Era di sabato, la mattina che emisi il mio primo vagito, approssimativamente tra le dieci e le dieci e trenta. Così mi ha riferito mia madre in un secondo tempo poiché il primo era finito e dei supplementari ancora non poteva sapere nulla.
Un bell’orario per venire al mondo: né troppo presto, né troppo tardi. A metà mattinata!
Metà mattinata: momento approssimato, appunto, essendo “mattinata” una parola composta da un numero dispari di sillabe e dunque, difficile da dividere a metà senza dover mettere una virgola.
Infatti è l’ora in cui chi lavora si prende una pausa, chi va a scuola si rigenera con uno spuntino e chi non studia o lavora saluta il nuovo giorno stiracchiandosi e centellinando un fumante e profumato caffé.
E’ l’ora della pausa-caffè, appunto. Chissà se ciò giustifica la mia passione per la nera e aromatica bevanda? Mah!
Era di sabato, dicevo, quell'assolata mattina d’estate. Esposta al sole, come un bambino che viene alla luce.
Sabato è il giorno che per molti precede la festa, il giorno prima, dunque.
Una sorta di anticipazione!
Ritengo di essere stata proprio fortunata a nascere di sabato; più ci penso e più mi convinco che nascere di lunedì sarebbe stato molto peggio. Avrei dovuto attendere sei giorni prima del weekend. Quindi posso dire di esser nata con la camicia: una bella camicia color pelle!
E di “pelle d’uovo” era il camicino che mi fecero indossare da lì a poco, naturalmente dopo un accurato bagnetto purificatorio, tanto per farmi subito capire che è meglio rimanere nel proprio guscio piuttosto che esporsi troppo... non si sa mai...
Sicuramente, è da imputare a quell’indumento la sensazione che ancora mi porto addosso di essere, non tanto figlia di uno spermatozoo, quanto figlia di un ovulo violato.
Lo chiamano “camicino della felicità”, ma ben presto comincia a starti tanto stretto fino a non starti più e tutto in tempi brevissimi. D’altro canto non si può pretendere un’eterna felicità, ci si deve accontentare; peccato che se ne perda il ricordo, dal momento che non ho la più pallida né colorita idea di quella subitanea felicità ma, stando a quanto appreso successivamente, piangevo e strillavo come un’invasata, a squarciagola.
Forse urlavo perché non avevo ancora una chiara visione del mondo circostante e se ancora adesso continuo a farlo, è perché il mondo mi appare meno fosco, anzi, lampante. Come un lampo, una lampadina, un lampione o un lampadario!
Qualche dubbio, riguardo al mondo, dovevo averlo avuto da subito, fin dai tempi della “violazione”, poiché tentai il suicidio all’età prenatale di due mesi. Mia madre ebbe una minaccia d’aborto e fu costretta a mettersi a riposo.
Nello stato di ozio forzato, si sa, c’è più tempo per pensare ed io, in quel frangente, maturai una temeraria decisione: quella, ovviamente, di non staccare la spina. Ma non posso dire quanto quella scelta fosse condizionata dalla lunghezza del cavo!!!
Fatalità o razionalità, in entrambi i casi, una sola cosa è certa: la mia data di nascita.
E l’eccezionalità del fatto è che sono ancora viva!
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