa, quel pomeriggio, con giochi, dolci, coriandoli, bevande e zucchero filato. Il babbo aveva perfino fatto arrivare un clown dal Circo accampato alla periferia della città.

Il pino, addobbato con nastri e filamenti luccicanti, sembrava un albero di Natale.

Il pomeriggio era passato in un baleno e già le amichette e gli amichetti di Emma, l’uno dopo l’altro, avevano lasciato la casa.

Era dicembre e faceva freddo; era arrivata anche la neve, che aveva imbiancato ogni cosa come con panna montata.

Emma Vittoria, però, era ancora tutta eccitata e, soprattutto, soddisfatta dei regali ricevuti che erano stati veramente belli e numerosi.

Uno, particolarmente gradito, era  arrivato con la zia Maria: una bambola vestita da ballerina, con un vaporoso tutù di tulle bianco proprio come il suo. Sì, perché Emma Vittoria da qualche mese frequentava una Scuola di Danza Classica con eccellenti risultati.

Approfittando della presenza della zia Maria, Stefy e Dario, la mamma e il babbo della piccola, si offrirono di accompagnare a casa uno dei piccoli ospiti della loro bambina e lasciarono la casa.

Rimasta da sola con la zia, Emma prima cominciò con un’interminabile “filastrocca dei perché”, poi la pregò di raccontarle una favola.

La zia Maria non si fece pregare; le piaceva raccontare e ad Emma piaceva ascoltare.

Sedettero davanti al camino acceso e scoppiettante: la zia su una poltroncina ed Emma, accoccolata su un cuscino ai suoi piedi.

La piccola Emma Vittoria stringeva fra le braccia la sua bambola; con quel candido tutù, la ghirlanda argentata sul capo, il mantello di seta blu sulle spalle e le scarpette senza punta, sembrava proprio una bambina.

La zia cominciò a raccontare:

“Nei tempi dei tempi che furono, vivevano in una grande città, due ragazzi di nome Djoser e Mosè. Il posto preferito per le loro marachelle era il mercato…”

Nel camino, intanto, la legna scoppiettava allegra e le scintille salivano verso l’alto come piccole stelle brillanti; zia e nipotina, l’una di fronte all’altra, erano davvero felici e contente.

“Vuoi vedere – continuava il racconto - come trasformo questa collana di schegge di pietre in una collana d’oro?  Disse un giorno il piccolo Mosè all’amico, mostrandogli una collanina di pietre…”

La zia s’interruppe.

Emma la vide appoggiare il capo alla spalliera della poltrona e socchiudere gli occhi; alla piccola parve che volesse addormentarsi e allora la sollecitò:

“Avanti, zia. Racconta. Chi era Mosé? Era un piccolo mago capace di fare magie come il clown della mia festa? Racconta, ti prego. Racconta.”

La zia riaprì gli occhi, sorrise e riprese:

“Oh, no! Mosè era solo un bambino assai ingegnoso, capace di fare agli amici scherzi molto divertenti… - s’interruppe ancora e richiuse nuovamente gli occhi, ma li riaprì subito – La piccola canaglia trascinò l’amico Djoser alla ricerca di qualcuno a cui fare uno scherzetto divertente…” riprese, ma s’interruppe ancora: gli occhi chiusi, il capo reclinato, un dolce sorriso sulle labbra.

“Ed ora? – la invitò la piccola Emma, ma anche lei sentiva una gran voglia di chiudere gli occhi – Racconta, zia… racconta… come fece quella pi…piccola ca…canaglia a…”

“La… la collana di pietre…” continuò la zia poi, per la terza volta s’interruppe e questa volta la piccola non la sollecitò più a proseguire: un dolce sopore e una profonda sonnolenza avevano preso anche lei.

Emma Vittoria posò il capo sul grembo della zia Maria e smise di fare domande; chiuse gli occhi e si abbandonò a quello strano torpore.

La zia aveva smesso di raccontare e le sue mani, abbandonate in grembo, non accarezzavano più il capo della piccola.

Nel camino, intanto, la legna era diventata brace e la brace andava consumando, assumendo una tinta sempre più scura e minacciosa; un penetrante odore, dolciastro e amaro insieme, aveva cominciato a saturare la stanza.

 

                    *****

 

Nel frattempo, nella villetta accanto, la casa della piccola ospite di Emma,  si stava conversando amabilmente; tra un pasticcino, un pettegolezzo e una coca-cola, il tempo scorreva veloce e inavvertito.

Qualcuno bussò alla porta.

La padrona di casa andò ad aprire e si trovò di fronte una bambina con sulle spalle un bel mantello blu ricoperto di neve.

“Entra. Entra, piccina. – la donna si fece da parte per lasciarla entrare – Chi sei? Hai bisogno di qualcosa?”

“Sono l’amica di Emma Vittoria e cerco il suo babbo e la sua mamma.” rispose la piccola sconosciuta.

“Ma certo, cara. Entra… I genitori di Emma sono in salotto… ma la piccola Emma non è con te?”

“No, signora. La mia amica Emma Vittoria è a casa con zia Maria, ma bisogna correre subito da loro perché sono in grave pericolo.”

“Santo Cielo! – esclamò la donna – E’ accaduto qualcosa?”

Richiamati dalle loro voci, i genitori di Emma  si precipitarono sulla porta d’ingresso.

“Che cosa è successo a Emma Vittoria e alla zia Maria? - cominciarono a tempestare di domande la piccola - E tu, chi sei? Non ti ho mai vista prima.”

“Sono Laetitia-Angiolina, la nuova amica di Emma e sono corsa ad avvertirvi che la mia amica e la zia stanno molto male.”

“Oh, mio Dio! Che cosa è successo alla mia bambina?” si allarmò la mamma di Emma.

“Sembrano addormentate. – spiegò la piccola, liberandosi del mantello per scuotersi la neve di dosso e mostrandosi, agli sguardi stupiti di tutti, nel suo candido e spumeggiante tutù da ballerina - La legna… la legna, bruciando ha liberato uno strano odore e tutta la stanza ne è piena… tutta la stanza…”

“Presto… presto! – esclamò il babbo, che aveva afferrato la gravità della situazione. Senza altri indugi, si lanciò di fuori, lungo il sentiero che portava a casa – Le esalazione di gas prodotto dalla legna – andava ripetendo - … la legna del camino..”

La mamma di Emma si gettò addosso in tutta fretta il cappotto e seguì il marito sotto la neve che fioccava sempre più abbondante.

Seguiti dagli amici, raggiunsero la loro casa.

Trovarono Emma Vittoria e zia Maria accanto al camino non più scoppiettante, ma scuro di cenere.

Parevano addormentate, proprio come aveva detto la piccola sconosciuta. In realtà, erano svenute, ma rinvennero subito, appena furono apprestate loro le cure e le attenzioni necessarie.

“Dov’è Laetitia Angiolina? - la mamma di Emma si guardò intorno alla ricerca della piccola sconosciuta - Voglio ringraziarla. Non oso immaginare quello che sarebbe potuto accadere se non ci avesse avvertito.”

“Chi è questa nuova amichetta della nostra Emma? – anche il babbo la cercò – Ma dove sarà andata? Era tutta bagnata, povera piccola. Potrebbe prendersi un malanno.”

“Di chi state parlando?” domandò Emma sollevando la testa dal divano del soggiorno su cui era stata adagiata insieme alla zia.

“Della tua amica Laetitia Angiolina. - risposero tutti in coro – E’ lei che ci ha avvertito di quanto stava accadendo.”

“Ah! La mia amica Laetitia Angiolina... – Emma Vittoria riempì con un lungo respiro la pausa che seguì, poi -  E’ lì, accanto al fuoco.” Continuò e con la manina sollevata indicò la bambola seduta per terra accanto al camino.

“E’ Laetitia Angiolina. – ripeté – E’ la bambola che mi ha regalato zia Maria. E’ lei la mia  nuova amica.”

Si girarono tutti a guardare in direzione del camino.

Il volto della bambola era lo stesso della bambina venuta a dare l’allarme; anche le scarpine senza punta erano le stesse ed erano bagnate e il mantello blu era ancora ricoperto di qualche pagliuzza di neve.

Mamma Stefy scoppiò a piangere:

“Oh, piccola mia! Era  Laetitia Angiolina… Angiolina… il tuo Angelo Custode. Era il tuo Angelo Custode che ha preso le sembianze della tua bambola.”


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