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Angeli

di Salvatore Solinas
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Pubblicato il 10/02/2013 22:07:46

SALVATORE SOLINAS

 

 

 

 

 

ANGELI

 

 

 

RECITATIVO

 

 

 

 

 

 

-Stai dormendo?

-Non sto dormendo. E non dormirei comunque perché mi avresti già svegliato

Ti rendi conto? Mi domandi se sto dormendo! E se veramente fossi addormentato? Vedi come sei fatto? Sarà bene che impari il rispetto, considerato che dovremo stare insieme per chissà quanto tempo.

-Scusami, non volevo mancarti di rispetto. Deve essere l’alba perché è aumentata la luce delle vetrate. Vedi anche tu i banchi?

-Certo, non sono mica cieco. Che razza di discorsi! Mi sveglieresti per domandarmi se vedo i banchi? Vedo pure il pulpito e il tabernacolo

-Io non vedo il tabernacolo. Forse perché sono un po’ più a destra dove c’è la colonna. Senti, secondo te noi cosa siamo? Tu mi sembri un angelo

-Se per questo, anche tu sembri un angelo

-Davvero?

-Certo. Sei bianco, hai le ali grandi e fatte di piume

-Non mi stai prendendo in giro? Tu sei fatto proprio così. Sembrano le penne di uno struzzo. Vorrei che ci fosse uno specchio per vedermi.

-Il pittore che ci ha fatto è proprio bravo, quando è sobrio. Quello sopra non l’ha finito e temo che non lo finirà mai. Per questo non può parlare. Guardalo: gesticola e basta. Sembra scemo, invece capisce anche troppo.

-Poveretto! Che crudeltà lasciarlo conciato in quel modo. Non potremmo parlare al pittore e dirgli di completarlo?

-Non dirlo nemmeno per scherzo. Anzi, taci quando c’è lui

-Quando pensi che finirà l’opera?

-Chi può saperlo? Se i monaci non avranno esaurito i soldi, se ci saranno altri finanziatori, se il pittore non morirà di cirrosi…e poi, sai come sono fatti questi artisti: capricciosi e volubili. Si riempiono le tasche di soldi e scompaiono per chissà quanti giorni. Poi ritornano con la coda tra le gambe proprio come il gatto del sagrestano.

-Come fai a sapere tutte queste cose?

-Ho parlato a lungo con quella santa Rita che si trova nella cappella a fianco. Tu non puoi parlare con lei perché sei troppo lontano. Lei sa tutto di tutti perché l’hanno dipinta tre secoli fa. Figurati da quanto tempo! E’ una gran chiacchierona e non finisce mai di raccontare, ma quando arriva gente lei tace, è furba! Anche noi dobbiamo fare così, se no si sparge la voce che mette in allarme i creduloni, si grida al miracolo e non ci lasciano più in pace. Mi raccomando…

-Va bene, tranquillo!

-Attento, sta arrivando lui!

 

 

-Gilberto, dove sei? Maledetto sagrestano, dove hai portato la scala?

 

-E’ ubriaco di buon mattino. Che Dio ci protegga. Quando è così scontento, è capace di cancellarci.

-Dici sul serio?

-E’ già accaduto in altre chiese

-Porca vacca!

-Cosa dici? Che razza d’espressioni volgari sono queste! Ricordati che sei un angelo, un essere spirituale!

-Va bene, scusa. Mi è presa paura

-A chi lo dici. Mi viene il panico. Ora tacciamo che è meglio. La nostra situazione e già abbastanza compromessa

 

-Chi parla? Chi c’è?

-Maestro, sono io, Gilberto

-Ah, sei tu che parlavi? Porta qui la scala

- Forse è meglio che oggi non saliate sulla scala. Ho comprato l’oro e il rosso per finire la parte di giù, come mi avete ordinato

-Diavolo di un sagrestano! Mettiamoci all’opera. Questi monaci non fanno altro che rompere le scatole. Possibile che tutti i santissimi giorni mi domandino quando sarà finito? Ti sembra che ci voglia premura? La vera arte non conosce fretta

 

-Lui è davvero un grande artista. Peccato che sia una spugna. Dicono che per ispirarsi abbia bisogno di essere sbronzo

-Anche questo te l’ha detto Santa Rita?

 

-Chi parla? Gilberto, sei ancora tu?

-No di sicuro. Se cominciate a sentire le voci, sarà meglio che andiate a fare un sonnellino. Poi, smaltita la sbronza…

-Sei un impertinente

-Maestro, non è per mancarvi di rispetto, ma non mi sembrate in condizione di lavorare, stamattina.

-Vorresti affermare che nessuno ha parlato e che ho sentito delle voci che non esistono, che sono dentro la mia testa? Lasciamo perdere. Mi do una sciacquata al viso e iniziamo.

 

-Hai visto cosa abbiamo combinato? Per poco non litigavano a causa nostra. Dobbiamo stare attenti a parlare.

-Guarda, ne arrivano degli altri, una ragazza…

-E’ la donna del pittore

-Com’è bella! Assomiglia alla donna che abbiamo sopra la testa

-Quella è Maria. L’ha fatta uguale a lei

-Come mai quelli là su non parlano? Eppure mi sembra che siano finiti bene

-Quelli sono Maria, San Francesco e San Giuseppe. Mi ha spiegato Santa Rita che sono in estasi, Per questo non hanno parole

 

-Gilberto, hai visto Fabrizio?

-Buon giorno signora. E’ andato a rinfrescarsi, a schiarirsi le idee. Giorno di nebbia oggi! Posso darvi un consiglio? Andate a casa sua e buttate nella spazzatura le bottiglie. Se continua così i monaci gli toglieranno il lavoro. Ho sentito ieri che si lamentavano. Sono indignati.

-Capisco. Non so come fare. Non ho le chiavi di casa sua. E poi senza bere impazzirebbe.

-Lei è troppo buona, ma così non fa il suo bene!

-Finalmente sei arrivata, Luisa

-Ci siamo, quante volte ho detto “Niente baci in chiesa”

-Impicciati dei fatti tuoi Gilberto! Io la bacio quando e dove mi piace

-Io vado, ma se entra qualcuno…

-Non farci caso.  E un brontolone. Se non fosse indispensabile l’avrei già preso a calci nel sedere

-Oh amore! In fin dei conti non ha tutti i torti. La chiesa non è il luogo più adatto per baciarsi.

-Perché no. Non dobbiamo amarci tutti? Allora…

 

-Come si baciano bene. Dunque la madonna sarebbe la moglie del pittore.

-Non è la moglie. E’ la sua donna, l’amante, la convivente, non so esattamente quale termine sia giusto.

-Come mai non sono sposati?

-Al giorno d’oggi chi ama davvero non vuole sposarsi, perché teme di svilire il proprio amore con i legacci burocratici.

 

-Andiamo a casa Luisa, qui dentro non ti posso nemmeno toccare!

-No, non posso. Ho da dirti una cosa che mi è successa ieri sera.

-Andiamo, me la dirai a letto

-No, fa da bravo. Anzi siediti nel banco. E’ una cosa grave

-Non ti ho visto mai così preoccupata.

-Si. Lo sono veramente. Beh, ieri sera dopo cena, ci eravamo appena sentiti per telefono, ricordi? Hanno suonato alla porta. Ero in bagno e quando sono accorsa aprivano la porta di casa con la chiave.

-Come sarebbe a dire?

-Si, qualcuno aveva la chiave di casa mia e apriva la porta. Mi si sono gelate le mani. Immaginati la paura. “Chi è?” ho gridato. Indovina chi era.

-Non ho idea. Hai dato le chiavi a qualcuno?

-Era Marzio.

-Marzio, tuo marito? Non era scomparso in Nuova Zelanda?

-Proprio così. Dopo sei anni, è tornato. 

-E allora?

-E allora è entrato in casa, si è fatto un giro come se fosse sceso al tabacchino di sotto a comprare le sigarette e non fosse mai partito. Anzi, unica cosa che ha detto: ha brontolato perché mancava la vecchia sedia a dondolo di suo padre, dove riposava dopo pranzo fumando il sigaro. Ha detto che senza quella gli si sarebbe fermata la digestione. Ti sembra normale?

-Per niente. E ora cosa intendi fare?

-E me lo domandi? Dimmi, tu cosa ti aspetteresti da una donna dopo che sei letteralmente scomparso per sei anni e riappari improvvisamente? No, non aspettarti nulla! Io di lui non voglio saperne nulla. E’ comparso vestito in modo strano, con un capello a larghe falde, gli stivali: un cow boy. E quello sarebbe mio marito? No, mio marito è morto e sepolto. Per me si trova in quella tomba di marmo in cimitero.

-Quella tomba è vuota

-Lo so, ma per me è come se ci fosse tutto quello che avevo di lui. In tutti questi anni mi sono creduta vedova

-E ora ti ritrovi sposata

- Con un uomo strano, per giunta. Non ti dico: voleva dormire con me, nel mio letto

-E’ normale, è tuo marito

-Normale un corno! Gli ho fatto il letto sul divano del salotto e mi sono chiusa a chiave in camera. Ha bussato alla porta, ma io ho fatto finta di dormire. Non ho riposato per tutta la notte.

-Capisco. E ora cosa intendi fare?

-Per me quell’uomo è un perfetto estraneo, anzi mi fa schifo.

-Ho capito. Noi ci amiamo. Intanto però tu hai in casa un marito.

-E per giunta affamato.

-Non mangiava in Nuova Zelanda?

-Cos’hai capito? Affamato di sesso! Non ti preoccupi che vuole scoparmi? A te non importa nulla di me. Ti dico che uno vuole fare l’amore con me e tu: ”In fondo è tuo marito”. Dimmi se questo è amore! Stamattina si è lamentato perché in frigorifero c’era solo il latte. Lui è abituato a mangiare uova fritte, pancetta e non so che altro. Così è uscito a cercare un locale dove fare colazione ed io ne ho approfittato per cambiare la serratura. Ho paura di tornare a casa. Forse mi sta aspettando sulle scale.

-Se non vuoi tornare a casa, siediti e stai a guardare. Devo finire l’Inferno. Non è semplice. Che ne dici, il fuoco è abbastanza infernale? Quelli sono i dannati. Ho voluto dare un’espressione di paura, piuttosto che di dolore.

-Paura di che cosa?

-Paura dei diavoli, naturalmente. Non ho voluto fare i soliti mostriciattoli con le corna, la coda, il forcone e altre banalità del genere. I diavoli hanno conservato il loro aspetto di angeli, magari un po’ anneriti dalla fuliggine dell’ambiente. Però hanno un’espressione feroce e sono armati di fruste, catene ed altri attrezzi che di solito usano i sadomasochisti. Che ne dici?

-Non me ne intendo. Per me i diavoli non esistono proprio. Sono fantasie per terrorizzare i bambini.

-Non solo i bambini. Vedessi quanti adulti e vecchi s’inginocchiano su questi banchi per paura dei diavoli

-Forse Marzio è uno spirito maligno venuto a tormentarmi. E’ morto e il diavolo ha preso il suo aspetto. Per questo mi fa paura. Non hai idea che terrore quando l’ho visto sulla porta. Io quell’uomo non lo conosco.

-Può essere. In fin dei conti cos’è il diavolo, se non un essere che non si conosce? Abbiamo paura di tutto ciò che non conosciamo e non possiamo capire

-Amore mio, sei troppo intelligente. Tutti questi ragionamenti mi fanno girare la testa.

 

 

-Che caldo qua dentro! Era proprio necessario che facesse quella fornace?

-Se no i cattivi dove li metteva? Vedi tutti questi che sorridono? Sono i buoni. I cattivi sono laggiù che urlano

-Più che urlare, mi sembra che bestemmino. Che chiasso! Addio pace! Chi sarà più capace di dormire?

-Noi non possiamo dormire. Santa Rita dice che se il pittore ti ha fatto sveglio, sarai sveglio sempre. Lei è tre secoli che non dorme.

-Questa Santa Rita mi è sempre meno simpatica. Comunque è un bel pasticcio, perché anche quelli di sotto li ha fatti svegli e così faranno questo baccano a tutte le ore del giorno

-Già, proprio così. Speriamo di farci l’abitudine

 

 

-Senti delle voci?

-Ma dai! Non c’è nessuno. La chiesa è chiusa per restauro. Chi vuoi che entri a pregare

-Ti dico che sento delle voci

-Allora sei proprio grave. Se non smetti di bere, vedrai dove finirai

- Ti ci metti pure tu ora? Io bevo quanto è necessario

-Di quale necessità parli? Quando mai è necessario ubriacarsi

-Allora perché non vai dal tuo Marzio. Lui beve solo suchi di frutta. Ha imparato in Nuova Zelanda

-Può darsi, ma rimane un essere abominevole

-Se parli in questo modo, non ti rimane che chiedere il divorzio.

Sono le tredici, se facessimo un salto dai cinesi per mangiare qualcosa e poi a casa mia?

- Tu vai. Poi ti raggiungo. Ho bisogno di stare un attimo  sola

 

 

-E’ molto lontana questa Nuova Zelanda?

-Lontanissima, agli antipodi

-Cosa vuole dire “agli antipodi”?

-Vuole dire che se fai un buco per terra e scavi, scavi, scavi, alla fine arrivi in Nuova Zelanda

-Davvero è possibile?

-Naturalmente no. Si fa per dire. Ma ora smettila di fare il bambino con tutte queste domande

-Come è bella così pensierosa! Noi angeli dovremmo entrare nei suoi pensieri, per consigliarla, per indurla a opere buone. Invece non ci riesco proprio.

-Forse perché sei solo curioso. Guarda, sta piangendo. Che pena! Si sente di nessuno. Si era innamorata del pittore perché la metteva di buon umore. Ora la rende triste. Quando l’amore finisce, rimane un vuoto, una voragine in cui è facile precipitare.

-Sta entrando qualcuno. Che strano tipo, guarda com’è conciato!

-Temo che sia il marito di Luisa. E’ vestito da Cow boy. Oggi più nessuno si veste in quel modo, forse i bambini a carnevale

-Cos’è un cow boy?

-Sarebbe un mandriano. Di quelli che vanno appresso alla mandria di buoi a cavallo. Tieniti forte!

-Perché, cosa accadrà adesso?

-Non immagini che scenate di gelosia fanno i mariti quando ritornano. Non so come la prenderà quando saprà che Luisa se la intende col nostro artista.

-Noi cosa c’entriamo?

-Per niente, naturalmente, ma siamo fatti per partecipare alle pazzie degli uomini e soffrirne

-Già, mi sento tutto in subbuglio. Però, è alto, ha due belle spalle larghe e anche il viso non è male. Quegli occhi azzurri e profondi…tutto l’opposto del nostro pittore che è piccolo con le spalle spioventi e gli occhi che sembrano due noccioline

-Ognuno ha i suoi doni. Lui è forte e bello, il pittore possiede la genialità dell’arte, altri hanno l’intelligenza, altri ancora, che so io, il buon senso. Pochissimi, in verità, hanno questo dono e lo tengono ben nascosto perché non va più di moda. Ma ora taci, ascoltiamo cosa dicono

 

 

-Ciao Luisa

-Marzio! Come mai…

-T’ho aspettato, poi sono venuto a cercarti

-Come hai fatto a sapere che mi trovavo in chiesa

-Non so, un’illuminazione. Forse perché ci siamo conosciuti in questa chiesa. Hai dimenticato? Tu facevi la catechista ai bambini, io venivo a giocare a biliardino con gli amici. A messa mi sedevo nel banco dietro al tuo e pensavo intensamente:- ora si gira e mi guarda, ora si gira– ma tu non ti giravi mai

-Sentivo i tuoi occhi che mi fissavano sulla nuca e stavo male. Anzi stavo benissimo, così bene da soffrirne, ma non avevo il coraggio di guardarti

-Poi siamo usciti insieme

-E una sera, sul viale, approfittando che era mancata la luce, mi hai baciato sul collo.

-E’ vero. Ho osato e mi è andata bene. Tu non parlasti per tutta la sera ed io temevo che fossi arrabbiata, invece quando ti accompagnai a casa mi baciasti sulla bocca

 -Ma ora cosa vuoi da me? Sei scomparso, non una riga, una chiamata al telefono. Dopo sei anni che non ti fai vivo, ritorni come se niente fosse. Permetti che in tutto questo tempo la vita sia continuata anche per me

-Hai un uomo?

-Si, è l’artista di quell’affresco

 

-Ci siamo, l’ha detto. Ora scoppia il finimondo, si salvi chi può!

-Non dire così! Mi fai venire la tremarella. Invece lui mi sembra calmo

-Può essere la calma che precede la tempesta. La rabbia, quando non si sfoga  urlando, può scaricare la sua energia in azioni violente

 

-Capisco. Lo ami?

-Forse. Se me lo chiedevi sei mesi fa, ti avrei risposto di si senza esitare. Ora mi rendo conto che per lui c’è prima l’arte, poi l’alcool ed io sono soltanto la terza. Sono così infelice che sono diventata intollerante al glutine! E tu hai un’altra donna? Ti sei fatto una nuova famiglia in Nuova Zelanda?

-Non dirlo! E’ stato un terribile incidente. Mi avevano chiamato per controllare un impianto nelle zone montagnose del sud dell’isola. Era il crepuscolo, pioveva. Si vedeva a malapena la strada. A un tratto il furgone è scivolato nel terreno ghiaioso ed è precipitato nel crepaccio. Tutto si è svolto così improvvisamente che non ho avuto il tempo di capire cosa stesse accadendo.

-Visto che tu non mi chiamavi al telefono, ho aspettato. Mi dicevo: forse è in una zona dove non c’è il segnale. Quando erano passati cinque giorni, ho chiamato l’ambasciata. Erano tutti molto gentili e inconcludenti. Li chiamavo ogni giorno, e alla fine uno mi ha detto che avevano trovato un furgone ridotto in cenere e pensavano che fosse il tuo e che pure tu fossi totalmente incenerito. Ma io sapevo che hai tre denti di metallo. Quelli almeno, anche se fusi, deformati dal fuoco, dovevano trovarli. Niente, non trovavano niente. Secondo me erano degli incapaci. Poi cominciò a nascermi il sospetto che tu volessi scomparire, che avevi un’altra e che avevi inscenato tutto per liberarti di me. Sai, quei pensieri assurdi, forse un poco ignobili, che facciamo noi donne quando voi uomini sparite senza lasciare traccia. T’immaginavo con una donna alta, bella, gli occhi azzurri, come te. “Chissà che figli faranno” mi dicevo. Io non ho voluto darti un figlio per paura di soffrire. Soffrivo di gelosia, ma infondo ero felice per te che finalmente avevi una vera famiglia.

-Figurati, invece io non ricordo nulla. Non so come ho fatto a salvarmi. Il furgone con tutti i documenti e i soldi era andato in cenere. Non so nulla. Un pastore mi ha soccorso e mi sono svegliato nel suo letto. Non ricordavo nulla di me, di noi. Solo di notte, in sogno, comparivano dei ricordi vaghi, avvolti nel fumo della nebbia: il tuo viso soprattutto, ma non sapevo a chi appartenesse. Poi, dopo alcuni anni, è ritornata la memoria ed ero più tormentato di prima.

-Potevi telefonare o scrivere allora. Non immagini quante volte ti ho pianto per morto e quante volte ti ho odiato pensandoti con un’altra donna.

- Ero praticamente muto, te lo giuro. Per anni ho avuto difficoltà a parlare, a leggere e scrivere. Soffrivo di crisi convulsive. Non avevo il coraggio di farmi vivo con te. Mi domandavo come potevi accettarmi in quello stato. Non è facile vivere accanto a un uomo che ha bisogno di essere preso per mano.

-Però andavi a cavallo

-Quando ho migliorato, per sdebitarmi, seguivo le mandrie del buon pastore che mi ha soccorso. Credimi, ho pensato ogni giorno a come sarebbe stata la nostra vita ancora insieme, non ti dico che pena!

-Ed io che le ho pensate tutte! Perfino che tu frequentassi le prostitute. Mi sono detta: ”Un uomo come lui, solo, in un paese che non conosce, si è ammalato di quelle malattie e si vergogna di farsi vedere da me. Anche questo ho pensato e mi hai fatto schifo!

-Cosa vai a pensare. In Nuova Zelanda non ci sono le prostitute, almeno dove ero io

-Giura che non l’hai fatto!

-Giuro su mia madre

-Stai bleffando. Tua madre manco l’hai conosciuta. Ti ha abbandonato in fasce sui gradini del Comune.

-Non è vero! E’ morta dandomi alla luce, poveretta!

Giuro su me, che possa morire in questo momento, su te, su chi vuoi!

 

-Mamma mia, quanti giuramenti! Non sono illegali?

-Ma no, non sono dei veri giuramenti. E’ solo un mezzo per convincerla. Sono come tante scatolette di velluto incartate con stagnola e tanto di fiocco di seta dove si chiudono falsi preziosi per confondere il loro reale valore, che è quasi zero. Così, almeno per un istante,  le bugie sembrano schietta verità perfino allo spergiuro.

-Non capisco cosa vuoi dire

-Voglio dire che a forza di giuramenti, si finisce per credere che una bugia sia vera. E’ una tecnica molto usata per trarsi d’impiccio in certe circostanze, specialmente nella vita matrimoniale.

 

-Cosa ne faccio ora della tua tomba, visto che sei vivo?

-Mettici le ceneri di tuo padre e di tua madre

-Non li hai mai sopportati quei vasi. Eppure per me sono come se custodissero la casa, la famiglia

-Bei custodi. Guarda come s’è scombinata la nostra famiglia. Sembra che ti dispiaccia che sono tornato

-Non è che mi dispiace. Ma non ti conosco. Tutto qui, e quando uno non si conosce fa paura, come il diavolo. E poi siamo proprio sicuri che non mi nascondi…che dici tutta la verità?

-Cosa devo dire? Prove non ne possiedo,  a mano che non vai in Nuova Zelanda e domandi al pastore che mi ha salvato. E’ un brav’uomo, vive solo con le sue bestie

-Non è che tu e lui…

-Ci risiamo. Allora lo fai apposta a pensare male

-Può darsi, ma permetti che dopo tanti anni che uno è scomparso e poi si fa vivo, una debba mettersi tutte le domande e i dubbi. E poi arrivi a casa, apri la porta e non trovi altro da dire se non lamentarti perché manca la sedia a dondolo di tuo padre

-Ero emozionato, impaurito

-Cerchi di forzare la porta della camera da letto. Ti ho sentito, fingevo di dormire

- Il mio amore è immutato, ti desidero come la prima volta!

-Sono senza parole. Vorrei morire in questo istante

-Anche io voglio morire. Se non mi vuoi, vado a gettarmi sotto il treno. Non so che farmene della vita.

 

-Stanno per morire. E’ bene che ci sbrighiamo ad afferrare le loro anime mentre lasciano il corpo. Quelli di sotto sono ben lesti a rapirle e gettarle nella fornace

-Ma no! Dicono tutti così ma poi sono morbosamente attaccati alla vita.

 

-Che importa? Morire non è poi così grave. Un sacco di gente muore ogni giorno e nessuno ci fa caso! Anche se tu morissi ora, sarebbe come se non fossi mai tornato. Ci ho fatto l’abitudine a vivere sola, sono autosufficiente, indipendente. Forse non sarai minorato, ma non mi sento attratta da te. Sei uno sconosciuto che porta il nome di mio marito

 

-Non credevo che Luisa potesse avere parole così dure, non sono da lei!

-Quando un essere umano soffre troppo, il cuore e la mente s’induriscono. Una scorza di ghiaccio li attanaglia.

-Povero Marzio, avrà bisogno di molto calore per sciogliere la scorza di Luisa!

 

-Non potremmo ritornare a vivere insieme?

-Tu non sei quello di prima, sei cambiato: questi vestiti, quel modo di camminare. Sembri uscito dal film “Mezzogiorno di fuoco”

-Ho perso la valigia all’aeroporto.  Tra due o tre giorni me la restituiranno.

Ti giuro che tutto ritornerà come prima.

-Non è possibile! Forse…nemmeno lo vorremmo. Pensaci bene, eri così contento quando sei partito. Non ti sembrava vero di passare un mese lontano da me. Se penso poi al giorno del matrimonio: sono venuta ad abitare nel tuo piccolissimo appartamento e tu, la prima notte, non avevi cambiato le lenzuola. Che mancanza di sensibilità! Sarai pur stato valido a letto, ma quanto a sensibilità, un cavallo. “Ecco, ho sposato un cavallo!” Mi sono detta.

-Oh Lisetta mia, ancora vai a rinvangare questa storia delle lenzuola. Però alla sera ti ho preparato la cena

-Che cena! Burro, marmellata e fette biscottate vecchie di non so quanto, una colazione

-Le hai volute tu. Dopo ho imparato a fare il risotto ai carciofi

-Ecco che fai lo stupido e torni a farmi ridere. Ricordi come eravamo spensierati allora? Ah se quei giorni potessero tornare!

-Si che possono, se solo lo volessimo. Lasciami provare

-Che cosa vorresti provare? Sei anni sono tanti. Tu lontano ed io qui a piangere. Ieri ho messo i fiori finti sulla tua tomba perché ero stanca di cambiarli continuamente. Ho fatto amicizia col guardiano del cimitero e lui poveretto li innaffiava tutti i giorni. Ma quanto poco vivono i fiori!

-Anche la nostra vita è breve. Non sprechiamola facendoci del male

 

 

-Poverino, mi fa compassione. E’ evidente che vuole morire

-No, aspetta e vedrai. E’ solo un trucco retorico. Lui recitava nel teatrino parrocchiale

-Come fai a sapere tutto

-Lo so e basta. Noi angeli possiamo leggere nel cuore degli uomini come in un libro aperto

-Si vede che io non sono stato finito per bene perché non leggo un bel niente. Se affermi che lui finge, vuole dire che non è innamorato.

-Non è così. Lui è molto innamorato e per questo mette in atto il suo talento di attore tragicomico, per farla cadere nella rete dei suoi ragionamenti

 

-Oh mio cow boy!

-Lisetta mia!

 

-Mi sembra che lui voglia sedurla. Non è immorale tutto ciò?

-Nemmeno per sogno. Sono marito e moglie. Anzi, ti dirò che lui vuole salvare il matrimonio. Speriamo che non arrivi quell’impiccione del sagrestano. Eccolo! Me lo sentivo che sarebbe arrivato a guastare tutto

 

-Signora Luisa, è ancora qui? Non è andata a pranzo? Scusi lei, da dove è entrato? La chiesa è chiusa per restauro

-Gilberto, questo è mio marito

-Ah non sapevo che fosse sposata

-Il fatto è che sembrava morto e invece e tornato, dalla Nuova Zelanda

-Voi sareste tornato dalla nuova Zelanda, così, all’improvviso?

 

-Che situazione imbarazzante! Gilberto non sa cosa dire

-E’ preoccupato. Potrebbe accadere che il pittore si ubriachi per il dispiacere e non finisca il dipinto

-Così quel poveretto incompleto continuerà a gesticolare per sempre. Non è giusto però

-Lo so, ma la giustizia nei fatti di cuore va spesso a farsi friggere. Bene! meno male che Gilberto se ne va. Speriamo che i discorsi riprendano da dove sono stati interrotti.

 

-Signora Luisa, visto che è in lieta compagnia, la lascio e vado a sentire se i monaci hanno bisogno di me. Quando arriva il pittore gli dica di chiamarmi, se ha bisogno. Tiratevi dietro l’uscio quando uscite

-E’ meglio che andiamo anche noi

-Aspetta. Non mi hai risposto. Non mi hai detto se vuoi provare a vivere insieme

-Sei cambiato troppo

-Dici così perché mi vedi con questi abiti, ma se mi faccio nudo puoi vedere che a parte qualche cicatrice non sono cambiato per nulla

 

-E’ matto. Vuole spogliarsi in chiesa!

-Speriamo che non lo faccia. E’ un attore e agli attori piace recitare nudi

 

-Oh Marzio, smettila

-Senti questa musica?

-E’ l’organo di padre Filippo

-E’ la musica del nostro matrimonio. E’ Schopenhauer. Ricordi? Era la colonna sonora del film

-Che ridere quel film

-Ridevi come una bambina

-Ne ho visto la metà. Tu non facevi altro che baciarmi sul naso e su gli occhi

-E tu piangevi dal ridere. Come erano salate  quelle lacrime!

 

-Conosci questo Schopenhauer?

-Certamente si sbaglia. E’ Chopin. Cosa ti aspetti da un ingegnere meccanico esperto in macchine essiccatrici? Al massimo s’intende di ruote dentate, d’olio, di pistoni. Adesso taci per favore e non domandarmi chi è Chopin, intesi?

 

 

-Lisetta mia, credimi, possiamo ancora essere felici. Vedrai che risotti alle marza colle ti farò

-Sei proprio matto! Non li ho più mangiati i tuoi risotti

-Come ti sei nutrita in tutti questi anni?

-Cereali, minestroni in scatola, qualche pollo comprato in rosticceria, la pizza una volta alla settimana perché fa ingrassare

-Mangi malissimo, però sei sempre bella. Ricordi i miei spaghetti alle triglie?

-Mi vuoi prendere per la gola

 

-L’ha presa per mano. Tutto procede ottimamente!

 

-Oh il mio Cow Boy, Marzietto mio!

-Quanto ho sognato questo momento!

 

-Si spogliano in chiesa!

-Lasciali fare

-Cosa fanno sdraiati per terra?

-Fanno l’amore

-Cosa vuol dire fare l’amore?

-E’ una procedura mediante la quale due esseri umani producono un altro essere umano

-Hai imparato anche questo sui libri di teologia? Beati loro, guarda come godono. Almeno, lui certamente. Mi piacerebbe provare

-Cosa dici? Noi angeli non possiamo. Lo sanno tutti che non abbiamo sesso

-Peccato. Guarda che foga, che forza. Fanno tremare tutta la chiesa

-Macché forza, questo è il terremoto

-Il terremoto. Mamma mia! Se cadono gli intonaci finiamo a pezzi

-Non temere. Dimentichi che noi siamo angeli e possiamo volare. Si mette peggio per quelli di sotto. Loro si che vanno in mille pezzi.

-Speriamo. Così la smetteranno di gridare. Che soffrano un bel po’. Più di quanto soffrono in quelle ridicole fiammelle.

-Un po’ di carità, per bacco, un po’ di solidarietà|

-Chi ha parlato?

-Mi sembra quel vecchione con la barba lunga e bianca sopra tutti

-Quello è il principale, è Dio Padre. Madre santa, se si arrabbia è capace di cacciarci

-E va a finire che ci troviamo al piano di sotto tra gli angeli cattivi .

 

Angeli, le bianche ali spiegate

Volano radenti i tetti dei palazzi

Angeli fermi ai crocicchi delle vie

Sorvegliano pazienti

Bisbigliano agli orecchi

sordi  e distratti dei passanti

Custodi dei sogni

Chi li ha veduti giura

Che hanno riccioli d’oro

Occhi azzurri, grandi

Come balconi spalancati sul cielo

Alcuni portano la spada

Altri la tromba

Altri ancora il giglio

(cercano una donna)

Hanno corpi freddi e lisci

Come cristalli d’acqua

Caldi e spumeggianti

Come colonne di vapore

Chi li ha toccati in questo non concorda

Riparano di notte

Nei casolari semidiroccati

Nei dormitori pubblici

Negli appartamenti illuminati

Dalla fioca luce dei televisori

Nei chiostri silenziosi dei conventi

Nei vasti androni dei ricchi palazzi

Flatulenti d’arrosti e torte alla vaniglia

Angeli di Dio, vi prego

Non mi lasciate!

Portatemi con voi pur se dovessi

morire questa notte.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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